Le pagelle della Week 6 non possono che incoronare Purdue dopo la sua vittoria con Arizona. Intanto però lontano dal campo il caos aumenta nel mondo Ncaa.
Fletcher Loyer e Braden Smith (Purdue). I due protagonisti che non ti aspetti in una sfida da marzo anticipato. 27 punti per il primo e 26 per il secondo, entrambi con precisione terrificante dall’arco (9/16) nel big match vinto dai Boilermakers contro Arizona, lo scontro più entusiasmante visto fin qui quest’anno. Le prestazioni dei due sophomore testimoniano quanto la macchina offensiva di Purdue possa essere ben oliata e di quanto Matt Painter sia abile in sede di reclutamento. Al diavolo l’hype, al diavolo i ranking e al diavolo pure il portal: il coach ha fiuto puro nell’individuare chi è capace di produrre ad alto livello.
Chicago State. Da sempre senza un soldo e da due anni pure senza una conference, unica indipendente in tutta la Division I, è storicamente l’epitome del sacco da boxe nella Ncaa. Eppure la squadra guidata da Gerald Gillion oggi suscita molto più rispetto che risatine. L’upset con Northwestern, prima vittoria del programma contro un ranked team, rappresenta il capolavoro ultimo di questo coach che in due stagioni e mezzo ha già più vittorie in tasca (23) di quante i suoi più recenti predecessori erano riusciti a mettere insieme nel corso di sei annate (20).
Donovan Clingan (UConn). Neanche il tempo di sedersi comodi a Seattle che Clingan ne aveva già messi 8 contro Gonzaga. Alla fine il ciclope degli Huskies ha messo insieme 21 punti (cominciando a mostrare pure qualche movimento in post), 8 rimbalzi, 2 stoppate ma anche 3 assist, segno di una partita completa in cui, come nelle migliori giornate, il vero impatto difensivo esula dal tabellino. I Bulldogs hanno fatto una fatica mortale ad arrivare a canestro, questo solo grazie all’imposizione delle mani del lungo al secondo anno.
Memphis. Una settimana passata a rovinare i piani delle squadre del ranking. Tosta in difesa, piena di armi in attacco e ha trovato un David Jones al quale aggrapparsi nei momenti di difficoltà: 29 punti per sbancare Texas A&M e altri 22 per togliere l’imbattibilità ad una solidissima Clemson. Ma non è il solo da applaudire. Jahvon Quinerly sembra essere in pieno controllo dell’attacco e la panchina dei Tigers porta sempre una scintilla con Caleb Mills e Jaykwon Walton. Mina vagante se ce n’è una. Florida Atlantic avvertita per la testa dell’AAC.
Juwan Gary e Rienk Mast (Nebraska). Vincere in casa di Jerome Tang già non è facile (fino a ieri c’era riuscita solo Texas l’anno scorso), farlo poi con 16 punti di scarto, dominando in area e lasciando un misero 26.7% al tiro agli avversari, rende il tutto ancora più impressionante. Reduci dalla vittoria su Michigan State, gli Huskers hanno fatto bis trascinati dal proprio frontcourt: 13 punti e 18 rimbalzi per Gary, 19 e 12 per Mast, principali artefici del bottino di 22 carambole offensive catturate dalla squadra sotto il naso dei Wildcats (ben 11 dal solo Gary). Coach Fred Hoiberg non poteva dare risposta migliore alle sconfitte con Creighton e Minnesota.
Syracuse. Batoste coi top team a parte, questa Cuse guidata da Adrian Autry non sta andando poi troppo male, anzi. Battuta GTown nel weekend precedente (non un’impresa, ma una W in un rivalry game conta sempre), ha vinto e convinto con Oregon (+20). Oltre ai punti del duo Mintz-Starling, le notizie migliori arrivano dalla panca grazie agli apporti dell’ala Quadir Copeland e del lungo Maliq Brown. Più gente riesce a contribuire e meglio è per gli Orange, che dopo il match prenatalizio (facile) con Niagara affronteranno un inizio di conference season alquanto difficile (trasferte con Duke e UNC più doppio scontro con Pitt nell’arco delle prime 5 gare).
Tyson Walker (Michigan State). Chi se non lui poteva guidare gli Spartans alla migliore vittoria dell’anno? Nella ripassata data a Baylor (88-64), 18 dei suoi 25 punti sono arrivati nell’allucinante primo tempo messo insieme da MSU (45-17). Come al solito è Walker a suonare la carica con le sue triple (perfetto su quattro conclusioni), con le sue incursioni al ferro, sempre a tenere inchiodato il piede sull’acceleratore e a distribuire il gioco ai suoi compagni. Un vero leader per una nottata di redenzione per gli Spartans.
Longwood. La striscia vincente attiva più lunga al momento appartiene a una squadra di cui non parla nessuno. La formazione di Griff Aldrich, attestatasi su livelli molto buoni in ambito mid-major negli ultimi tre anni, aveva mancato il colpo in trasferta all’esordio stagionale (-4 con St. Bonaventure) ma poi non si è più fermata: sono 12 i successi messi in fila, che però non stanno facendo rumore visto che sono arrivati tutti contro avversarie di caratura inferiore (la miglior vittoria? +11 con Lamar, #277 su KenPom). Vincere però fa sempre bene e i Lancers si stanno avvicinando alla conference season nella maniera migliore.
Atlantic 10. Dopo il disastro della stagione scorsa, in cui aveva finito per mandare una sola squadra al Torneo, l’imperativo della conference è cambiare marcia. E ci sta più o meno riuscendo, pur senza mettere in atto una rivoluzione vera in termini di risultati. La vittoria a sorpresa di Dayton contro Cincinnati nel fine settimana porta un raggio di sole e fa il paio con l’ottimo inizio di stagione di Saint Joseph’s. Peccato che VCU non sia mai stata al completo finora, finendo per solo sfiorare successi che sarebbero stati di gran peso con Iowa State e Memphis.
LSU. Di fronte a squadre di Power Conference fa sempre fatica, ma almeno stavolta la reazione nel secondo tempo è arrivata. LSU continua a battere sonoramente squadre inferiori come Alabama State e perdere contro squadre di livello. Stavolta Texas aveva messo su un primo tempo da 56 punti e 61% dal campo, chiuso sul +19. A guidare la rimonta ci ha pensato Jordan Wright, autore di 31 dei 33 punti nella seconda frazione: arrivati però al -7 i Longhorns hanno risposto presente.
Baylor. Non ne aveva persa una fino a sabato (e solo per questo non finisce più in basso nelle pagelle), ma così fa male. Il primo possesso con Michigan State aveva già spiegato tutto, con una violazione di trenta secondi. Baylor ci ha messo un tempo intero per capire che la pressione difensiva di MSU sarebbe stata profondamente diversa quella sera, cadendo quindi fino a 30 punti di deficit senza trovare soluzioni né in attacco né in difesa. Risultato: quello che era il secondo attacco della nazione è stato tenuto sotto i 90 punti per 100 possessi.
Steven Ashworth (Creighton). I Bluejays hanno tante opzioni offensive, ma anche bisogno delle sue triple. Che ultimamente, purtroppo per loro, non arrivano a grappoli: 2/13 nelle ultime tre gare dopo l’eccellente 19/41 delle prime otto. E lo 0/3 dal campo con UNLV, unito alla giornataccia di Trey Alexander, ha finito per costare caro ai suoi, battuti a sorpresa con uno scarto di 15 punti. Ha rialzato la testa poi con Alabama, anche se non è ascrivibile fra i protagonisti di giornata. Serve un altro Ashworth nelle gare di conference.
Primo Spears (Florida State). Autore di uno dei peggiori esordi stagionali possibili per dei Seminoles sempre più sulla graticola, vista la loro striscia aperta di quattro sconfitte consecutive. L’ex guardia di Georgetown e Duquesne ha messo insieme un agghiacciante 1 su 11 da due, una tripla segnata a babbo morto su tre tentativi e un 5 su 5 ai liberi nella sconfitta contro SMU. Un tantinello arrugginito, ecco. Il dato peggiore? I suoi 10 punti sono bastati a farne il leading scorer di giornata per FSU assieme a Darin Green. Tempi cupi a Tallahassee.
Kenny Payne (Louisville). Le cose vanno così male che, dopo l’ennesima sconfitta imbarazzante patita (-12 con Arkansas State), l’AD Josh Heird si è sentito in dovere di convocare i giocatori per sentire cosa ne pensano del coach (tradotto: cerchiamo un po’ di marcio utile per cacciare Payne il più in fretta possibile). A rendere la situazione ancora più comica, nel fine settimana Payne non solo ha vinto, ma lo ha fatto con lo scarto più largo da capoallenatore dei Cards (+22 su Pepperdine). Una minuscola soddisfazione prima del licenziamento?
Pepperdine. Incapace di competere con squadre di medio livello e capacissima di resuscitare i morti, come testimoniato dal ventello subito da una Louisville alla deriva. Questo è il sesto anno di Lorenzo Romar sulla panchina dei Waves e potrebbe finire per essere il peggiore. Il che è tutto dire visto che i precedenti cinque non è che siano stati questo gran spasso, pur potendo contare su talenti di primissima fascia come Kessler Edwards, Colbey Ross e Maxwell Lewis. Bello reclutare gente da NBA, ma vincere ogni tanto sarebbe un pelo meglio.
Ty Berry (Northwestern). Veniva da cinque gare in doppia cifra realizzativa fra cui un ventello nell’upset ai danni di Purdue, ma nei giorni scorsi in campo ci è andata la sua sagoma di cartone. Il premio Settimana da Dimenticare se lo aggiudica lui senza se e senza ma, peggiore in campo sia nella cocente sconfitta contro Chicago State (3 punti, 1/7 al tiro, 4 assist ma anche 3 perse) che nel riscatto d’obbligo ma non proprio entusiasmante contro DePaul (0/6 al tiro e zero punti).
Regole sull’eleggibilità, è sempre caos. Da due anni a questa parte, unendo la novità transfer portal a quella dei NIL senza che la seconda fosse regolata in maniera chiara ed equa, il mondo del college basketball è entrato in una fase di estrema incertezza che rischia davvero di rovinare la bellezza di questo sport. Ora a complicare ulteriormente lo scenario è arrivata la sentenza-bomba di una corte distrettuale che giudica come antitetica alle leggi antitrust il modo in cui la Ncaa gestisce l’assegnazione dei waiver ai giocatori che si sono trasferiti più di una volta. Una gestione che, non a caso, tanti osservatori della pallacanestro universitaria regolarmente percepiscono come discrezionale, ingiusta e talvolta incomprensibile. Il libera tutti potrebbe avere strascichi se la Ncaa decidesse di fare ricorso e sottolinea più che mai l’urgenza di fare ordine nel sistema di regole vigente.