Alla faccia della statement win: Kentucky è la regina di queste pagelle dopo aver umiliato Kansas (+18) sul proprio parquet, in quella che era la gara più attesa del challenge fra Big 12 e SEC. Il messaggio è chiaro: UK appartiene a pieno titolo all’élite di quest’annata.
Kentucky. La partita perfetta in grado di zittire oltre 16mila tifosi indemoniati. Dura meno di 10 minuti il big match del Big12/Sec Challenge perché i ragazzi di John Calipari spazzano via Kansas all’Allen Fieldhouse con un primo tempo devastante e il contributo di tutti: Keion Brooks ne segna 27 da ogni punto dell’area, Oscar Tshiebwe timbra la solita doppia doppia da 17+14, Kellan Grady punisce dall’arco (4/7) e Sahvir Wheeler si conferma uno dei migliori passatori della D1 (8 assist). Da tempo non si vedeva una versione dei Wildcats così solida e completa.
Marcus Shaver (Boise State). Potremmo celebrare Jaden Ivey, di nuovo determinante contro Ohio State, come giocatore clutch della settimana. Preferiamo però puntare il riflettore su un nome meno conosciuto ma più meritevole in questo senso specifico. I Broncos sono ancora imbattuti nella Mountain West (8-0) e Shaver è reduce da una striscia incredibile di colpi decisivi. Nel giro di nove giorni: tripla della vittoria a 2″ dalla fine con Utah State; tripla del sorpasso con SDSU a 30″ dal termine; tripla del pareggio con 1″ sul cronometro per mandare la gara all’overtime con Fresno State. Tutti successi in trasferta, sottolineiamo.
Providence. Formazione compatta, che non muore mai e più che sufficientemente cinica. I Friars mantengono la testa della Big East con record 8-1 dopo aver battuto di misura sia Xavier che Marquette, entrambe squadre che comparivano in Top 25 nella settimana passata. Coi Golden Eagles hanno passato tutta la gara a inseguire, ma alla fine hanno avuto ragione loro grazie alle giocate clutch fatte di muscoli, volontà e astuzia di Nate Watson e Al Durham. Classica squadra che non trabocca di talento ma che può tranquillamente battere chiunque.
Bryce Hamilton (UNLV). Nel mezzo dei risultati altalenanti dei Runnin’ Rebels (4-4 nella MWC) c’è lui ad aprire uno spiraglio di luce con prestazioni offensive assolutamente dominanti. Già autore di tre trentelli in stagione, la guardia californiana si è superata venerdì scorso con 45 punti rifilati a nientepopodimenoche Colorado State, sforzo che è valso l’upset in trasferta dei suoi. 5/8 da due, 8/14 da tre, 11/14 ai liberi. Impossibile da fermare.
AJ Griffin (Duke). Con quelle gambe storte un po’ da papero non sarà mai il giocatore più elegante del mondo ma, finché tira così, Duke e i suoi tifosi dello stile possono serenamente farne a meno. Al momento siamo al 50% secco da tre punti, grazie anche al 5 su 5 dall’arco che ha cancellato la voglia di rinascita di Louisville sul suo campo. In particolare, le due di fila in un minuto che ha segnato sul 60 pari sono quelle che hanno deciso la partita: “He’s not a rising good player. He’s a rising star”, la sentenza di Coach K. Ed è molto probabile che abbia ragione.
Elisa Pinzan (South Florida). Le doppie doppie punti/rimbalzi sono la norma, ma quelle punti/assist meritano di essere celebrate in modo particolare. La PG azzurra, al momento undicesima in D1 per media assist (6.1), è riuscita nell’impresa per la terza volta in stagione (10 & 10 contro SMU) dopo che nella settimana precedente si era fermata a 10 & 9 con Temple. Intanto South Florida condivide la testa dell’American con UCF e, di questo passo, potremmo rivederla in Top 25 prossimamente.
DaRon Holmes (Dayton). Zitti zitti i Flyers sono 6-2 nell’A-10 e le loro uniche due sconfitte sono arrivate con un solo punto di scarto. Scordatevi l’attacco spumeggiante dei tempi di Obi Toppin: questa Dayton certe volte non la mette in una vasca, ma difende forte e con risultati invidiabili per una squadra composta quasi esclusivamente da freshmen (ultima in tutta la D1 alla voce Experience su KenPom). Fra questi spicca Holmes, atletone di 208 cm. In settimana, doppia doppia con Fordham (19 punti e 12 rimbalzi) e stoppate in serie con Rhode Island (è la terza volta che ne rifila 6), gara in cui ha messo anche la prima tripla della sua giovane carriera. Non ne segnerà molte altre (per ora?), in compenso però non lo ferma nessuno intorno al canestro (81% al ferro, signori e signore).
Alabama. È la squadra che a marzo manderà in fumo il vostro bracket, semplicemente perché è capace di tutto. Baylor è la terza partecipante alle Final Four 2021 battuta dai ragazzi di Nate Oats, che sono 5-1 contro squadre del ranking ma che sono anche riusciti a perdere contro schifezze dei bassifondi della Sec come Georgia e Missouri. Come al solito, ci sono stati momenti di puro basket-casino anche contro i campioni in carica, ma le giocate finali di JD Davison hanno dato un’altra vittoria di prestigio ai Crimson Tide. Anche se, va detto, i Bears erano privi di LJ Cryer, cioè del loro miglior realizzatore, e Matthew Mayer ha avuto subito problemi di falli.
Gabriele Stefanini (San Francisco). Non tira fuori i numeri da record di Yauhen Massalski o le giocate da fenomeno di Jamaree Bouyea, però USF – pur battuta in maniera bruciante da Saint Mary’s in settimana – è ancora in corsa per un at-large bid grazie anche al contributo solido fornito più volte dall’italiano. Per l’ex Columbia 10.3 punti, 4.0 rimbalzi, 2.7 assist di media nelle ultime 3 gare facendo un buon lavoro nel limitare perse ed errori vari (107.3 di ORtg), con tanto di giocate pesanti nella vittoria punto a punto con Santa Clara.
TCU. Se volete una cartina di tornasole di quanto può essere dura la Big 12 bastano tre lettere: TCU. La squadra del Texas ha vinto grazie alla difesa la sfida in trasferta contro Iowa State (#15 nella AP Poll), poi ha perso in casa contro Texas (unranked) e infine ha vinto grazie all’attacco contro la miglior difesa del college basketball cioè LSU (#19). Quando si dice che in Texas amano i rodeo.
Kerr Kriisa (Arizona). I periodi storti al tiro capitano a tutti, persino a Steph Curry. È per questo che non trovate l’estone più in basso in queste pagelle dopo l’atroce 0 su 12 registrato con UCLA. Beh, non è l’unico motivo: c’è pure il fatto che Kriisa trova sempre un modo per intrattenere. Nella successiva gara con ASU, dopo aver sbagliato i primi quattro tiri, ha infine messo una tripla ed è andato a baciare il logo di metà campo in segno di esultanza. Peccato però che immediatamente dopo abbia preso un tiro scriteriato, sbagliandolo. Fatto sottolineato in sala stampa da coach Tommy Lloyd, perché non è così che ci si rimette in ritmo col tiro. È giovane, imparerà.
Texas. A anche quando vince contro una squadra del ranking, ti lascia la sensazione che sia un totale work in progress e nonostante le emozioni finali, il big match contro Tennessee finito all’ultimo possesso è stata davvero una brutta partita. Perché è vero che la difesa funziona (prima della nazione con 54.7 punti concessi) ma l’attacco è pura pietà con gente che palleggia, palleggia e poi palleggia ancora per poi lanciare un piccione da tre o avventurarsi in mezzo a un’area affollata. Imbarazzanti poi gli ultimi 8 minuti in cui ha preso un parziale di 19-2 che ha riaperto una partita morta e sepolta.
John Calipari e le espressioni infelici. Intervistato a proposito di Chris Mack, appena silurato da Louisville, se n’è uscito così: “Coaching is a hard profession. We’re all 30 days from bankruptcy. Everybody in this profession”. Ok, il coach di Kentucky non intendeva bancarotta in senso letterale, riferendosi invece alla pressione del risultato che è propria del mestiere di allenatore. Però ecco, magari quando becchi 8 milioni all’anno ci si può pure esprimere in altro modo in pubblico, uno che non suoni come una regale presa per i fondelli a noi comuni mortali.
Malik Williams (Louisville). A proposito del fallimento di Chris Mack, basta vedere una partita del suo ormai ex miglior giocatore e viene in mente un solo aggettivo: inconsistent. Il senior dei Cardinals ha tutto, dai centimetri alla tecnica, dalla coordinazione all’esperienza, solo che gli manca quella parte del corpo che ti fa reagire, lottare e alla fin fine anche vincere. In sostanza, è molle come un panetto di burro sotto il sole. Dopo un brutto inizio, contro Duke El Ellis e Dre Davis hanno raddrizzato la partita e se la sono giocata fino a 5′ dalla fine. Williams era però scomparso da tempo. Ed è arrivata la sesta sconfitta nelle ultime sette partite.
West Virginia. La Big 12 non ammette balbettii dalle squadre forti, figuriamoci da quelle che stanno vivendo una stagione di transizione. WVU è alla quinta sconfitta consecutiva e neanche il challenge con la SEC ha regalato un sorriso. Non gioca poi tanto male la squadra di Bob Huggins, a dire il vero: vende sempre cara la pelle e porta gli avversari a giocarsela nel finale. Purtroppo però intorno a Taz Sherman e Jalen Bridges c’è poco o nulla. Febbraio si apre con Baylor, Texas Tech e Iowa State. Se si vuole salvare la stagione, questo è il momento.
BYU e Loyola si danno la zappa sui piedi. Questo è il momento della stagione in cui non bisogna fare errori se si ambisce a un at-large bid. Purtroppo per loro, BYU e Loyola-Chicago hanno compiuto passi falsi che dovrebbero costare molto caro. I Cougars hanno prima perso in volata con Santa Clara e poi, peggio ancora, hanno regalato la prima W in conference a una Pacific che non aveva ancora vinto nel 2022. Loyola è in una situazione meno critica, ma non per questo non seria. Già uscita dalla Top 25, è alla seconda sconfitta in otto giorni, l’ultima arrivata con Drake. La MVC vede ora quattro squadre a quota sette vittorie e i Ramblers dovranno essere pressoché perfetti per continuare a inseguire un invito a marzo.
Matthew Cleveland (Florida State). Doveva inserirsi nella tradizione dei freshmen 5 stelle arrivati a Tallahassee per conquistare il Draft. E sembrava che, dopo un periodo molto difficile, stesse finalmente rialzando la testa. Invece sta inabissando le proprie quotazioni con performance rivedibili: 3 su 22 al tiro nelle due sconfitte di questa settimana contro Georgia Tech e Virginia Tech, arrivate a smorzare il miglior momento della stagione dei Seminoles (6 vittorie di fila). Non ha tiro da tre e il suo gioco si basa sulla fisicità fuori scala a livello Ncaa: nelle ultime due partite però si è andato ad infrangere spesso contro le difese avversarie. Tanto lavoro da fare ancora.
Imprevisti molto strani a Baltimora. Il vantaggio degli sport al coperto dovrebbe essere quello di poter giocare indipendentemente da clima e intemperie esterne, giusto? Ecco, a Towson non è così e nel suo palazzo c’è tanta di quella umidità da aver costretto gli arbitri a sospendere la gara con Delaware, visto che i giocatori non facevano altro che scivolare. Nel bene (spesso) o nel male (qualche volta), il mondo mid non smette mai di sorprendere.