Virginia è ancora imbattuta dopo le prime sei gare della stagione e ha portato a casa l’HOF Tip-Off di quest’anno. Ecco gli spunti più interessanti che sono giunti dal torneo andato in scena alla Mohegan Sun.
Diakite sempre più star
Virginia in questo momento non è per niente una “thing of beauty” (con tutto il rispetto, signor Rothstein) però è pur sempre una squadra imbattuta che subisce 0.79 punti per possesso, che ha impianto di gioco e uomini adatti per risolvere i momenti di crisi.
Kihei Clark non ha brillato stavolta (2/10 al tiro e 4 perse) ma è lecito pensare che la finale con Arizona State, vinta per 48-45, sia stata giusto una parentesi infelice, perché il ragazzo spicca per personalità e abilità nelle letture.
Chi invece ha risposto “presente” è Mamadi Diakite (15 punti, 3 rimbalzi, 2 stoppate). Il suo 5/13 al tiro non è un granché di per sé, ma la cosa di gran lunga più importante sta nella serie di giocate clutch, in attacco e in difesa, che hanno svoltato la gara in favore di UVA nel finale. Suo l’assist a Morsell per il +3 a un minuto dalla fine e sua anche la stoppatona su Edwards nell’azione seguente. Da notare inoltre come abbia inaugurato la sua gara con due triple: ora è a 6/11 in 5 partite, non malissimo per uno che aveva il 28.6% in carriera (8/28 in totale). Esperienza a palate, QI alto e un repertorio in espansione: cosa volere di più?
Aspettando Wolde c’è Morsell che suona la carica
Diakite e Clark sono punti di riferimento, non ci piove, però questa squadra ha bisogno di altra gente che faccia un passo avanti. Jay Huff, zitto zitto, si sta rivelando sempre più solido come lungo in uscita dalla panchina e riesce ad avere impatto in entrambe le metà campo.
Virginia ha bisogno soprattutto di gente che dia soluzioni a un attacco che, al momento, sembra pericolosamente propenso a incepparsi. Le risposte qui devono arrivare in primis dai volti nuovi. Tomas Woldetensae aveva fatto piuttosto bene con UMass (9 punti con 3/7 dal campo in 32 minuti) ma deve ancora trovare la partita della svolta e sbloccarsi dall’arco, la sua specialità (soltanto 2/15 in cinque gare).
Casey Morsell invece si è sbloccato, eccome! Il freshman aveva avuto un inizio di stagione a dir poco titubante con 2,4 punti a partita e 5/36 al tiro, ma contro Arizona State è esploso in una prova da 19 punti con 7/12 al tiro e 4/4 ai liberi, con tanto di canestro decisivo nel finale. Le sue capacità dal palleggio possono essere ossigeno puro.
Arizona State, la solita mina vagante
C’è vita nella Pac-12 e questo assunto non passa solo dai nomi di punta. Arizona State ha spolverato un bel po’ di pepe sulla finale del HOF Tip-Off grazie a un impronosticabile 19-0 a cavallo fra i due tempi, il genere di cosa che praticamente nessuno riesce a fare contro Virginia. Non è bastato per vincere ma resta notevole il fatto che i Sun Devils siano riusciti a competere con la #7 del ranking AP imponendo spesso ritmi alti e finendo per segnare la bellezza di 22 punti in contropiede (altra cosa che gli ‘Hoos non concedono mai).
ASU ha poca esperienza (un solo senior, Rob Edwards, in rotazione) e non molte punte di talento individuale (Remy Martin spicca facilmente, House e Graham sono probabilmente troppo acerbi per chieder loro continuità), eppure anche quest’anno – come negli scorsi due – sembra poter dare parecchio fastidio a gente più attrezzata. Centrare la terza partecipazione consecutiva al Torneo NCAA non appare una missione impossibile, nonostante tutto.
St. John’s, la voglia c’è
Brutta sul piano del gioco e debole su quello mentale contro ASU, St. John’s è riuscita a riscattarsi nella finalina con UMass. Contrariamente a quanto suggerito dal risultato finale (78-63), non è stata una passeggiata. I Red Storm hanno faticato per gran parte del match, con prove incolori dei suoi due giocatori di punta, Mustapha Heron (6 punti e 3 perse in 16 minuti) e LJ Figueroa (7 punti con 3/9 dal campo in 19 minuti).
Una squadra confusionaria ma che stavolta ha dato segnali incoraggianti dal punto di vista emotivo, ringraziando il contributo di Josh Roberts in entrambe le metà campo (16 punti, 8 rimbalzi) e i canestri arrivati dalla panchina (33 di cui 17 firmati da David Caraher).
In piena ricostruzione, St. John’s sembra proprio la meno equipaggiata per affrontare le intemperie di una Big East che si annuncia incredibilmente equilibrata. Questa vittoria le consente però di coltivare una speranza: non diventare il sacco da boxe della conference.
Vermont, qualcosa da sistemare
Nelle partite d’antipasto al torneo, Vermont aveva battuto St. John’s in trasferta e fatto bella figura in casa di Virginia. Insomma, sembrava davvero fuori posto nella metà “minore” del HOF Tip-Off. La finale dello Springfield bracket le ha però riservato una brutta sorpresa: la sconfitta per 72-67 contro Rider (squadra tignosissima, da tenere d’occhio nella MAAC).
Il +12 di fine primo tempo ha evidentemente infuso un eccessivo senso di sicurezza, visto che i Catamounts sono stati poi travolti da un clamoroso 22-2 nei primi 8 minuti e mezzo della ripresa. Onore ai Broncos per aver messo su una difesa ordinata e aver creato buoni tiri, ma i demeriti di Vermont sono almeno altrettanto pesanti: è sembrata a corto d’idee in quanto a letture offensive, esitante nel compiere le proprie scelte e passiva sul piano mentale. Insomma, troppo in difficoltà perché Anthony Lamb pagasse la cauzione per tutti (14 punti con un pessimo 4/19 dal campo).
Coach John Becker potrà però guardare il bicchiere mezzo pieno, una volta digerito lo smacco: per “timing” e per modalità, questa sembra proprio la classica sconfitta salutare, una di quelle che serbano lezioni importanti per il proseguimento della stagione.