Will Wade sulla panchina di LSU e Chris Beard su quella di Texas Tech: due allenatori che sbuffano fumo dalle orecchie durante le partite. La loro carica emotiva, così ben trasmessa ai loro giocatori, è fra gli ingredienti principali dei successi delle rispettive squadre. Il carattere – declinato in modi diversi – di Tigers e Red Raiders è ciò che unisce le loro vittorie conquistate ieri, oltre all’aver creato ancor più suspense ed eccitazione per le corse al titolo di regular season nella SEC e nella Big 12.
LSU: loro ne hanno cinque, noi sei
Tennessee torna a casa dalla Louisiana con un 82-80 sul groppone arrivato dopo un OT e 39 minuti quasi ininterrotti di vantaggio (+9 a 6:46 dalla fine). La vittoria di LSU, unita a quella schiacciante di Kentucky (80-53 contro Auburn), rende apertissimi i giochi per la conquista del titolo di regular season nella SEC: proprio LSU, Tennessee e UK si dividono la vetta (record 12-2) con quattro match ancora da giocare.
Sarà il non plus ultra dei luoghi comuni, ma lo diciamo senza esitare: per vincere ci vuole cuore. Provate a dire il contrario davanti a un successo come quello di LSU contro Tennessee, strappato con le unghie e con i denti al termine del sesto supplementare della stagione (quattro vinti), nonostante la giornata storta di Naz Reid (0/9 dal campo, un primo tempo condizionato dai falli) e l’assenza di Tremont Waters.
Il talento creativo e l’effetto-calamita di Waters sulle difese avversarie sono mancati visibilmente all’attacco di LSU, specie in un primo tempo caratterizzato da tante, troppe triple tentate per le abitudini dei Tigers (4/16 all’intervallo, 8/25 a fine gara). La manovra offensiva, per quanto accorta, non è stata delle più fluide ma la squadra è riuscita a rimanere compatta, sempre in scia nel punteggio e, nella ripresa, a punire in maniera puntuale gli errori sempre più frequenti dei Vols.
Tanto merito va a Javonte Smart, che si è dannato l’anima pur di fare quel passo avanti richiesto dalle contingenze. La sua carica agonistica è stata una costante fondamentale e i suoi 29 punti – di cui 11 filati a fine ripresa – hanno pesato come macigni, specie gli ultimi due segnati, ovvero i liberi del +2 a 0.6 secondi dalla fine di un overtime concitatissimo.
Una cosa l’abbiamo imparata: se Waters è il cuore tecnico della squadra, non è però necessariamente quello emotivo. O almeno, non è l’unico. «Sento di essere parte di qualcosa di speciale e che quest’annata sta cominciando a prendere le sembianze di un punto di svolta per il programma», ha commentato Skylar Mays (anche lui imprescindibile coi suoi 23 punti), uno che ne ha già viste tante in questi suoi tre anni a Baton Rouge, compresa la cosa peggiore possibile: la scomparsa di Wayde Sims lo scorso settembre. Una morte immensamente ingiusta come solo può essere quella di un ragazzo di 18 anni. Il suo ricordo è ciò che ha fatto di LSU una famiglia, ciò che ha avvicinato i suoi membri come persone prima ancora che come giocatori. “They have five, but we have six” è il motto di tutti, squadra e pubblico, al Pete Maravich Center. Difficile non crederci.
Texas Tech, un bulldozer nella Big 12
25 punti di scarto all’intervallo, 16/26 dall’arco, 30 rimbalzi contro 23 degli avversari, 8 palle perse contro 13: questi i numeri che balzano all’occhio nella vittoria travolgente (91-62) di Texas Tech contro Kansas. Un risultato che accresce l’incertezza e l’eccitazione per la volata finale di regular season nella Big 12: K-State in testa (11-3), Texas Tech a rincorrere (10-4), Kansas e Baylor appena dietro (9-5) con quattro match ancora da disputare.
28, 25, 29: questi gli scarti inflitti dai Red Raiders ai loro avversari nelle ultime tre partite. La squadra di Lubbock non ha avuto una serata in attacco come quella di ieri, nemmeno contro certe squadre-materasso della non-conference season. Il 148.1 di Offensive Rating non è solo il miglior dato registrato dai texani in questa stagione ma anche il più alto che Bill Self abbia mai dovuto subire nella sua lunga carriera come coach di Kansas: «Sono stati fantastici. Avrebbero potuto battere chiunque stasera», ha detto a fine partita.
Fortuna? Debolezze degli avversari? Di sicuro la sorte gioca spesso un ruolo: certi incastri negli accoppiamenti e qualche astro che si allinea servono sempre. È anche vero però che la squadra di Chris Beard, da un mese a questa parte, ha cominciato a segnalarsi come in crescita nella metà campo offensiva.
Tiri aperti in quantità e cercati sempre con la pazienza necessaria, con tanta attività lontano dalla palla e pochi errori commessi: la bontà dei numeri individuali dei vari interpreti nasce da questo, che si tratti di un Jarrett Culver on fire (26 punti) o dei modi molteplici in cui Matt Mooney (13 punti, 6 assist) e Davide Moretti (11 punti, 5 assist) si sono messi al servizio del collettivo. Senza dimenticare Norense Odiase, una furia assoluta sotto entrambi i tabelloni (13 rimbalzi), un ragazzo che immaginiamo stia spremendo ogni parte di sé per continuare a fare il suo in campo nonostante il lutto che si porta dietro, dopo aver perso due cugini in un incidente stradale poco più di una settimana fa.
Texas Tech, insomma, non si accontenta di essere granitica in difesa (è a tutt’oggi prima in D1 per Defensive Rating) ma fa di tutto per spingere un po’ più in là i propri limiti, giorno dopo giorno. Prima di qualsiasi altra cosa, sono stati fiumi di perseveranza e di lavoro indefesso a riversarsi sui poveri Jayhawks.