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Trayce Jackson-Davis, il giraffone di Indiana

Trayce Jackson-Davis Indiana Butler
Autore: Andrea Indovino
Data: 26 Dic, 2020

Scorrendo la classifica di KenPom per il POY, sul podio troviamo tre giocatori della Big Ten. La coppia di testa è formata da due lunghi e il primo – indovinate un po’ – è Luka Garza. Chi è il secondo? È Trayce Jackson-Davis coi suoi 21.1 punti, 8.6 rimbalzi, 2.0 stoppate di media con la maglia di Indiana in queste prime otto gare stagionali.

La concorrenza imposta dal collega di Iowa è così forte che, quest’anno, fregiarsi dell’etichetta di secondo miglior lungo della Big Ten – la conference in cui c’è il fior fiore dei 5 a livello di college – è tutto tranne che disonorevole. TJD, grande speranza degli Hoosiers per ritornare al Torneo Ncaa, ha proprio le carte giuste per esserlo.

Inizi difficili

Garza o non Garza, se aveste promesso al Trayce Jackson-Davis adolescente che, un giorno, sarebbe diventato un top nelle high-major, sicuramente ci avrebbe messo la firma col sangue. Perché TJD ha sempre amato il basket, sin da bambino, ma l’impatto con quello giocato non era stato dei migliori.

All’incirca tredicenne, venne messo ai margini di un team estivo benché questo avesse un bisogno disperato di un lungo. Trayce vagabondava per il campo senza sapere cosa fare. Era di gran lunga il nostro peggior giocatore, dice Bill Collins, suo allenatore di allora, che lo ricorda come goffo e timido, paragonandolo a un cucciolo di giraffa. Il malumore si sentiva fra i compagni. Qualcuno disse a Collins: “Non tiene un pallone in mano, coach”. Quel ragazzino frustrato era Armaan Franklin, oggi suo compagno a Indiana che mai si sognerebbe di ripetere qualcosa del genere. Ah, come cambiano i tempi.

Trayce Jackson-Davis Armaan Franklin Indiana

Trayce Jackson-Davis e Armaan Franklin, i due “hometown kids” di Indiana

Insomma, farsi mettere all’angolo in quella maniera è un boccone spiacevole da mandare giù, ma il nativo di Greenwood non molla il sogno di diventare un giocatore di pallacanestro e seguire le orme del papà, Dale Davis. Inizia a lavorare mattina e sera, sette giorni su sette, sui fondamentali e sul proprio corpo. Migliora a vista d’occhio: la capacità di gestione dei palloni, il ritmo in campo, la conoscenza del gioco. E quel ragazzo goffo scartato senza tanti complimenti, come d’incanto, non c’è più.

Subito protagonista

La curva ascendente disegnata in high school aveva fatto sì che Trayce Jackson-Davis fosse molto atteso a Bloomington. L’impatto da matricola? Eccellente: 13.5 punti, 8.4 rimbalzi, 1.8 stoppate di media (peccato solo che Kofi Cockburn di Illinois gli abbia soffiato il premio di Freshman of the Year della Big Ten).

Dopo una stagione così, ci si chiedeva se TJD sarebbe riuscito a compiere un ulteriore salto di qualità al secondo anno. Noi pensavamo di sì, tant’è che l’avevamo inserito alla #7 del nostro preseason ranking dedicato ai lunghi. Fin qui ha rispettato in pieno le tante aspettative che gli stanno intorno, fra una prova straripante contro Stanford (31 punti, career-high), un losing effort notevole contro Florida State (25 punti, 17 rimbalzi) e una prestazione piena di autorità contro Butler (21 punti, 8 rimbalzi, 5 stoppate).

Un repertorio in costruzione

Il lungo di Indiana è assolutamente micidiale nei pressi del ferro, giocando in post basso (i suoi movimenti spalle a canestro diventano sempre più raffinati), innescato dal pick and roll oppure servito in corsa. Il suo atletismo gli permette di compiere giocate ad alta quota e il fisico gli consente di reggere i contatti in modo eccellente. Combinate le due cose e avrete anche la possibilità di maneggiare palloni molto complicati: occhio al primo canestro della clip qui sotto, con gli highlights offensivi messi assieme contro Butler.

 

Anche le squadre più attrezzate sul piano atletico hanno bisogno di dedicargli attenzioni speciali per limitarlo (o almeno per provarci). Chiedete a Florida State…

Oltre al talento e a una maturità in evoluzione, in questo inizio di 2020-21 c’è molto del lavoro fatto in offseason. Il tocco con la mano debole (la destra, nel suo caso) appare ora più affidabile e quindi gli offre ora una nuova strada da percorrere per trovare il canestro. Sul jumpshot, beh, lì c’è ancora ben in vista il cartello da lavori in corso: Non essere in grado di aprire il campo mi ha penalizzato molto l’anno scorso in certi aspetti del mio gioco”, ha detto Trayce qualche mese fa. C’è di buono che adesso riesce ad avventurarsi fino al gomito o giù di lì, ma i risultati non sono ancora soddisfacenti. Basti vedere la postura non proprio ottimale qui sotto.

 

Per uno come lui, è molto importante leggere bene il gioco e punire gli avversari quando viene raddoppiato o triplicato in post basso. In questo senso, i progressi si vedono (1) e le sue capacità di passaggio si dispiegano in diverse situazioni (2), anche nell’aprire il contropiede (3, 4).

In difesa, non è aggressivo come un pitbull, ma sa farsi rispettare usando astuzia, lunghe leve ed elevazione che ne fanno un rim protector validissimo (non ancora propriamente d’élite, ma la strada sembra quella).

Braccia lunghe e QI sono poi una bella combo da dispiegare a rimbalzo. Il suo impatto si fa sentire sotto entrambi i tabelloni, ma mostra un opportunismo speciale sotto quelli avversari (12.1 di OR%).

Chiaramente, come già detto, deve crearsi un tiro quantomeno rispettabile, se ha intenzione di provare ad arrampicarsi tra i pro. La NBA di oggi, quella dei triplisti, offre spazio solo ai lunghi con mano educata. Intanto però il suo nome compare nei mock, in genere a metà secondo giro. Non sorprendetevi troppo, quindi, se vedrete spuntarlo fra i 30 del nostro Super Mock Draft in uno dei prossimi aggiornamenti.

Un ragazzo che non era abbastanza bravo da militare nelle prime squadre delle scuole medie e che non era nemmeno sicuro di continuare col basket al liceo. Ora il nome di Trayce Jackson-Davis è destinato a rimanere inciso negli archivi della storia del basket dell’Indiana. La giraffa è cresciuta.

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