Home 9 Analisi 9 St. Bonaventure, la Cenerentola dell’Atlantic 10

St. Bonaventure, la Cenerentola dell’Atlantic 10

St. Bonaventure Bonnies
Autore: altroutente
Data: 29 Set, 2016

Se la storia di Cenerentola fosse ambientata nel mondo della pallacanestro, sicuramente la protagonista indosserebbe la maglia di St. Bonaventure University e nei panni della Fata Turchina ci sarebbe coach Mark Schmidt. È lui l’autore di una vera e propria magia che ha permesso ai Bonnies di risorgere dall’inferno in cui erano finiti dopo lo scandalo del 2003 e tornare a essere protagonisti nella stagione 2015-2016 della Ncaa.

Il campus di St. Bonaventure

Il campus di St. Bonaventure

Per capire a fondo l’impatto che coach Schmidt ha avuto sul programma di basket di St. Bonaventure e comprendere l’entusiasmo che si è diffuso dopo la notizia del suo rinnovo fino alla stagione 2021-22, prima bisogna spiegare la particolarità e l’unicità di questa università privata francescana. Meglio conosciuta come ‘The Bubble‘, la bolla – nomignolo che le hanno affibbiato i suoi studenti dato che sembra più una famiglia, assai protettiva, che un college – SBU sorge nel mezzo della campagna dello stato di New York, a poche miglia dal piccolo centro abitato di Olean e lontana dalle grandi città: Buffalo dista 72 miglia, mentre per arrivare a New York e Philadelphia ci vogliono sei ore di macchina.

Bob Lanier

Bob Lanier

Famosa più per i gelidi inverni e le copiose nevicate che per i successi sportivi, e senza una squadra di football dal 1970 – quando il programma è stato chiuso dopo che al cattivo tempo e alla mancanza di spazi nel campus, si aggiunse una generale indifferenza sia da parte degli studenti che da parte della comunità – St. Bonaventure vive per il basket. Soprattutto dopo che il grande Bob Lanier portò i Bonnies alle Final Four del 1970, senza poterle però giocare, visto che nella finale dell’East Regional contro Villanova si ruppe un legamento che gli costò la prima delle otto operazioni subite alle ginocchia. Il giocatore dai piedi più lunghi della storia (22 americano di scarpe, 59-60 italiano) chiuse quindi la sua carriera universitaria senza titolo, così come trascorse 14 anni tra Detroit e Milwaukee senza mai vincere un anello Nba.

Jan van Breda Kolff con il n.9 di fianco a un giovane Ettore Messina

Jan van Breda Kolff con il n.9 di fianco a un giovanissimo Ettore Messina

Ma torniamo a The Bubble. È facile immaginare in un contesto del genere le ripercussioni dello scandalo che nel 2003 ha investito la squadra di basket e ha fatto tremare i piani alti dell’ateneo: innescato da Jamil Terrell – il giocatore reo di avere un certificato non conforme ai requisiti per un “associate degree” presso SBU – ha poi travolto coach Jan Van Breda Kolff (ex giocatore dei New Jersey Nets e della Virtus Bologna) e il presidente Robert Wickenheiser per concludersi nel più tragico dei modi: William Swan, uno dei massimi dirigenti di SBU, accusato di non essere intervenuto prima e in maniera decisa sul caso Terrell,  il 20 agosto si è impiccato nella sua casa dopo aver lasciato un biglietto di scuse alla sua famiglia e alla sua università.

Così, quando nel 2007 coach Schmidt ha ereditato il programma di basket, si è trovato in una situazione molto difficile: il coach precedente, Anthony Solomon, non era riuscito in quattro anni a riguadagnare né la fiducia della comunità né quella dei giocatori e la squadra sotto la sua guida si era letteralmente sgretolata dopo un record negativo di 24 vittorie contro 86 sconfitte.

Mark Schmidt (St. Bonaventure)

Mark Schmidt (St. Bonaventure)

Per sette anni assistente a Xavier, dove ha allenato futuri giocatori Nba del calibro di James Posey e David West, poi per sei anni head coach della Robert Morris University, Schmidt si è dovuto scontrare con questa dura realtà, ma ha subito messo le cose in chiaro con il suo nuovo staff: non era il momento di fasciarsi la testa. Prima di quello scandalo, infatti, SBU aveva già partecipato 5 volte al torneo Ncaa (nel 1961, 1968, 1970, 1978 e 2000) e si era qualificata per due volte al Nit. La questione era replicare quel modello vincente riportando nel programma persone  – sia giocatori che staff – che ci mettessero l’anima e che capissero l’importanza della squadra di basket per l’intera comunità di Olean.

Così, ricostruendo dalle basi e imponendo dei modelli forti di comportamento, ha rimesso in piedi i Bonnies partendo proprio dalla fondamenta: i suoi giocatori. Basti dire che la senior class formata da Zarryon Fereti, Michael Lee e Tyler Relph è letteralmente fiorita in una sola stagione sotto la sua guida: il tandem d’ attacco targato Fereti e Lee, per esempio, nel 2009 si piazzò al quinto posto nell’Atlantic 10 con  31.5 punti a partita e Relph finì la stagione come miglior tiratore di tiri liberi dell’intera Division I (94%). Mentre ora insegna a palleggiare (e non solo) nei suoi camp:

 

La filosofia del nuovo head coach non ha tardato a dare i suoi primi frutti: nel 2008-2009 i Bonnies accedono al torneo della Atlantic 10 con un record di 15-15 e si giocano anche un posto al torneo Ncaa. Obiettivo centrato poi nel 2011-2012 quando Schmidt porta la squadra a vincere per la prima volta il torneo di conference e fino al secondo turno del torneo Ncaa, trascinata in campo da un giocatore che diventerà il vero leader della squadra: Andrew Nicholson. Che dopo la maglia di SBU, indosserà quella degli Orlando Magic.

Mark Schmidt (St Bonaventure)

Mark Schmidt (St Bonaventure)

Ma a detta dello stesso coach non è stata quella la stagione mirabilis. No. La stagione da ricordare è quella del 2015-2016 quando, non a caso, è stato premiato come miglior allenatore dell’anno dell’Atlantic 10, dopo che SBU ha raggiunto il record stagionale di 22-9. Secondo quanto riportato da cnsnews.com, non è stato tanto il riconoscimento a renderlo orgoglioso, quanto i risultati e l’atteggiamento dei suo ragazzi. Nel 2011-2012 “con Nicholson – ha affermato Schmidt a fine stagione  – era un risultato atteso e, se non fossimo andati bene nell’Atlantic 10, sarebbe stato un anno deludente. La scorsa stagione, se fossimo arrivati ottavi o noni, la gente avrebbe detto che più o meno quella era la posizione in cui ci si aspettava che arrivassimo. Invece siamo andati oltre le previsioni e questo è gratificante”.

St. Bonaventure contro Dayton

St. Bonaventure contro Dayton

Anche perché l’anno è iniziato in modo piuttosto complicato, con la squadra piena di infortuni al punto che Schmidt faceva fatica a mettere insieme un 5 contro 5 in allenamento. A gennaio, dopo le tre sconfitte consecutive contro Duquesne, Dayton and VCU tutti davano i Bonnies per spacciati, e invece sono arrivate 10 vittorie in 11 partite. Tra queste, quella più importante è stata quella del 20 febbraio contro Dayton (allora numero 15 del ranking) per 79 a 72, la prima vittoria fuori casa contro una top ranked: “Nessun dubbio – ha spiegato Schmidt – quella è stata una vittoria chiave, che ci ha dato la definitiva iniezione di fiducia per pensare di poterle vincere tutte fino alla fine”.

ernadette McGlade (commissioner A 10)

Bernadette McGlade, commissioner dell’Atlantic 10

Ma la scorsa stagione ha sicuramente lasciato l’amaro in bocca a coach Schmidt e a tutta SBU. Nonostante il record positivo, i Bonnies sono rimasti infatti fuori dalla rosa delle 68 squadre che hanno partecipato al torneo Ncaa. Una decisione inspiegabile agli occhi di molti addetti ai lavori, inclusa Bernadette McGlade, commissario della Atlantic 10 che si è detta addirittura “scioccata”, visto che tra le ammesse c’erano anche Dayton e VCU, squadre co-campionesse della regular season dell’A10 assieme a St. Bonaventure.

“Non lasceremo che dieci persone chiuse in una stanza decidano se la nostra stagione sia stata o no un successo”, ha sentenziato Schmidt secondo quanto riportato dalla Associated Press. Ma la decisione era stata presa e i Bonnies si sono dovuti accontentare di una partecipazione al Nit come testa di serie numero 1, una consolazione un po’ magra per tutti e in particolar modo per Marcus Posley e Dion Wright, i due senior che quindi non avranno una seconda chance.

Jaylen Adams (St. Bonaventure)

Jaylen Adams (St. Bonaventure)

Senza di loro, i punti di forza della squadra quest’anno saranno i due junior Jaylen Adams – che questa estate ha tenuto tutti con il fiato sospeso quando sembrava destinato a giocare in Texas – e Idris Taqqee. A loro si aggiungono poi il senior Denzel Gregg, premiato lo scorso anno come miglior sesto uomo dell’Atlantic 10, e Matt Mobley, trasferitosi da Central Connecticut State dopo esser stato uno dei migliori realizzatori nella Northeast Conference con una media di 17.2 punti a partita.

Riuscirà coach Schmidt a trasformare la frustrazione in motivazione per tutti i suoi uomini? Facile prevedere di sì, anche se la squadra si è indebolita e non sarà semplice tornare a lottare per un posto al Torneo. Ma grazie al rinnovo del contratto, l’allenatore potrà già pensare al futuro dei suoi Bonnies, continuando a sviluppare la sua filosofia basata su devozione e spirito vincente.

(di Isabella Agostinelli)

Articoli correlati

Finale Ncaa, la parola ai protagonisti

Dopo una finale così emozionante decisa da un tiro allo scadere è normale che le reazioni dei protagonisti che l’hanno Leggi tutto

Italia-Arcidiacono, c’è ancora da aspettare
Ryan Arcidiacono (Villanova)

Un ragazzo “con il dna del leader”, da prendere “a prescindere dal passaporto” perchè può diventare “un giocatore da medio-alta Leggi tutto

Buddy Hield, il sorriso delle Bahamas

Buddy Hield: la cosa più simile a Stephen Curry su un parquet di college basketball (parafrasando SB Nation). Ecco chi Leggi tutto

Villanova, una questione di tradizione
Novanation

“This is Villanova basketball”: a sentire un’intervista di coach Jay Wright o di qualsiasi giocatore del roster dei Wildcats, ritroverete Leggi tutto

Niente Arizona, Ferguson va all’estero

Terrance Ferguson saluta Arizona e decide di "parcheggiarsi" per un anno in una squadra di professionisti in Australia. "Terrance mi Leggi tutto