Ha girato l’Italia seguendo suo padre Paolo, e poi sembrava aver trovato a Treviso il posto giusto dove fermarsi e giocare da professionista. Sbagliato: Davide Moretti, playmaker classe 1998, è il giocatore italiano più forte arrivato quest’anno nell’Ncaa, e ha scelto la Big12, non proprio una conference qualsiasi, per la sua avventura americana. Ma la prima volta che ‘il Moro’ ha incontrato Chris Beard, il coach di Texas Tech si è presentato con la maglietta della nazionale italiana. Difficile dirgli di no, anche perchè a Lubbock ha trovato quello che cercava: un programma importante che gli consentisse di crescere sia dal punto di vista fisico che tecnico.
Davide, partiamo dall’Italia. Qual è il ricordo cui tieni di più e quale quello che ti fa ancora male?
Ci sono tantissimi ricordi belli che ancora porto dentro di me e sono impossibili da dimenticare. Andando con ordine, la finale del trofeo delle regioni in cui realizzai 37 punti e vincemmo dopo un over-time, l’esordio in nazionale a 15 anni e quello in serie A a Pistoia, il primo scudetto giovanile con Pistoia, il bronzo europeo con la nazionale italiana, la fantastica stagione con Treviso. Invece, brucia ancora l’altra finale nazionale con Pistoia persa di un punto e non essere stato nella squadra che ha vinto l’argento mondiale U19 a giugno.
Raccontaci come hai vissuto questa rinuncia: è legata al fatto che volevi visitare i college americani per scegliere quello più adatto a te?
In realtà, avevo tenuto conto di allenarmi con la nazionale, nonostante la mia scelta di visitare i college americani. Avevo dato la mia disponibilità per una manifestazione tra Mondiale Under 19 ed Europeo Under 20. Mi è dispiaciuto non essere stato convocato per il Mondiale, ma i coach hanno preferito inserirmi nel roster U20.
“Tutti Vogliono Moretti” era il titolo di un nostro articolo di maggio. Ci sembrava che Utah fosse il college in grado di darti molto spazio e non troppe pressioni. Come sei arrivato alla decisione di firmare per Texas Tech?
Mi ha convinto il sistema, sia come stile di gioco con la palla, sia per un programma atletico più individuale e quindi in grado di farmi crescere fisicamente. Ho trovato lo stile di gioco che cercavo. Poi magari l’avrei trovato anche a Utah, questo non lo posso sapere, però la mia sensazione è stata quella di essere nel posto giusto. Anche il coach mi è sembrato una persona fantastica, un ottimo lavoratore.
Parlando di coach Chris Beard, nella NCAA il rapporto tra giocatori, coach e staff è molto stretto. Il coach per qualcuno è una sorta di padre… parlaci un po’ della tua relazione con lui.
Lo stimo un sacco. Ogni giorno ci trasmette la sua mentalità vincente, non lascia nulla al caso. È uno dei motivi per cui ho scelto di venire qua.
Come sono gli allenamenti? Cosa c’è di diverso rispetto all’Italia?
Tutto è diverso. Qua ogni allenamento serve a farti migliorare al massimo, non come mi è capitato ogni tanto in Italia. Ci registrano video e statistiche ad ogni allenamento, siamo seguiti su ogni aspetto.
Che sensazione hai provato all’interno della United Supermarkets Arena durante la prima amichevole?
L’arena è enorme, contiene 15mila persone. Ancora non l’ho vista piena visto che abbiamo giocato una partita di esibizione, ma in Italia una struttura così non l’abbiamo. Anche le altre squadre della scuola verranno a tifarci, c’è un bello spirito.
Ci descrivi un po’ la squadra? Cosa ci sarà da aspettarsi da Texas Tech l’anno prossimo?
Siamo una squadra molto forte, basta vedere come sono andate le prime tre partite giocate. Il quintetto è formato da senior e noi freshmen stiamo dando una grande mano. Le aspettative sono alte, in quanto l’obiettivo è quello di fare il Torneo. In quanto freshman, cercherò di ritagliarmi più minuti possibili giorno dopo giorno. Sono pronto, non vedo l’ora di iniziare!
Qual è il tuo compagno più forte? E con chi hai legato di più?
La guardia senior Keenan Evans è il trascinatore, sia da un punto di vista emotivo che tecnico. Ho legato molto con gli altri freshmen e i miei compagni di appartamento. 13 giocatori su 16 abitano nello stesso residence, vicino alla palestra. È fantastico per fare gruppo!
Ci racconti la tua giornata tipo?
Mi sveglio alle 7.15, faccio colazione nell’Arena e alle 8 sono in sala pesi tre mattine a settimana, le altre due a lezione. Dopo lezione torno in Arena a fare allenamento individuale. Pranzo sempre in una mensa per gli atleti. Nel pomeriggio mi alleno prima con la squadra e dopo individualmente. La sera studio e poi vado a letto per ricominciare il giorno dopo. Mi piace focalizzarmi su gioco, studio e riposo. Non ci sono distrazioni e mi piace così.
Cosa ti ha colpito di più da quando sei arrivato negli States?
La cosa che mi meraviglia è il numero di persone al seguito della squadra oltre allo staff. Sono innamorate di questo sport e hanno un attaccamento incredibile a questa maglia. È molto diverso dall’Italia. Ci sono almeno sei persone che sono sempre nell’Arena, pronte a passarti la palla o a rendersi utili in qualsiasi modo.
Hai qualche aneddoto di questa prima fase di stagione?
(Sorride) Quando mio padre è arrivato, due settimane fa, abbiamo cucinato della vera pasta per tutta la squadra. Sono venuti tutti a mangiare nel mio appartamento.
Nel tuo blog davidemoretti.it racconti che ti sei irrobustito, ma potresti incontrare comunque un certo gap fisico nel confronto con i pari ruolo della Big 12: è qualcosa che ti preoccupa? Lavori di più con l’obiettivo di ridurre il gap o punti su agilità e tecnica?
Lavoro su entrambi gli aspetti. In questi primi tre mesi ho messo su sei chili e mezzo, che non sono pochi. Ho ancora due mesi prima dell’inizio della Big 12 per limitare il gap fisico e abituarmi a certi livelli.
Restiamo al blog. Come mai hai sentito il desiderio di raccontare l’esperienza americana?
Credo di avere fatto una scelta importante, lasciando tutto quello che avevo fatto di buono in Italia per ripartire da zero qua e realizzare i miei sogni. Ci tenevo a raccontare la mia esperienza e a mantenere i contatti con le persone che si sono affezionate a me e hanno piacere di essere aggiornate sulle mie avventure oltreoceano.
Quali sono le tue aspettative di gioco in questa stagione?
È necessario che io intraprenda un processo di crescita. Tutto arriverà con il tempo dovuto. Non c’è fretta. Quanto giocherò dipenderà da me, se sarò all’altezza o no, a cominciare dalla prima partita. Chissà se riuscirò a bruciare le tappe e guadagnarmi sempre più minuti.
La Big 12 è una conference fortissima. Quali sono le squadre che non vedi l’ora di affrontare?
Proprio perché la conference è così forte, ho scelto di venire a giocare qui. Non vedo l’ora di giocare contro Kansas e Baylor in casa perché qui è visto come un derby. In realtà non vedo l’ora di giocarle tutte, ci sarà da divertirsi!
Quest’anno la NCAA è stata colpita da uno scandalo con le indagini della FBI sui reclutamenti. Ne hai parlato con i tuoi compagni di squadra? Che impressioni hai avuto?
Sinceramente è stata una notizia di cui si è parlato solo per due giorni, anche se ogni tanto torna fuori, come stamattina ad esempio. Credo sia sbagliato cercare di reclutare giocatori facendo loro offerte materiali e non. Non lo trovo giusto.
Anche se è ancora presto per pensarci… cosa farai la prossima estate?
Se il coach mi chiamasse con la nazionale maggiore sarebbe un sogno. Inoltre, sono nell’ultimo anno di Under 20 con la nazionale che ha vinto l’argento… voglio chiudere in bellezza!