Arrivati quasi a metà febbraio, siamo in un periodo che a volte si rivela cruciale per certe squadre: cominciare a salire di colpi ora può essere fondamentale in vista della March Madness, così come perderne può significare compromettere il proprio cammino. Ecco tre formazioni in ascesa e altrettante in discesa nell’arco delle ultime settimane, passando per i destini paralleli delle due sorellastre dell’Oregon.
Le più in forma
Oregon – Si sa che con coach Dana Altman i conti si fanno solo alla fine. Un po’ come nel 2019, quando tirò fuori (quasi) dal nulla una squadra capace di vincere il torneo della Pac-12 e di andare poi alle Sweet 16. Questa Oregon però non sembra aver bisogno di miracoli in extremis: dopo tanti passi falsi a inizio stagione (record 6-6 a metà dicembre), i Ducks hanno cominciato a ingranare e ormai appaiono molto solidi. 9-3 nella Pac-12 con un terzetto di guardie – Will Richardson, De’Vion Harmon, Jacob Young – che è il primo a contribuire in un attacco prolifico e bilanciato, tenendo quindi fede all’hype d’inizio stagione. Pochi dubbi che sia la terza forza di una conference mai apparsa così competitiva negli ultimi anni.
Arkansas – Tutti sul Muss Bus, per l’ennesima volta. Obbligatorio inserire i Razorbacks qui dopo il colpaccio messo a segno con Auburn in settimana, ma in realtà è da un bel po’ che non fanno altro che vincere. Striscia aperta di 9 successi, trascinati dal proprio atletismo e dalla propria difesa (numeri alla mano, la più efficiente di tutta la SEC), oltre che dalle prestazioni in ascesa di alcuni singoli: JD Notae e il suo impatto a tutto tondo in primis, ma anche gente come Stanley Umude – di cui chiedevamo a gran voce l’inserimento in quintetto – in seconda battuta. Tutte e due perle tirate fuori dal mondo mid-major, come da tradizione nel reclutamento di coach Eric Musselman.
Long Beach State – Probabilmente è la mid-major più in forma del momento, anche se non è scontato scegliere fra loro e, ad esempio, Vermont (ancora una volta lì a dominare nell’America East). LBSU è appena reduce da una preziosa vittoria fuori casa contro Hawai’i – ultima squadra ad averla battuta, a inizio gennaio – e non dà segni di cedimento. Fluida in attacco e sempre pronta a partire in contropiede (in D1 solo Gonzaga e Cornell hanno un volume maggiore di conclusioni in transizione), con protagonista una ex stella della D2, Joel Murray, e tanti stop difensivi garantiti da Aboubacar Traoré, vera rivelazione della squadra. Il freshman della Costa d’Avorio non arriva nemmeno vicino ai 2 metri, ma gioca come un gigante, fra stoppate a volontà (2° nella Big West per Blk%) e un impatto a rimbalzo enorme (qualche settimana fa è stato capace di tirare giù 23 carambole contro UCR). Cinderella Alert su livelli di guardia.
Le più malridotte
Oregon State – Il veterano Wayne Tinkle rischia di ritrovarsi a fine stagione col record peggiore di sempre immediatamente dopo aver toccato il culmine della propria carriera di allenatore, con l’incredibile Elite Eight agguantata l’anno scorso. Qui parlare di momento è in effetti un po’ riduttivo, visto che la debacle è totale e per nulla recente. Fanalino di coda della Pac-12 in una miriade di voci statistiche diverse (specie quelle difensive), i Beavers sono a quota 3 vittorie (ancora nessuna nel 2022) e 18 sconfitte. Quasi nessuno si aspettava grossa continuità rispetto alla stagione passata, ma qualcosa di meglio, quello sì. Per esempio non perdere per due volte – due! – con Cal, diventando quindi il nuovo zimbello della conference.
LSU – Will Wade sarà pure una faina nel reclutare, ma in questo momento la sua squadra assomiglia più a un incidente che a un qualcosa di assemblato a dovere. I metric premiano ancora i Tigers come una forza difensiva assoluta – e magari questa finirà per essere la loro salvezza, a marzo – ma il loro attacco è una sinfonia di palle perse, mani quadrate e idiozie assortite, il peggiore di tutte e 14 le squadre della SEC (94.0 di Adj. Offense) alla pari con South Carolina. 6 sconfitte nelle ultime 8 partite: forse ora torneranno a respirare un po’ (almeno due dei prossimi tre impegni sono abbordabili), ma se non si sale di colpi saranno dolori a fine mese contro le varie Kentucky, Arkansas e Alabama.
BYU – Doveva – e all’inizio sembrava – essere la seconda forza della West Coast, quella che doveva avvicinarsi almeno un pochino a Gonzaga. Invece dagli Zags hanno rimediato solo due grandi sberle (-26 e -33). Una difesa che non morde, un impatto a rimbalzo modesto e un attacco che sembra il fantasma di quello tanto bello e divertente che si era visto nei primi due anni con Mark Pope in panchina. Frustrazione e nervosismo evidenti, ad esempio, nella recente sconfitta casalinga con San Francisco, ma i Cougars hanno appena interrotto una striscia negativa di 4 gare, seppur in maniera fortunosa (un libero a tempo scaduto per battere Loyola Marymount all’overtime). I numeri per un at-large bid ci sono, ma per quanto ancora?