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Chi può spodestare Zach Edey? Le pagelle della Week 3

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 27 Nov, 2023

Zach Edey è il National Player of the Year in carica. Tutti si chiedono chi può scalzarlo quest’anno. La risposta potrebbe essere: nessuno. O almeno così sembra dopo questa terza settimana di gare. Ecco le pagelle della Week 3.

 

Zach Edey (Purdue). Se pensavamo che Hunter Dickinson potesse scalzarlo come favorito per il NPOY, il Maui Invitational ci ha fatto ricredere. Zach Edey è in tutto e per tutto inarrestabile. Quello per cui giocare male significa fare 23+10 contro Tennessee sbagliando otto liberi. Quello che ha solo tirato col 50% contro Gonzaga in una partita da 25+14. Quello che si è fermato solo a due stoppate di media nel torneo. Se continua a giocare così, supportato in questo modo dalle guardie, è il candidato numero uno per bissare il titolo di miglior giocatore della D1. E Purdue tra poche ore festeggerà la prima posizione nel ranking.

Colorado State. Trascinati da un sontuoso Isaiah Stevens (20 punti, 7 assist e 6 rimbalzi) i Rams hanno demolito Creighton partendo dalla propria metà campo (48 punti concessi) e interrotto la striscia di ventidue sconfitte consecutive contro avversari di Top 10 che andava avanti dal 1984, lanciando la propria candidatura per una posto in Top 25 questa settimana. C’è voluto il primo tempo per capire che l’upset era possibile, nel secondo poi non si sono guardati più indietro festeggiando la vittoria nell’Hall of Fame Classic. Da inserire nel curriculum un altro successo contro un’avversaria di P6: Boston College, battuta con un’altra grande prova corale.

 

Alijah Martin (FAU). Scegliamo lui come simbolo di una Florida Atlantic che non poteva rispondere in modo migliore all’upset subito da Bryant, ribadendo quanto la sua presenza fra le grandi della D1 sia legittima. Butler, Texas A&M e Virginia Tech tutte rispedite a casa con una L, l’ultima con un -34 sul groppone. La guardia/ala degli Owls si è finalmente scrollata la ruggine di dosso, mettendo a segna prove una meglio dell’altra: 18.3 punti, 5.7 rimbalzi, 2.0 assist di media nelle tre gare in questione. Con lui al meglio, FAU può davvero battere chiunque.

Eric Dixon (Villanova). A proposito di giocatori-simbolo e risposte convincenti, eccoci a parlare di Nova che vince il Battle 4 Atlantis superando Texas Tech, North Carolina e Memphis, prenotando il proprio ritorno in Top 25. Con UNC, l’unica gara combattuta, l’armadio dei Cats ha compiuto il proprio capolavoro personale: 34 punti e 10 rimbalzi con 11/19 al tiro e 9/11 ai liberi. I tempi cambiano, i transfer spadroneggiano ma alla fine i migliori di Villanova – lui e Justin Moore – sono sempre i vecchi maturati con pazienza e costanza negli anni senza cambiare casacca.

 

Tramon Mark (Arkansas). Il gioco a ritmi bassi di Houston gli stava stretto e così il talento del Texas ha scelto lo stile offensivo più “run & gun” di Arkansas. Al momento la scelta sembra azzeccata. Mark è una guardia dotata di grande atletismo, caratteristica che ora riesce a sfruttare al meglio. Il ruolo diverso e la maggior fiducia stanno incidendo anche sulle percentuali nel tiro da tre (40% su 3.6 tentativi) al massimo in carriera. Purtroppo sta andando meno bene alla squadra, reduce da due sconfitte consecutive contro Memphis e North Carolina.

Great Osobor (Utah State). A Montana State non era titolare perché davanti c’era Jubrile Belo, inamovibile. Ma la fiducia c’era e per questo ha seguito coach Danny Sprinkle a USU. Risultato: l’anglo-ispanico con un nome da mago dell’Ottocento sta dominando e, senza il devastante Jaedon LeDee di mezzo, sarebbe in testa per il titolo di miglior lungo della MWC. Non altissimo ma con un fisico da carro armato, più dinamico palla in mano di quanto possiate aspettarvi a prima vista: ha fatto fuoco e fiamme al Cayman Islands Classic contro Marshall, Akron, SFA e, dopo 6 gare, viaggia a quota 20.5 punti, 10.0 rimbalzi, 3.0 assist e 2.3 stoppate di media.

 

Nebraska. 7 in pagella come il numero di vittorie accumulate fin qui, suo miglior inizio di stagione dal 1992. Che sia la fine del lungo purgatorio per Fred Hoiberg e i Cornhuskers? Sembra di sì, anche se le W più significative sono arrivate con Oregon State su neutro e Duquesne in casa. Nebraska però effettivamente gioca bene nelle due metà campo, specie quella offensiva con quattro starter che viaggiano abbondantemente in doppia cifra. C’è una settimana intera per prepararsi a una Creighton in cerca di riscatto: vincere il derby per il secondo anno di fila, con un’avversaria di questo calibro, sarebbe clamoroso.

Bruce Thornton e Roddy Gayle (Ohio State). Gran settimana per i giovani Buckeyes che portano a casa l’Emerald Coast Classic battendo Alabama di 11 punti e surclassando Santa Clara di 30. Contro Bama, due dei quattro sophomore che animano il quintetto hanno fatto la voce grossa: Thornton con 29 punti e Gayle con 23, tutti e due con efficienza realizzativa notevole. Entrambi sono candidati seri a un breakout year con tutti i crismi, ma la notizia migliore per Ohio State è che le cose funzionano anche quando i due non dominano.

 

Memphis. Un 6 pieno, anzi pienissimo, quasi 7. Quasi, appunto. Perché se le vittorie con Michigan e Arkansas sono state abbastanza convincenti, l’epilogo del Battle 4 Atlantis, con un match dominato da Villanova, ha finito per ridimensionare la settimana dei Tigers, apparsi tanto scintillanti nelle prime due gare quanto impotenti nell’ultima (partita virtualmente finita già all’intervallo sul 44-16 per i Wildcats). Le pedine ci sono, il potenziale nelle due metà campo pure: manca ancora un ulteriore test di maturità per capire a quale rango appartenga questa Memphis. Il calendario di dicembre potrebbe dirci molto.

UCLA. Bravi, tosti, più pronti del previsto. Ma alla fine se ne tornano dal Maui Invitational con due sconfitte. Prima Sean Jones di Marquette ha affossato le pretese di upset con il primo canestro dal campo della sua partita a 30 secondi dalla fine, poi Anton Watson ne ha messi 32 nell’ennesima vittoria di Gonzaga sui Bruins. Eppure cose carine se ne sono viste: Sebastian Mack sembra avere le chiavi dell’attacco, Dylan Andrews è ancora discontinuo mentre Adem Bona e Lazar Stefanovic sono le chiavi su ambo i lati del campo. Coach Mick Cronin deve ancora inserire gli euro-star ma c’è tempo e fiducia per una buona stagione.

 

Elmarko Jackson (Kansas). I Jayhawks hanno un problema: dietro i quattro attori principali c’è tanto potenziale ma poca sostanza. Jackson è il quinto titolare al momento, più per assenza di rivali che per meriti propri. Il freshmen non guarda il canestro neanche sotto tortura, una cosa che fa già Dajuan Harris e che Kansas non può permettersi. Doveva essere una guardia capace di assaltare il canestro con fisico e atletismo ma per ora la matricola più in palla sembra Jamari McDowell, il quale potrebbe fregargli il posto.

Zakai Ziegler (Tennessee). 5 punti e 2/17 al tiro in totale nelle gare perse con Purdue e Kansas al Maui Invitational, oltre a 1:1 di assist-turnover ratio non esattamente da floor general affidabile. Numeri, questi, che di solito meriterebbero un 2 in pagella, ma bisogna pure mettere in conto che il povero Ziegler è reduce da un infortunio ai legamenti e si è aggregato alla squadra a tutti gli effetti solo ad ottobre. Un fantasma in campo, insomma. I Vols semplicemente non possono competere con la crème de la crème senza di lui.

 

Le guardie di Syracuse. Poveri ferri dello Stan Sheriff Center di Honolulu: nelle partite di Syracuse sono stati maltrattati dal backcourt degli Orange. Se Charlie Bell Jr. segna con efficienza, non lo fanno Judah Mintz e JJ Starling e viceversa. Nell’esordio contro Tennessee, Mintz e Starling hanno tirato con 4/14 e 4/13 dal campo lasciando solo soletto il figlio d’arte Bell, che poi ha però devastato i ferri contro Gonzaga con un 2/18, al quale ha fatto eco un 6/15 di Starling mentre Mintz ha provato a trascinare i suoi. I numeri sono impietosi e al momento sono il grande limite di una pur intrigante di Cuse.

Oregon. Gli infortuni dei lunghi N’Faly Dante e Nate Bittle – i quali saranno out per un po’ – non aiutano, ma era lecito aspettarsi qualcosa di più dalle partite con Santa Clara e Alabama, perse entrambe per colpa di una difesa che, improvvisamente, ha fatto acqua da tutte le parti (88 punti subiti dalla prima e 99 dalla seconda). Coach Dana Altman prova a vedere il bicchiere mezzo pieno, lodando la prestazione offensiva dei suoi nella seconda gara, ma è anche il primo ad ammettere che senza difesa, rimbalzi e giuste dosi di cattiveria agonistica non si va da nessuna parte.

 

Penn State. Tutto bene finché si gioca in casa contro le low-major, poi si va a fare un torneo di non-con e patatrac: tre sconfitte in Florida, tutte piuttosto nette, contro Texas A&M, Butler e VCU. La difesa non era un marchio di fabbrica sotto Micah Shrewsberry e per ora non lo è nemmeno con Mike Rhoades al comando: 87.7 punti concessi nelle tre gare subendo tantissimo in area e lasciando pure una marea di rimbalzi offensivi a Texas A&M. La stagione è lunga ma sembrano esserci tutte le premesse per un anno di purgatorio.

Kadary Richmond (Seton Hall). Un po’ come l’appena citata Penn State, anche SHU ha fatto la voce grossa con le piccole per poi alzare bandiera bianca con squadre di livello simile al suo, USC e Iowa. Richmond, il veterano tuttofare che dovrebbe fungere da faro, ha fatto disperare i tifosi Pirates sbagliando layup su layup. Leading scorer coi Trojans ma con 18 punti poco efficienti (6/15 dal campo, 6/7 ai liberi) e troppe perse (6 a fronte di 2 soli assist); peggio ancora poi con gli Hawkeyes, autore di 8 punti con 4/15 al tiro.

 

New Mexico State. I due senior Jordan Rawls e Jonathan Kanyanga, entrambi con 4 falli, e poi i due freshman Keylon Dorsey e l’australiano Yaak Yaak. Sono i quattro che, per gli ultimi 30 secondi, hanno terminato la gara persa al supplementare contro Louisville. Tutti gli altri giocatori della squadra, ben sei, sono usciti per falli. Un peccato perché a 1:18 dalla fine dei regolamentari New Mexico State era in vantaggio di 8 punti. Louisville l’ha portata a casa grazie a un 36/49 dalla linea del tiro libero. Il voto basso in effetti non è chiaro a chi spetti di più tra gli Aggies e i Cardinals.

Omaha Biliew (Iowa State). Chissà cosa può fare Coach TJ Otzelberger con un prospetto 5 stelle che fa della difesa il suo mantra. Niente, la risposta è niente. Perché al momento Omaha Biliew contro le avversarie di livello non può stare in campo. Questa è stata la risposta che il campo ci ha dato: all’ESPN Events Invitational la casella dei minuti dice 22 minuti totali in tre partite e 0 (zero) punti. I Cyclones incappano in due sconfitte tirate in tre partite. Forse con un apporto diverso del loro freshman poteva finire in altro modo.

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