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Eugene Omoruyi, l’androide di Oregon

Eugene Omoruyi Oregon Seton Hall

“È un misto tra Dillon Brooks, Olu Ashaolu e Draymond Green”, dice uno. Un altro scomoda altri fenomeni: “Somiglia a Magic Johnson con qualcosa di Arsalan Kazemi e Tajuan Porter”. A sentire tutti questi paragoni, verrebbe da pensare a un androide creato in laboratorio o a un supereroe della Marvel. E chissà che non lo sia, perché in effetti Eugene Omoruyi si è presentato ad Oregon in vesti rinnovate rispetto al passato (gli manca giusto il mantello) e i beat writer locali sono impazziti immediatamente per lui.

L’ex Rutgers (18.1 punti, 4.6 rimbalzi, 2.1 assist fin qui) è fra i giocatori maggiormente in crescita di questo inizio di stagione, può concorrere al premio di POY della Pac-12 ed è perfetto per lo stile di Dana Altman. Ha iniziato l’anno con l’etichetta di prospetto da Europa, ma sta facendo cambiare idea a molti. Al punto da vederlo spuntare fra i 30 del nostro Super Mock Draft? Beh, l’età non è troppo dalla sua (parliamo di un redshirt senior) ma l’arsenale è proprio di quelli che fanno gola.

Iron Man in attacco

La carriera al college di Eugene Omoruyi è all’insegna della scalata sociale. Se Tony Stark era già sulla vetta, Omoruyi se l’è conquistata con la forza: ha chiuso il primo anno con il posto in quintetto ed è stato la stella degli Scarlet Knights quando non erano ancora una squadra competitiva. Si è trasferito ad Oregon per fare il salto di qualità e c’è riuscito completamente in queste prime partite dove, peraltro, è mancato un certo Will Richardson.

Un suo breakout year non godeva di buone quotate, però le prime due partite contro Missouri e Seton Hall hanno fatto rumore. Un autentico dominio tra il post basso e l’arco dei tre punti: 16/26 da due, 4/10 da tre per 53 punti in due partite. 198 cm di muscoli da Bronzo di Riace che gli permettono di giocare spalle a canestro con la forza di un centro ma con la rapidità di gambe di un esterno vero. Una danza fatta di finte da boxer, contorsioni elastiche e tiri in allontanamento per segnare, ma anche di jab step e partenze dal palleggio. In transizione, accende i propulsori e diventa inarrestabile.

Video di Mike Simonetta

 

Omoruyi è stato un elastico continuo nelle prime quattro partite. Si posizionava in post e chiedeva palla per manovrare il gioco, leggere i raddoppi e sfidare i lunghi. Se il gioco si sviluppava su altre direttrici, lui lentamente scivolava in angolo per farsi trovare pronto per una tripla (37% su 3.9 tentativi a partita) o attaccare i tabelloni. Nelle ultime gare, invece, quando i compagni hanno iniziato a ingranare, ha mostrato altre pieghe del gioco: lavoro sporco, giocate in transizione, letture veloci e maggiore controllo. 

 

Doctor Strange in difesa

Payton Pritchard l’aveva detto: Eugene Omoruyi sarebbe stato il nuovo leader di questa Oregon. Perlomeno nella propria metà campo. Nella difesa press a tutto campo di coach Altman, intelligenza e mobilità sono gli ingredienti che Omoruyi usa per leggere e intervenire sulle mosse degli avversari. Blocca le loro intenzioni con la stessa sapienza con cui Doctor Strange usa i propri poteri manipolatori. È un maestro degli sfondamenti sin dai tempi di Rutgers, può mettere pressione e infastidire le linee di passaggio, mentre a difesa schierata può cambiare facilmente sul piccolo.

 

Con lui in campo, la difesa è tutta un’altra cosa. Stando a Hoop-Explorer, il Def. Rating dei Ducks passa da 83.1 quando Omoruyi è sul parquet a 102.3 quando è fuori. Un balzo incredibile che è il prodotto delle tante sfumature che compongono l’apporto difensivo del canadese. Nella match-up dei Ducks, è uno dei due laterali della 2-3 di partenza e diventa pericoloso nel momento in cui la difesa muta a uomo. La verticalità ne fa un rim protector aggiunto, ma allo stesso tempo deve mantenere l’equilibrio nel caso in cui gli avversari optino per un ribaltamento. Insomma, coach Altman fa parecchio affidamento su di lui. 

Fase 4 in lavorazione

Il suo fisico devastante e versatile ne fa un’ala perfetta per il gioco dei Ducks, eppure ci sono ancora dei margini di miglioramento da esplorare. Contro Washington, coach Altman l’ha utilizzato nel cuore della zona avversaria, perdendo tutto il suo apporto. È andato a sbattere ripetutamente contro il centro sotto canestro, senza usare quella forza travolgente che ha. Anche contro Seton Hall si era incaponito spesso nel trovare la soluzione personale, partendo dal post.

Rispetto agli anni di Rutgers, è decisamente migliorato nel tiro da tre, sia per meccanica che per fiducia, ma è ancora ondivago: dopo il 4/10 iniziale, ha messo insieme un 2/10 nelle tre partite successive e infine un 4/7 nelle ultime due. L’infortunio al crociato del centro titolare N’Faly Dante, col quale Omoruyi aveva sviluppato una buona intesa, potrebbe sbloccare un quintetto small con Hardy e Duarte in cabina di regia e Williams, Figueroa, Omoruyi distribuiti nei reparti ali e lunghi. Cambi ossessivi, atletismo e palle rubate per scatenarsi in transizione.

Oregon è appena rientrata nella Top 25 e, quando tornerà Will Richardson. avrà le carte in regola per scalarla. Non c’è ancora un chiaro padrone della Pac-12, bensì un gruppetto di squadre con punti di forza evidenti e altrettante debolezze. Potrebbe, quindi, ripetersi lo scenario dello scorso anno, con una conference decisa all’ultimo e vinta proprio dai Ducks. Per riuscirci, bisognerà affidarsi a Eugene Omoruyi e al suo mashup in salsa Avengers. Lui di scalate se ne intende.

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