Da un LJ Cryer irreale a una Illinois che tocca il fondo: ecco le pagelle della Week 16.
LJ Cryer (Houston). Contro la difesa arcigna di Iowa State ha giocato una partita irreale. Davvero, andate a riguardarvela. Il tabellino dice 28 punti con 6/10 da due e 5/7 da tre. Sembrano ottime statistiche no? Ecco, immaginate che questi canestri siano arrivati praticamente tutti nei secondi finali dell’azione, contestati, tirati fuori equilibrio o in svitamento. Uno show degno dei racconti dei campetti di New York. Se Cryer giocasse sempre così, Houston sarebbe da finale alla March Madness.
St. John’s. Manca poco, pochissimo. Non vince il titolo di regular season nella Big East dal lontano 1992 e l’ultimo successo nel torneo di conference è arrivato 25 anni fa. Ma Rick Pitino, casomai qualcuno avesse dubbi, ha fatto la magia e i Johnnies hanno la possibilità di fare doppietta. Le vittorie di autorità su DePaul (vabbè) e UConn in settimana sono gli ennesimi esempi di una squadra che difensivamente può stritolare chiunque e che diventa ingiocabile quando ci prende dalla distanza, pur rimanendo una formazione che – caso più unico che raro oggigiorno – non ha bisogno di campare sulla linea da tre per imporsi.
Saint Mary’s. Era dal 2016 che i Gaels non facevano lo sweep a Gonzaga e lo fanno nel 2025 prendendosi per il terzo anno di fila la corona della WCC, cosa mai successa prima. Prova di forza per una delle squadre meno chiacchierate della stagione ma che funziona come un orologio svizzero. Il protagonista inatteso è stato il freshmen Mikey Lewis che, dalla panchina, ha messo cinque triple a suggellare la gran prova di SMC, che stavolta ha visto il suo duo lituano un po’ più in ombra rispetto al solito, anche causa falli. Enorme lo sforzo del reperto esterni nel limitare i vari Battle e Ayayi, lasciando l’onere dell’attacco dei Bulldogs agli scorer meno dotati come Nembhard e Hickman.
Jase Richardson (Michigan State). Quella contro i rivali di Michigan è stata la partita della consacrazione per il figlio di Jason, per anni in NBA e vincitore di due slam dunk contest. Tom Izzo da qualche partita ha promosso il suo freshman in quintetto e il ragazzo ha ripagato il suo coach con la migliore prestazione stagionale in casa dei Wolverines: 21 punti e 6 rimbalzi, ma soprattutto canestri pesanti e la palla in mano nei possessi finali. Una bella rivelazione.
Max Shulga (VCU). GMU aveva l’occasione di mettere le mani sul titolo dell’Atlantic 10 ma VCU ha detto “aspetta un attimo” e ora le due squadre si trovano appaiate in vetta. Nel 70-54 in cui si è risolto questo big match c’è ovviamente tanto della difesa asfissiante che i Rams sanno mettere in campo, ma il tutto sarebbe stato forse vano senza le capacità di scorer di Shulga, miglior marcatore di giornata con 22 punti belli puliti, punendo dall’arco come ben sa fare lui e senza un solo errore nei molti viaggi in lunetta.
Yale. In tutta la Division I c’è una sola squadra imbattuta in gare di conference ed è quella guidata da coach James Jones. Per carità, la Ivy League quest’anno non è proprio irresistibile e il crollo di Princeton (4-5 nell’ultimo mese) di certo ha aiutato parecchio, ma la continuità di risultati in casa Bulldogs è davvero degna di nota. L’addio della stella Danny Wolf non sembra averla scalfita quest’anno e può essere di nuovo da allarme-upset al primo turno del Torneo se la sua temibile batteria di cecchini sarà in giornata.
Barry Dunning (South Alabama). Il non ambitissimo premio “Losing Effort” non glielo toglie nessuno. Sabato scorso l’ex panchinaro di Arkansas e UAB aveva trascinato i Jaguars a una vittoria all’overtime su Texas State mettendo a referto il primo trentello in carriera (34 dei 70 punti segnati dai suoi). Passa una settimana esatta, ecco di nuovo Texas State ed ecco di nuovo un OT: stavolta i punti sono 46 (esattamente metà di quelli della squadra) ma la vittoria sfugge per un solo punticino, per giunta con un buzzer beater.
Robert Morris. Gli ci è voluto un po’, ma coach Andrew Toole si sta prendendo finalmente una bella rivincita. Il salto dalla NEC alla Horizon League si era rivelato più impervio del previsto e, dopo quattro annate d’inferno (record 38-78), si è presentato alla stagione 2024-25 con un nuovo team di assistenti e diversi arrivi da transfer portal e junior college che, uniti all’esplosione del sophomore spagnolo Alvaro Folgueiras, si stanno rivelando scelte azzeccatissime. Ora guida la conference con una gara di regular season rimasta da giocare.
Drake. La sconfitta casalinga con Bradley poteva costare caro, ma i Bulldogs hanno fatto il proprio dovere in settimana superando due squadre da prendere con le molle come UIC e Northern Iowa. Nella Missouri Valley è già sicura di vincere almeno il titolo di stagione regolare a pari merito con Bradley, ma le basta una sola W nelle prossime due gare per tenersi il titolo tutto per sé. Niente male per una squadra di Division II…
Jhamir Brickus (Villanova). Specchio piuttosto fedele della solita settimana da 6 vissuta da Nova: anonimo nella sconfitta (preventivabile) sul campo di UConn, ma poi co-protagonista un po’ a sorpresa nella vittoria affatto scontata contro Marquette. Non segnava in doppia cifra da quasi un mese, ma le sue qualità di cecchino hanno finito per fare la differenza (5/8 da tre coi Golden Eagles, tira col 47.2% dall’arco in stagione) tanto quanto il solito ventello di Eric Dixon.
Joshua Jefferson (Iowa State). Più che un’insufficienza vera, è un 6 meno meno per il lungo di ISU che nel big match gioca la sua solita grande partita da all-around (8 assist, 7 rubate, 4 rimbalzi, 2 rubate) ma stecca l’appuntamento col canestro (1/9 al tiro). É stata una sfida a chi si difendeva meglio tra lui e J’Wan Roberts, solo che Houston ha avuto dalla sua la gran serata di Cryer e Uzan mentre Iowa State contava sui canestri dell’ex Saint Mary’s per provare ad espugnare il Ferttita Center.
Braden Smith (Purdue). Neanche il tempo di incensarlo che la stagione di Purdue è andata a sud in un attimo. Quattro sconfitte consecutive, tre negli scontri diretti contro le due del Michigan e Wisconsin prima del capitombolo in trasferta nel derby contro un’Indiana praticamente senza coach. A cadere contro gli Hoosiers proprio il leader Smith: 8 miseri punti e 6 perse. Anthony Leal, messo sulle sue tracce, ha reso quasi impossibile la partita al miglior play della nazione che non ha trovato mai modo di separarsi dalla guardia di due metri. Meglio ad inizio settimana contro Michigan State, ma anche lì aveva perso 6 palloni. Sembra aver finito la benzina.
Tramon Mark (Texas). Una bella incompiuta. È dai tempi di Houston che la guardia mancina alterna ottime prestazioni a gare in cui non lo vorreste nemmeno a portare le borracce. Stesso copione a Texas, squadra bipolare se ce n’è una. I Longhorns sono riusciti nell’impresa di regalare la prima vittoria stagionale in SEC a South Carolina. Per Mark 7 punti con 1/4 da due e 1/5 da tre. Prima dell’ultima gara? 26 punti nella vittoria contro Kentucky, 6 punti nella sconfitta contro Alabama e zero nella L contro Arkansas. Non quello che vuoi dal tuo super senior.
Jeremy Roach (Baylor). È stato uno dei colpi estivi del mercato dei transfer. Con lui al comando e con i freshmen in entrata, Baylor sembrava destinata ai piani alti della Big 12. Invece così non è stato. Per carità, i Bears rimangono una buona squadra, ma sembra sempre che manchi qualcosa per renderla davvero competitiva. Quello che manca spesso sembra proprio l’apporto di Roach, che coach Scott Drew ora fa partire dalla panchina ma che continua a restare impalpabile. E la squadra ne risente.
Gonzaga. Da quando Mark Few siede su quella panchina, Gonzaga non aveva mai perso quattro partite di conference. Questa sconfitta al Senior Night brucia non poco perché, con l’andare della stagione, l’attacco dei Bulldogs è crollato e la difesa in quest’annata non è sembrata essere abbastanza solida da dare una possibilità alla squadra in questo tipo di serate. La striscia delle Sweet 16 consecutive va avanti dal 2014, alcune sono arrivate anche con seed in doppia cifra. Mai dare per spacciati i Bulldogs a marzo, ma le domande per Few continuano ad essere irrisolvibili.
Pittsburgh. Inizio di stagione: coach Jeff Capel sulla graticola, annata cruciale per lui. Inizio gennaio: Pitt ce l’ha fatta dopo un po’ di anni in chiaroscuro finalmente è una delle squadre più forti della ACC. Fine febbraio: record 4-9 in due mesi, team superato persino da Stanford nel record di conference. Sconfitte inspiegabili come quella casalinga contro Virginia di quasi 20 punti. E si ritorna da dove si era iniziato: coach Capel a rischio.
Illinois. Una partita di non-conference a fine febbraio non è proprio l’usuale in Division I e neanche un massacro di queste proporzioni. 110-67, 43 punti di distacco che significano la peggior sconfitta della storia di Illinois in una partita che non è stata più partita dopo dieci minuti. Terza sconfitta netta per la truppa di coach Brad Underwood, tutte contro squadre nel ranking, tutte mostrando una fase difensiva ai limiti del pessimo. L’assenza di una vera point guard che regga i ritmi di gioco e che dispensi equilibri e tiro alle tante bocche da fuoco dei Fightin Illini si sta vedendo.