BasketballNcaa

Blanca Quiñonez, da Campobasso a UConn

Blanca Quiñonez

Blanca Quinonez

C’è un po’ d’Italia che si riaffaccia in ambito high-major femminile dopo Elisa Pinzan e soprattutto Lorela Cubaj e Francesca Pan, freschissime vincitrici di uno storico bronzo agli Europei, anche se questo volto nuovo non potrà vestire il nostro azzurro. Merita di essere tifata comunque, per diversi motivi. Non è facile, infatti, lasciare tutto a 13 anni. Famiglia, amici, casa. Blanca Quiñonez, ala nata nel 2006, lo ha fatto per inseguire un pallone da basket, trovando in Campobasso la sua seconda casa. Oggi, quel coraggio e quella determinazione l’hanno portata fino a Storrs, Connecticut, dove indosserà la maglia delle campionesse in carica di UConn. Ecco la sua intervista in esclusiva.

CLICK HERE FOR ENGLISH VERSION 

Blanca, sei stata reclutata da una delle università più prestigiose del panorama cestistico americano. Raccontaci com’è nato il primo contatto con UConn.

Negli anni passati avevo fatto diversi camp estivi con la NBA Academy e in uno di questi, nel 2022 è arrivato il primo contatto. Sono stati poi loro a chiamare la mia agenzia nell’aprile 2024 e ci siamo messi d’accordo per un altro screening negli USA in occasione di un camp di Basketball Without Borders. Quando mi ha chiesto se volessi confermare il mio commitment, non ci ho pensato due volte e ho accettato. Coach Auriemma e i suoi assistenti sono così tornati ad osservarmi in estate, ma non abbiamo avuto modo di parlare dato che non è consentito.

Avevi ricevuto anche altre offerte?

Sì ed erano davvero tante, tra cui Iowa, Tennessee, Kentucky. Dopo quell’incontro si erano già diffuse voci sul fatto che avessi firmato con UConn, ma in realtà in quel momento non avevo ancora ricevuto alcuna proposta concreta da parte loro.

Quando hai capito che Geno Auriemma e il suo staff facevano sul serio?

A settembre 2024, quando lui e la sua assistente sono venuti di persona a Campobasso. In quel momento ho capito che le cose si stavano facendo serie. Abbiamo parlato a lungo e ci siamo trovati in sintonia su tanti obiettivi, sia personali che di squadra. Mi ha trasmesso una grande tranquillità e da quel momento ho capito che UConn era la mia strada. Insieme allo staff che mi segue, abbiamo ascoltato anche altre proposte, ma alla fine bisogna seguire il cuore. E il mio era lì.

Blanca e coach Geno Auriemma

Ma Geno ti ha convinto parlando in italiano o in inglese?

Diciamo un mix di inglese e dialetto campano (Geno è originario di Montella ndr). Anche da quel punto di vista è davvero unico.

Ti ricordi dove ti trovavi quando hai ricevuto la notizia di essere diventata una nuova Huskie?

Ero davanti al computer a studiare. Non ci volevo credere e mi sono anche commossa a quella notizia.

Hai già avuto modo di conoscere le tue future compagne di squadra?

Sono andata a Storr a febbraio mentre la squadra era in piena corsa per la March Madness. Ho conosciuto Paige Bueckers, Azzi Fudd, Sarah Strong e tutte le ragazze della scorsa stagione, ragazze fantastiche con cui credo riusciremo a scrivere altre pagine importanti.

Che impressione ti ha fatto vedere la squadra da vicino?

Non ho avuto modo di vederle dal vivo, ma guardando le partite ho notato che corrono su e giù per il campo per 40 minuti, sempre ad altissimo ritmo. È una squadra a cui piace correre, ma soprattutto che difende in modo molto fisico e aggressivo. È lo stesso spirito che ho vissuto a Campobasso con la La Molisana Magnolia Basket, ed è anche il mio modo di giocare. Sono convinta che riuscirò a inserirmi bene nei loro schemi.

Tu, rispetto alle tue future compagne, hai già esperienza da professionista. Come pensi potrà influire questo sul tuo ruolo nel gruppo?

In questi quattro anni a Campobasso ho accumulato tanta esperienza, sia in Serie A che a livello internazionale. Sento di poter essere un punto di riferimento, soprattutto nei momenti più difficili. Voglio essere quella che riunisce la squadra e la trascina alla vittoria. Questo è uno dei miei obiettivi personali e ci tengo davvero tanto.

Hai lasciato l’Ecuador giovanissima per inseguire un sogno. Che impatto ha avuto questa scelta sulla tua crescita?

Sono partita a 13 anni, un’età cruciale per chi sogna di diventare una professionista. Campobasso mi ha accolto subito e a 14 anni giocavo già in Serie A. Ma è stata anche dura, perché sono dovuta crescere da sola, senza la mia famiglia. È stata una sfida continua, che però mi ha resa più forte.

Come ti sei avvicinata al basket? Cosa ti è piaciuto di più di questo sport?

In realtà, all’inizio giocavo a calcio come mio fratello gemello. Poi in un camp estivo mi hanno messo una palla da basket tra le mani e non ho più smesso. A livello atletico era lo sport che mi faceva correre di più e io sin da piccola ero incontenibile. Inoltre mia madre giocava a basket: è anche una questione di “destino” se vuoi. Quello che amo più del basket ora è la tranquillità che mi trasmette e soprattutto il fatto che mi aiuta a capire meglio me stessa. Non ne posso fare a meno: se mi togli il basket, è come se cancellassi una parte di me.

Come sei arrivata a Campobasso e alla Magnolia?

In realtà avevo proposte anche dalla Spagna e dal Canada, ma la Magnolia mi dava la possibilità di poter giocare subito in Serie A. Mia madre era contraria a lasciarmi partire per un altro Paese, ma quando siamo arrivate a Campobasso abbiamo capito entrambe che quello era un luogo speciale. Non è un caso se sia rimasta sei anni.

Il tuo ricordo più bello fino adesso?

Il primo e l’ultimo scudetto giovanile. Li ritengo importanti perché segnano sia l’inizio che la fine di un percorso a livello giovanile che ovviamente racchiude tutti gli alti e bassi, tutti i momenti felici, tutti i pianti, tutte le amicizie che ho potuto intessere tramite questo sport.

Negli Stati Uniti lo sport femminile ha molta visibilità, a differenza dell’Italia. Come vivi questo passaggio?

Purtroppo il basket femminile italiano non è molto seguito e, peggio ancora, è poco supportato dalle istituzioni. In America so che sarà diverso e che mi dovrò abituare ad avere tutti gli occhi addosso. Non è facile passare dal “nulla” al “tutto”, ma penso che questa ulteriore sfida sarà un’opportunità e una motivazione in più per crescere. Inoltre, questa esperienza americana mi potrebbe aiutare anche nel caso tornassi in Europa o in Italia giocare: avendo visto come funziona oltreoceano potrei contribuire a far crescere il movimento.

.

Quindi non è da escludere un tuo ritorno nel nostro campionato a fine NCAA? 

Da sempre il mio sogno è quello di giocare in WNBA: mi va bene qualsiasi squadra, ma il mio obiettivo rimane quello. Ciò però non esclude la possibilità di tornare in Europa perché ovviamente non si può prevedere cosa accadrà in quattro o cinque anni, quindi tengo aperte tutte le porte.

Che consiglio daresti a una ragazza che sogna di arrivare dove sei arrivata tu?

Il mio consiglio è di non mollare mai. I sogni si possono realizzare, ma dipende da quanto siamo disposti a lottare per loro. Serve consapevolezza, chiarezza nei propri obiettivi e tanto spirito di sacrificio. Fare una vita da atleta significa rinunciare a tante cose, come uscire la sera o avere i weekend liberi. Ma se sai cosa vuoi, tutto questo non pesa. Perseverare è la chiave.

Exit mobile version