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Hunter, il miglior difensore del draft

Autore: Giulio Scopacasa
Data: 28 Feb, 2019

Nonostante sia schietto, tranquillo e a volte un po’ con la testa fra le nuvole fuori dal campo, De’Andre Hunter acquisisce sicurezza sul parquet partita dopo partita e non sembra voler indietreggiare di un centimetro quando si tratta di lottare per la vittoria. Con quel fisico già sviluppato e pronto per il professionismo (204 cm, 100 kg e 218cm di wingspan), l’ala dei Cavaliers sta giocando una seconda stagione all’altezza delle aspettative. Dopo l’anno da redshirt freshman, in cui Virginia ha chiuso con una brutta prestazione al primo turno del torneo, in questa stagione la squadra di Tony Bennett si ripresenterà alla Big Dance più motivata che mai e finalmente con Hunter (perso la scorsa stagione a causa di una mano rotta).

De'Andre Hunter (Virginia)

Secondo Espn, De’Andre Hunter si posiziona al numero 9 nella lista dei migliori giocatori del prossimo draft. Nonostante fosse girata voce di una possibile partenza per la NBA la scorsa stagione, il ragazzo ha preferito rimanere alla corte di coach Bennett. Non sentendosi pronto, ha preferito migliorare ancora una stagione, spinto dall’ambizione di arrivare pronto nella NBA.

Il numero 12 degli ‘Hoos è riconosciuto da tutti come uno dei migliori difensori della conference, se non dell’intera NCAA. La sua versatilità gli permette di non soffrire né in post contro gli attaccanti a centro area, né sul perimetro in caso di cambi difensivi sulle guardie. Grazie alla wingspan riesce quasi sempre a disturbare gli avversari, mentre la parte superiore del corpo assorbe i contatti quando necessario. In un recente articolo per The Athletic un anonimo allenatore NCAA ha detto di lui: “Qual è la sua posizione? Il 3 o il 4? Se giocherà in una squadra che crede nella difesa, giocherà tanto. La sua capacità di marcare potrebbe essere messa in ombra dall’attacco. La domanda è: quanto vale la sua difesa?”

Il paradosso è che anche se è già a un ottimo livello, grazie al suo atletismo De’Andre Hunter può soltanto migliorare difensivamente. Per quanto riguarda la panoramica sul suo attacco, la situazione è un po’ diversa. Resta un giocatore pericoloso in diverse situazioni, ma non sempre creativo e in grado di creare per i compagni. Nelle situazioni di spot-up o catch and shoot è letale, mentre prima di arrivare in NBA dovrà migliorare il ball-handling.

15.2 punti, 5.4 rimbalzi e 2.0 assist di media per partita sono la produzione di questa stagione. È un tiratore efficiente (47.4% da tre punti nel 2018-19), nonostante la meccanica possa essere resa ancora più fluida. Quando va dritto-per-dritto al ferro riesce a segnare di puro atletismo, mentre dal midrange prende buone decisioni e spesso si sente in fiducia dal post. Si tratta di uno scorer che sa segnare in tutti i modi, ma al limite del non eccellere in nessuno di questi. In generale, Hunter è un giocatore che dovrà lavorare su tutto il suo gioco offensivo, così da non diminuire l’impatto che ha ora in questa metà campo a causa di un aumento del volume di gioco.

Avvicinandoci al momento in cui Adam Silver chiamerà sul palco il ragazzo cresciuto a Philadelphia, i paragoni delle diverse testate americane si sprecano. Si spazia da giocatori come Rondae Hollis-Jefferson, per le similitudini sulla capacità di stare in area, fino ad ali versatili come Rudy Gay, in grado di influenzare il gioco sui due lati del campo. NBA Draft Room lo posiziona oggi alla scelta numero 10, mentre NBADraft.net leggermente più in basso, alla 16.

Sempre nell’articolo di The Athletic un altro allenatore si è espresso così su Hunter: “Fenomenale, se fossi in lotteria lo vorrei sicuramente. Se cerchi un role player che sa difendere e fare tutte le piccole cose che servono, prendi lui. Si presenta ogni giorno, e lavora duro sempre, senza egocentrismi. Ha gioco dal midrange, stazza e forza. Può marcare potenzialmente chiunque. Continua a migliorare, mi piace. Mi piace davvero quel ragazzo”. La March Madness dirà quanto piacerà davvero alla NBA.

 

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