Nella nostra top 10 delle guardie alle porte della stagione mettevamo RJ Davis alla #1, scrivendo come il suo ritorno per l’anno extra a North Carolina facesse pensare ad un deciso attacco al titolo dei Tar Heels. Pochi mesi dopo, invece, la storia è molto diversa: Davis sembra il capitano sul ponte di una nave che affonda inesorabilmente, una sconfitta incredibile dopo l’altra.
L’ultima tegola per coach Hubert Davis e i suoi è arrivata nel weekend: Duke ha dominato uno dei rivalry game più sentiti della ACC, schiantando North Carolina per 87-70. Al di là del risultato, UNC non è mai stata in partita, finendo sotto già nei primi dieci minuti (23-6) e concedendo ben 14 palle perse che hanno permesso ai Blue Devils di portare a casa la quindicesima vittoria consecutiva senza particolare sforzo. Per i Tar Heels, invece, la crisi continua: quarta sconfitta nelle ultime cinque (la cui unica vittoria è arrivata all’overtime contro la modestissima Boston College), decima stagionale su ventitré partite disputate (6-5 in ACC).
Capitani coraggiosi
In una situazione del genere, è difficile riuscire a valutare con lucidità un giocatore, ma si devono quantomeno apprezzare gli sforzi di RJ Davis. Questa sarebbe dovuta essere infatti l’annata in cui il super-veterano di UNC avrebbe potuto ritagliarsi un ruolo meno centrale a livello di minutaggio, risparmiando qualche energia e facendo da chioccia ad una classe di freshman estremamente promettente. E invece Davis si è ritrovato a dover guidare il programma attraverso una stagione tempestosa, facendo gli straordinari (17.6 punti, 4.0 assist e 3.8 rimbalzi di media, ma soprattutto 35 minuti in campo a partita in una squadra in cui solo Seth Trimble supera i 29.5) in una squadra che fatica a trovare continuità e ad affidarsi a degli altri leader sia dal punto di vista tecnico che da quello mentale.
Di recente, Davis ha comunque allungato il suo elenco di record storici a livello di programma, diventando il Tar Heel col maggior numero di triple segnate grazie al 5/10 nell’ultima partita di non conference contro Campbell: il record precedente (299) apparteneva a Marcus Paige. Ovviamente anche questi canestri sono stati celebrati con la sua esultanza-simbolo, il gesto degli occhiali fatto con le mani, in ricordo dei tempi delle medie in cui era costretto a giocare con delle vistose lenti per correggere l’astigmatismo.
Una leader a 360 gradi
In passato Davis ha dimostrato di essere un buonissimo tiratore dall’arco, ma quest’anno le sue percentuali sono vistosamente peggiorate (30.3% rispetto al 39.8% con cui aveva chiuso la scorsa stagione), complice anche il fatto che spesso è costretto a prendersi tiri difficili – ne prova quasi sette a partita – al termine di attacchi male interpretati dai suoi, o anche solo per cercare una scossa emotiva in partite che non decollano. Ai liberi, invece, le sue percentuali rimangono una certezza: segna l’88% delle volte che viene mandato in lunetta.
In generale, RJ Davis ha già da tempo dimostrato di avere le caratteristiche da leader, e questa quinta stagione in NCAA lo sta confermando: è un ottimo floor general, e chi è in campo con lui sembra cercarlo in continuazione con lo sguardo e adattarsi quasi inconsciamente al suo linguaggio del corpo. Gestisce tantissimi palloni e gli piace, mette bene in ritmo i compagni ed è una vera minaccia in pick ‘n’ roll, grazie alla capacità di attaccare l’area o servire i tagli con degli ottimi pocket pass.
Anche qui, però, la sensazione è che se potesse delegare qualche possesso in più riuscirebbe ad essere più lucido nelle decisioni quando la palla scotta: la stagione però è quella che è, e lo costringe a prendersi tantissime responsabilità ogni volta che scende sul parquet. Questo sembra aver accentuato la sua voglia di giocare dei possessi in hero ball, in cui si incaponisce un po’ troppo nel voler cercare la soluzione personale e finisce col regalare sanguinose transizioni: sicuramente c’è una componente di indole personale, ma succederebbe di meno se fosse inserito in un contesto più funzionale.
Elettricità al servizio dei compagni
Quando Davis attacca con la palla in mano è un giocatore elettrico, a cui piace spingere sull’acceleratore e gestire possessi offensivi in ritmo, seppur non sia fisicamente esplosivo soprattutto nell’attaccare il ferro. Il suo primo passo è veloce, e in generale è dotato di un ball handling molto fluido, ma se una volta battuto il suo marcatore l’aiuto arriva con i tempi giusti, non può contare su stazza e potenza per affrontarlo frontalmente, e deve spesso rifugiarsi in soluzioni creative che non sempre hanno successo. Anche nella metà campo difensiva energia e intensità lo aiutano molto a rimanere sull’uomo, a sporcare le traiettorie (1.2 rubate a partita) e a prendere alcuni rimbalzi un po’ inaspettati considerata la sua statura e il ruolo che ricopre.
In generale però, non sembra un giocatore in grado di reggere il reparto difensivo da solo: gli manca un po’ di disciplina, e a volte non riesce a leggere le situazioni bene come fa nell’altra metà campo, arrivando in ritardo sulle rotazioni o rimanendo un po’ in mezzo sui giochi avversari.
Un finale malinconico
Insomma, se si escludono le questioni di cuore e di gratitudine verso il programma con cui ha condiviso una carriera di alto livello nel college basketball, la scelta di RJ Davis di tornare a North Carolina per il quinto anno sembra essere stata fin qui un fallimento. In una squadra che non gira, al centro di pesanti critiche e con pochissime speranze di una post-season di successo, il nativo di New York uscirà dal college un anno più vecchio e con tanta frustrazione in più rispetto alla scorsa estate.