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Non c’è stato solo il match of the year tra North Carolina e Kentucky (di cui vi abbiamo parlato qui) ma molte altre belle partite in una settimana che ha visto l’esordio di Omer Yourtseven con la maglia di NC State. Sono sei le squadre ancora imbattute: oltre a Villanova e UCLA saldamente ai primi due posti del ranking, non hanno ancora perso Baylor, Gonzaga, Creighton e USC. Seton Hall infligge la prima sconfitta a South Carolina che scende di sei posizioni nel ranking, ma è Indiana a fare il passo indietro più grande, con 7 posizioni in meno dopo aver perso contro Butler, che sale invece fino alla 13.
Vediamo tutti gli spunti della settimana partendo proprio dal Crossroads Classic.
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Purdue ha battuto Notre Dame 86-81, mentre Butler ha avuto la meglio su Indiana 83-78 nelle due belle partite del Crossroads Classic, lo scontro tra 4 università dell’Indiana che si gioca dal 2011 e che quest’anno, per la prima volta, vedeva tutte squadre della top25.
Swanigan vs Colson, i re delle doppie doppie
Alla fine del primo tempo, la partita sembrava chiusa: 48-31 per Notre Dame, con tutti i giocatori di coach Mike Brey imprendibili per i Boilermakers, con l’unica eccezione di uno scentrato Steve Vasturia. Bonzie Colson stava facendo soffrire Caleb Swanigan nella battaglia tra due PF sempre in doppia-doppia, che è stata poi lo scontro più interessante della partita. Ma nell’intervallo coach Matt Painter ha cambiato strategia e ha girato la gara.
Purdue è andata piccola, con il centrone Isaac Haas in campo per 2 soli minuti nella ripresa, e pronti via, parziale di 12-2 con Swanigan a sfruttare finalmente i suoi centimetri contro Colson
Purdue ha soprattutto ripreso a giocare come sa: terza nella nazione per assist (20.1) e quarta nel tiro da 3 (43.7%), i Boilermakers hanno iniziato a girare palla con più pazienza, trovando tiri migliori anche dall’arco, e hanno piazzato un secondo parziale di 10-0. Ma nonostante i suoi 195 cm lo rendano una power forward tascabile, Colson sta facendo una stagione da junior fantastica contro qualsiasi tipo di avversario
Ma l’ultima giocata è stata di Swanigan, con la stoppata sul tiro da 3 di Colson a 13 secondi dalla fine
Alla fine, 26+10 e 4 stoppate per Swanigan, 23+10 e 2 stoppate per Colson in un duello fatto di fisico e tecnica tra due delle migliori PF della nazione.
Poche star, tante vittorie
Butler è quella che si può tranquillamente definire una squadra. Non ha un realizzatore come James Blackmon, né un all around come OG Anunoby, né un lungo come Thomas Bryant, ma ha battuto Indiana con il contributo di tutti: nove giocatori scesi in campo, nove giocatori che hanno segnato e sette che hanno preso un rimbalzo. Palle perse totali? Sei. Grande merito va a coach Chris Holtmann che sta facendo rendere al meglio atleti tutt’altro che talentuosi come Tyler Lewis o Andrew Chrabascz: 10-1 il record finora, macchiato solo dalla sconfitta di un punto contro Indiana State.
Nei primi minuti della partita contro Indiana, i Bulldogs hanno sofferto Thomas Bryant, che ha portato avanti gli Hoosiers con schiacciate come questa
ma i tiratori di Tom Crean non l’hanno messa mai da 3 nel primo tempo (0/8), mentre Kelan Martin si è messo al lavoro negli ultimi minuti prima dell’intervallo e, con 9 punti di fila, ha dato ai Bulldogs ben 14 punti di vantaggio. Grazie anche a giocate come questa
Martin ha segnato il suo 28/mo punto a poco meno di 8 minuti dalla fine e poi si è fermato. Ancora sotto di 13, Indiana è comunque riuscita a tornare fino al -2 grazie soprattutto ai 26 punti di James Blackmon. Sulla rimessa decisiva, assegnata dopo un’assurda no call degli arbitri, decidete voi se dare il merito a coach Holtmann per aver disegnato uno schema perfetto, o la colpa a Thomas Bryant per essersi completamente perso Tyler Wideman.
Ok, vada per la colpa a Bryant.
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Finalmente Brooks…e Bell
“Dillon porta energia e averlo di nuovo nello starting five aiuta molto”: con queste parole Jordan Bell ha accolto il ritorno in quintetto di Dillon Brooks, sabato scorso nella vittoria di Oregon contro UNLV (83-63). Complice anche l’infortunio di Chris Boucher (dovrebbe tornare disponibile per la prima di Pac12 vs UCLA) Brooks ha giocato per la prima volta in stagione da titolare, dopo essere partito dalla panchina in questo inizio di stagione al rientro dall’infortunio al piede sinistro, dimostrando perché sia un All-American e chiudendo con una prestazione da 20+4+4. Dopo un primo tempo in cui Oregon ha sprecato un vantaggio di 11 punti per andare all’intervallo soltanto sul +4, Brooks è stato l’artefice del parziale di 10-0 con il quale i Ducks hanno aperto e chiuso la pratica Rebels a inizio secondo tempo.
A dare una mano al junior ci ha pensato, oltre al solito Dorsey (18 punti per lui), Jordan Bell che, vista l’assenza in area del “Mutombo di Montreal”, ha dovuto dimostrare di essere anche un discreto scorer, chiudendo con il career high da 16 punti (7/8 dal campo) con giocate del genere:
La difesa però resta il marchio di fabbrica di Bell (è già il migliore stoppatore della storia di Oregon) che ha chiuso con 3 stoppate e 12 rimbalzi. Oregon, nonostante la vittoria, ha dimostrato ancora di faticare in fase offensiva, dove il movimento della palla non è fluido e dove spesso ci si affida alle giocate dei vari Brooks, Dorsey e Ennis allo scadere dei 30 secondi. Coach Dana Altman può, però, confidare sulla sua difesa che per la decima partita consecutiva ha tenuto gli avversarti sotto quota 75 punti, facendo tirare UNLV con il 32.7% dal campo. Un’ottima notizia in vista del match del 28 dicembre contro i Bruins.
Tra le note di colore, la partita si è giocata al Moda Center di Portland, città dove è nato e cresciuto Payton Pritchard, con il pubblico pronto ad accogliere con un ovazione ogni suo canestro. Il freshman sta sorprendendo in questo inizio di stagione e ha già rubato il posto da titolare a Casey Benson. Insomma i Ducks hanno già trovato il probabile go to guy per il futuro.
Pryor&Peak abbattono Syracuse
“Ogni volta che Georgetown vince al Carrier Dome, è una grande vittoria per questo programma”: le parole di coach John Thompson III sintetizzano perfettamente la rivalry tra Georgetown e Syracuse, ex-acerrime nemiche in Big East che si sono affrontate lo scorso sabato nel Pearl Washington day. Il 78-71 finale in favore degli Hoyas ha messo in risalto punti forti e deboli dei due programmi in questo inizio di stagione.
Gli Orange perdono l’ennesima partita che conta, dopo le sconfitte contro South Carolina, Uconn e Wisconsin, dimostrando di non essere all’altezza del loro pre-season ranking con un backcourt che fatica a trovare ritmo. Andrew White III, dopo aver iniziato con un 2/2 da tre portando la squadra in vantaggio 11-4, non ha più trovato la via del canestro chiudendo con 12 punti ma 3/11 dal campo. Non sono stati d’aiuto né il play John Gillon, alla prima da titolare all’insegna dello sparacchiare (4/14), né Frank Howard che ha chiuso con più palle perse (6) che punti o assist (4+4). Jim Boeheim si può consolare, in parte, con il career high di Tyler Lydon che ha chiuso con 29 punti e 9 rimbalzi con un solo errore dal campo, dimostrando a tutti il suo talento da primo giro del draft Nba.
Georgetown questa stagione andrà, invece, dove la porterà il suo duo di guardie composto da Rodney Pryor e L.J. Peak che, prima della partita contro Cuse, ne mettevano 37 di media contro i 42.5 del resto della squadra. Sabato hanno vinto praticamente loro la partita con Peak che ha chiuso con 23 punti e 11 rimbalzi e Pryor con 20 punti e 6 rimbalzi. Proprio il transfer da Robert Morris ha messo a segno le due giocate decisive che hanno chiuso il match, quando a 47 secondi dalla fine ha subito in difesa lo sfondamento di Gillon e ha poi siglato, dall’altra parte, il 2/2 dalla lunetta che ha dato ai suoi il +5 (71-66). Secondo giro del prossimo Draft o Europa lo aspettano a braccia aperte per la sua carriera da pro.
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Forse manca qualcuno
Vi abbiamo recentemente parlato della classifica di Kenpom per il player of the year e, scorrendo la lista, ci era venuto il sospetto che mancasse qualcuno. Dopo aver visto l’ultima partita di Jawun Evans contro Wichita State, abbiamo l’assoluta certezza che il suo nome non possa mancare ovunque si parli dei migliori giocatori della stagione.
Contro gli Shockers, demoliti 93-76 in casa loro, non è che il sophomore di Oklahoma State abbia fatto cose fuori dal normale: in 24 minuti ha segnato 22 punti, cioè poco sopra la sua media di 21.6, con il consueto 3/5 da tre (56% in stagione), dando via 4 assist (4.7 la media) e rubando 3 palloni (di solito 2.7). Una partita che potremmo definire di ordinaria amministrazione, ma solo per uno come lui. Non ci sono molte altre PG che hanno questa facilità nel segnare tiri da tre
e nessun problema a penetrare, anche nel traffico
I Cowboys sono stati la prima squadra a segnare 80 punti quest’anno a Wichita State. E l’hanno fatto con 8 minuti ancora da giocare. Attenzione alla squadra di coach Brad Underwood, che non ha solo Evans a sua disposizione ma un gruppo di giocatori molto interessanti.
La difesa prima di tutto
Si dice che il miglior attacco sia la difesa. E questa non è per niente una frase fatta se parliamo di due squadre come Virginia e Louisville, che fanno della difesa e dell’efficacia del sistema difensivo i loro punti di forza. Un’efficacia che però nasce da presupposti diversi.
Virginia gioca una uomo con cui cerca di impedire ogni penetrazione avversaria, con show profondi sui pick&roll avversari e giocatori che aiutano e flottano con precisione (non a caso, al momento, è la squadra migliore per % da due concessa). I giocatori di Robert Morris contro i Cavaliers non sono mai riusciti ad avvicinarsi con facilità a canestro, tirando con il 27% scarso dentro l’area a fine gara.
Louisville, d’altro canto, punta sull’aggressività di una difesa che si allunga su tutti i 28 metri del campo e spinge gli esterni avversari letteralmente in bocca ai propri lunghi, come dimostrano le 14 stoppate regalate a Eastern Kentucky, spazzata via con un parziale di 30 a 4 negli ultimi 15 minuti del primo tempo, di cui gli ultimi 7 senza segnare. Un vero incubo.
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Eleggibile e contento
Dopo 5 minuti di NC State-Appalachian State, Mister 91 punti ha fatto finalmente il suo esordio nell’Ncaa. Omer Yourtseven ha scontato la squalifica di 9 turni inflittagli per aver ricevuto pagamenti da professionista dal Fenerbahce e ora il 7 piedi nato in Uzbekistan ma di nazionalità turca è a disposizione di coach Mark Gottfried. Grande l’attesa per vedere all’opera un giocatore in grado di segnare 91 punti in una sola partita, seppur a livello giovanile, e senz’altro i Wolfpack con lui hanno un giocatore in grado di giocare 2000 pick ‘n’ roll con Dennis Smith e di segnare sia da 3 che ovviamente da dentro l’area. La sua prima palla toccata è stata un’infrazione di passi piuttosto goffa, ma ci stava: piano piano, l’emozione se n’è andata e i suoi movimenti sono diventati più fluidi ed efficaci. Esplosivo proprio no, è ancora ben lontano dall’esserlo ma è un ’98 e il fisico si farà, però le sue mani sono educate così come la sua tecnica.
12 i punti segnati sia nella prima che nella seconda partita contro Fairfield, entrambe vinte facilmente da NC State che continua a segnare tanto (83 a partita), ma anche a difendere male (74.7, 243/a nella nazione). Adesso che inizia l’ACC il livello degli avversari cambierà e si capirà davvero se questa squadra può andare lontano.
Assolto e contento
La settimana scorsa vi avevamo parlato dell’arresto di Carlton Bragg per aggressione e della sua esclusione dal roster di Kansas in attesa che la vicenda si chiarisse. Bene, ora è tutto più chiaro perché una telecamera ha ripreso la lite tra il giocatore dei Jayhakws e una studentessa di KU. E le responsabilità si sono ribaltate. Sotto accusa è finita infatti Saleeha Soofi, 19 anni che, alla festa della Delta Upsilon Fraternity, ha spinto, schiaffeggiato e messo un paio di volte le mani sul collo di Bragg che, a un certo punto, si è rotto di prenderle e l’ha spinta via, facendola cadere dalle scale. Motivo? Storie di sesso e di ragazzi, con Bragg accusato dalla sua molto probabilmente ex fidanzata di essere andato a letto con la sua migliore amica.
La sostanza è che Bragg è stato completamente assolto e l’accusa di aggressione è stata invece contestata alla ragazza. E coach Bill Self ha riaccolto il suo sophomore in squadra: “È stata un’esperienza difficile e umiliante per me – ha detto Bragg – e sono felice che sia finita. Ringrazio le autorità per averla risolta e il mio coach e i miei compagni per l’appoggio che mi hanno dato. Adesso posso lasciarmela alle spalle e guardare avanti”.
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Le due facce dei Jayhawks
A proposito di Kansas, non fatevi ingannare dal punteggio finale, 89-71, a dieci minuti dalla fine il risultato era molto più in bilico e Davidson aveva messo in difficoltà i Jayhawks. O meglio, Kansas, cavalcando un leit motiv di questo inizio di stagione, era partita molto bene, pur sbagliando qualche tripla di troppo, e sembrava avere in mano il risultato. Poi come contro UAB, ha progressivamente smesso di difendere compatta, facendosi battere ripetutamente dalla motion offense di Davidson, la quale quando è entrata in ritmo ha messo anche un paio di possessi fra sé e i ragazzi di coach Bill Self.
Ma la tripla (la prima di giornata) messa a segno da Josh Jackson, ha sbloccato mentalmente Kansas che è tornata ad asfissiare l’attacco dei giocatori di coach McKillop e trovare punti facili, chiudendo così la partita.
Il grande merito di Kansas sta nell’aver dimostrato di non esser un attacco monocorde. Ha tirato orrendamente da tre per tutto il primo tempo, ma ha concluso ugualmente a 42 punti, spadroneggiando nel pitturato.
Il dato preoccupante è che spesso la squadra va a folate. Come contro UAB, se Kansas spegne per un paio di minuti il cervello in difesa, spesso mette in ritmo gli attacchi avversati e li rimette in partita. Probabilmente, in questa partita, questi cali sono stati dovuti ad alcuni cambi sperimentali provati da Self, che teoricamente ha trovato il suo miglior quintetto proprio con quello che ha iniziato contro i Wildcats, ovvero: Mason-Graham-Mykhailiuk-Jackson-Azubuike.
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Ma che succede?
Va bene perdere contro Arizona, Baylor, Kentucky o Duke… ma contro Northeastern? Michigan State ha patito l’assenza di un super talento come Miles Bridges che si è fatta sentire alla prima partita contro una squadra un minimo competitiva (aveva già battuto anche Uconn) ma questo non basta a spiegare la sconfitta degli Spartans. Coach Tom Izzo ha puntato il dito contro alcuni dei suoi senior in squadra (leggi qui), ma nemmeno questo basta a spiegare la prestazione dei suoi giocatori.
Il vero problema al momento sembra difensivo, visto che normalmente in questo momento della stagione (ancora senza le grandi sfide in Big Ten) Michigan State negli ultimi anni stritolava tutte le avversarie, comprese le big, almeno nella metà campo difensiva. Invece al momento, complici gli assenti sotto canestro (Ben Carter e Gavin Schilling saranno fuori tutto l’anno, ma si sapeva) e i tanti freshmen in squadra, gli Spartans non fanno paura. Soprattutto sotto canestro, dove di solito soprattutto a rimbalzo difensivo facevano la differenza. L’unico che si salva (ma senza fare faville) è Nick Ward.
In pillole
- Si pensava che Wichita State una volta partiti tutti i giocatori più forti sarebbe finita nel dimenticatoio, invece è chiaro che al di là di tutto Gregg Marshall è un signor allenatore e la squadra merita rispetto. Motivo per cui sta emergendo come papabile candidata per fare un salto di qualità e passare dall’attuale Missouri Valley Conference alla ben più competitiva American Athletic Conference.
- C’è una stella potenzialmente da Nba che ha fatto il suo debutto in campo domenica scorsa. Stiamo parlando del centro Austin Wiley, che ha ricevuto finalmente il via libera dalla Ncaa per aggregarsi alla squadra. Lo definiscono il giocatore più forte mai reclutato da Auburn dai tempi di Charles Barkley. Hype! Per ora, nella vittoria dei suoi Tigers contro Mercer, ha messo a referto 9 punti e 3 rimbalzi in quindici minuti.
- Coach Bob Huggins, attuale allenatore di West Virginia, dopo la vittoria dei Mountaineers contro UMKC è diventato il 10° nella storia della Ncaa a raggiungere il traguardo delle 800 vittorie. Huggins si aggrega a un gruppo formato da Mike Krzyzewski, Bob Knight, Jim Boeheim, Dean Smith, Adolph Rupp, Jim Calhoun, Jim Phelan, Eddie Sutton e Rollie Massimino.
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