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Da Butler a Loyola, le migliori “Cenerentole”

Autore: Paolo Mutarelli
Data: 30 Mar, 2020

Non c’è March Madness che si rispetti senza una Cinderella Story che catalizzi l’attenzione. Quella della Cenerentola, la piccola squadra che batte le corazzate più quotate, è una delle migliori storie che il Torneo possa regalare. Per farvi passare il mal di March Madness causato dalla cancellazione di questa edizione, vi proponiamo le migliori cinque squadre che hanno vestito i panni di Cenerentola nell’ultimo decennio.

 

Butler Bulldogs 2011, 26-10, seed #8, finale contro UConn

La Bulter della finale del 2010 era uno squadrone. Gordon Hayward fenomenale, imbattuti nella Horizon League, solo quattro sconfitte in stagione e a un giro fortunato sul ferro dall’essere campioni. Ripetersi è la vera storia. Senza il suo leader andato in Nba, Brad Stevens elegge a go-to-guy Shelvin Mack. Quattro sconfitte nelle prime otto partite di stagione, due settimane nel ranking e poi via, una lotta feroce con Milwaukee e Cleveland State per la lotta al titolo dell’Horizon, finita con un trio in ex-aequo. 

Butler Bulldogs

Arriva marzo e la squadra di Stevens va di nuovo in uno stato di trance. Vince il torneo di conference e da #8 tira giù in sequenza la #1 Pittsburgh di Brad Wanamaker negli ultimi secondi, Wisconsin alle Sweet Sixteen e la Florida di Chandler Parsons all’overtime. Alle Final Four batte da favorita una VCU sorprendente ma cede ancora all’ultimo ballo: l’implacabile ira di Kemba Walker si abbatte sui Bulldogs. Fun fact: Stevens, Hayward, Wanamaker e Walker ora sono tutti insieme ai Boston Celtics.

 

VCU Rams 2011, 28-12, seed #11, semifinale contro Butler 

La sfida tra VCU e Butler in quella Final Four è lo scontro tra i muscoli dell’Havoc di coach Shaka Smart dei Rams e il cervello della Motion System di Stevens. Vince Stevens e, con il senno del poi, il vero enfant prodige degli allenatori americani si è rivelato esser lui.

La stagione di VCU non è nulla di eccezionale: quarta nella Colonial, finale di conference persa, vive e muore con l’efficacia del suo sistema iper aggressivo, fatto di difesa allungata, raddoppi mortali dentro l’area avversaria. Sulla panchina dei Rams c’erano Will Wade, attuale coach di Lsu, e Mike Rhoades, attuale head coach proprio di VCU.

Vcu Rams

Da sinistra, Will Wade, Mike Rhoades e Shaka Smart

La squadra si basa sul duo di senior formato da Joey Rodriguez e Jamie Skeen e su Brandon Burgess. Cinque sconfitte nelle ultime otto prima del torneo e, per questo, si parte dalle First Four. In rapida sequenza schiantano Usc, Georgetown e la #3 Purdue, forzando una miriade di palle perse, tenendo una percentuale irreale da tre (42%) e perdendo pochissimi palloni (6 a partita).

Le Sweet 16 sono epiche: all’overtime contro un’altra aspirante Cenerentola come Florida State, seed #10. Ma il vero capolavoro è contro la Kansas dei gemelli Morris, candidata numero uno alla vittoria: 50% da tre, annullato tutto il supporting cast dei Jayhawks.

 

Wichita State 2013, 30-9, seed #9, semifinale contro Louisville

Il guizzo splendente di un programma solido e vincente. Wichita State nel 2013 consegue il traguardo più alto della sua storia e pone le basi per una stagione clamorosa come quella dell’anno successivo, dove andranno alla March Madness da imbattuti. Gli Schokers hanno tutti i crismi della Cenerentola: mid-major ambiziosa, grande coach e un roster esperto con qualche giocatore di culto.

La loro stagione è solida ma non ha picchi eccezionali. Perdono contro Tennessee, si giocano la Missouri Valley Conference con la Creighton di Doug McDermott, battendola in casa. Finiscono secondi dietro ai Blue Jays e perdono anche la fine del torneo contro McDermott & Co.

Malcolm Armstead e Carl Hall sono i leader esperti della squadre, mentre Tekele Cotton è il glue guy. Dalla panchina escono due freshman interessanti che si chiamano Fred VanVleet e Ron Baker e il prospetto Nba Cleanthony Early, che fa da sesto uomo. L’esplosione al torneo passerà per l’esplosione di questi tre giocatori.

Pittsburgh al primo turno viene regolata facilmente, al secondo turno si sbarazzano con una grande prova corale dei tre moschettieri della panchina della #1 Gonzaga, al tempo di Kelly Olynyk e Kevin Pangos. Battono anche l’altra aspirante cenerentola LaSalle e poi giocano una partita perfetta, alle Elite Eight, contro l’Ohio State di DeShaun Thomas, dove giocava anche il nostro Amedeo Della Valle. Perdono di 4 in semifinale contro la poi campionessa Louisville, subendo uno straordinario Luke Hancock, 19 punti e MOP delle finali.

 

Dayton Flyers 2014, 26-11, seed #11, Elite 8 contro Florida 

Nel marzo 2014, il coach di casa Miller era Sean, allenatore di Arizona, che aveva appena conquistato il seed #1 al torneo. C’era un altro coach in famiglia, Archie, capo allenatore di Dayton da tre anni, dopo esser stato assistente del fratello a Xavier e Arizona. Che la Dayton del 2014 potesse fare grandi cose, si era intuito alle Hawaii, quando arriva terzi al Maui Invitational, battendo Gonzaga, California e cedendo all’ultimo possesso contro Baylor.

Dayton Flyers - Dyshawn Pierre

In quella Dayton, c’era anche un giovane Dyshawn Pierre, giocatore della Dinamo Sassari

Poi diverse difficoltà in Atlantic 10, complici infortuni dei giocatori più forti, Matt Kavanaugh e Vee Sanford. Gli infortuni fanno trovare diverse soluzioni alternative a coach Miller, come la guardia al primo anno Scoochie Smith. Finiscono sesti in Atlantic 10 e ai quarti al torneo di conference, ma entrano comunque alla March Madness.

Alla March Madness si trasformano in Cenerentola e distruggono le speranze di diversi senior: al primo turno, Aaron Craft e la sua Ohio State, poi la Syracuse di CJ Fair e Jerami Grant, poi la Stanford di Dwight Powell. Si fermano alle porte della Final Four contro una fortissima Florida, capace di perdere solo contro la Connecticut campione. Ma questa è un’altra storia.

 

Loyola Chicago 2018, 32-6, seed #11, semifinale contro Michigan

L’ultima Cenerentola che abbiamo ancora scolpita nella mente. La Loyola-Chicago che sorprese tutti due anni fa è materiale da film. Una stagione giocata alla grandissima fin dal principio: uno scalpo d’eccezione in trasferta contro Florida, allora #5 della nazione, una regular season in Missouri Valley Conference giocata in grandissimo stile (15-3) e un torneo di conference (chiamato Arch Madness) vinto in scioltezza. All’alba della March Madness, vi abbiamo presentato la loro storia e la famigerata Sister Jean, ora centenaria.

Come detto, la storia dei Ramblers è materiale da film per ben due motivi: tanti eroi diversi e finali mozzafiato ad ogni singola partita. Il loro regional, il South, entra nella storia durante la prima giornata: UMBC batte Virginia ed è la prima volta che una #16 batte una #1. Per questo motivo passa quasi in sordina il buzzer di Donte Ingram contro i Miami Hurricanes.

 

Secondo turno e iniziamo a vedere in Loyola le stigmate da predestinata: super partita contro la #3 Tennessee e canestro vincente a 3.6 secondi dalla fine di Clayton Cluster. Alle Sweet Sixteen, il seed più alto è il #5 di Kentucky che perde presto contro Kansas State. I Ramblers invece, se la vedono contro #7 Nevada e il finale, forse, l’avete intuito già.

 

Contro Kansas State, niente finali palpitanti. I Ramblers annichiliscono senza pietà i Wildcats grazie alla prova di Ben Richardson e volano alle Final Four, un buon modo per festeggiare il ritorno al torneo dopo 33 anni. In semifinale, per lunghi tratti se la giocano alla pari contro la Michigan di Mortiz Wagner. L’eroe di giornata sarebbe Cameron Kurtwig, ma a dieci minuti dalla fine la luce di Loyola si spegne e i Wolverines volano in finale. Di Texas Western ce n’è solo una, ma Loyola ci è andata vicino.

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