Aveva commosso tutti durante la sua Senior Night a Kansas, ma Udoka Azubuike non potrà mantenere l’ultima promessa fatta ai suoi tifosi, ovvero portarli ad Atlanta alle Final Four. La cancellazione della March Madness non ha concesso a pubblico e fan di godere della corsa del nigeriano, uno dei centri più dominanti degli ultimi quattro anni di college basketball. Giocatore meritatamente inserito nella cinquina finale dei candidati al Naismith Trophy (il premio come miglior giocatore dell’anno). E così, se non il titolo nazionale, il ragazzo di Kansas è ancora in corsa per un riconoscimento personale.
I don't think he'll win national player of the year, but Udoka Azubuike is the most important player in the country.
— Myron Medcalf (@MedcalfByESPN) February 22, 2020
Un bambino al college
Il percorso di Udoka Azubuike verso il gotha del college basketball è stato un po’ strano. Come molti ragazzi provenienti dall’Africa (Azubuike è nigeriano), Basketball Without Borders è stato il programma che gli ha aperto le porte del basket Usa. Doke, come lo chiamano i compagni di squadra, ha iniziato a giocare a 13 anni, solo qualche mese prima del campus di BWB. Da lì però la scalata è stata rapida. Gli è stata offerta una scolarship per giocare in Florida alla Potter’s House Christian Academy, a Jacksonville. Sarebbe stato ospite della famiglia di uno degli assistenti allenatori, Harry Coxsome. Azubuike era pronto per l’avventura perché già suo fratello Chima Azuonwu si era trasferito negli Usa per studiare e giocare a basket, alla Darien High School in Connecticut.
L’esordio all’High School, a 13 anni, è già un segno del destino. Azubuike si ritrova in campo contro un altro centro che viene dalla sua terra, è camerunese e si chiama Joel Embiid. Nel giro di quattro anni, Doke attira l’attenzione di tutta la nazione e percorre tutte le tappe riservate ai prospetti più promettenti, dal McDonald’s All American, al Nike Hoop Summit fino al Jordan Brand Classic diventando un recruit 5 stelle. La lista dei college innamorati di lui è lunga, parte da Duke e arriva fino a Kentucky e North Carolina, ma il nigeriano sceglie Kansas e Bill Self, uno degli allenatori più capaci nello sviluppare i lunghi in Division I. C’è solo un problema. Azubuike ha sedici anni ed è già al college.
Infortuni e dominio
25, 3 e 25: non sono i numeri di maglia di Azubuike nella sua carriera, ma le partite saltate nei primi tre anni a Kansas. Legamento della mano sinistra lacerato nell’anno da freshman, distorsione al legamento del ginocchio in quello da sophomore e infine legamento della mano destra lacerato al terzo anno. I Jayhakws non hanno mai potuto sfruttare appieno il loro gigante, fino a quest’anno. Se Kansas ha finito come migliore squadra e seconda difesa della nazione, tanto si deve ad Azubuike e al suo domino sotto canestro, nonostante le cifre indichino “solo” 13+10 di media.
Nel corso dell’estate 2019 il centro è dimagrito di 10 chili e il suo gioco ne ha tratto benefici. Azubuike è stato tra i migliori giocatori nella nazione in ogni variante del gioco. Il suo numero di pick&roll giocati sono aumentati (1.2 a partita per una squadra che non ne ha mai abusato), è riuscito a correre meglio il campo e il suo numero di stoppate a partite è lievitato (da 1.6 a 2.6). Il post è la zona da cui fa male.
In single coverage è semplicemente un bulldozer che spazza via chiunque (1.1 punti per possesso). Rapidità, tocco, uso del perno e soprattutto schiacciate (ha gareggiato con Obi Toppin la palma di chi schiaccia di più in D-1). Per questo, le difese spesso hanno schierato la zona contro Kansas o comunque hanno focalizzato la strategia difensiva su di lui, facendo collassare tre o quattro giocatori sul lungo dei Jayhawks.
È stato il costante grimaldello attorno al quale ha ruotato l’attacco di Kansas, ottavo della nazione. I Jayhakws non erano ricchi di tiratori (tolto Braun, nessuno sopra il 34%) ma la gravità esercitata dal centro nigeriano è stata tale da regalare chilometri di spazio agli altri, che hanno spesso potuto sfruttare il vantaggio creato. Inoltre, in caso di errore al tiro, il suo fisico ingombrante ed imponente gli ha spesso permesso di essere il meglio posizionato per il rimbalzo offensivo (1.364 punti per possesso su rimbalzo in attacco).
La difesa, invece, è stato il tratto che ha reso la stagione dei Jayhakws vincente. Si reggeva su due giocatori, Marcus Garrett sugli esterni e appunto Udoka Azubuike sotto canestro. La differenza, tolti i minuti di garbage, tra quando Buike era in campo e quando era in panchina è stata di circa 16 punti, in positivo, e questo fa capire bene la difficoltà che ha incontrato Kansas quando il nigeriano ha avuto problemi di falli. “Azubuike è al suo meglio quando deve coprire le brutte difese dei compagni e succede spesso. La gente dice che sappiamo difendere bene. In realtà, lui difende bene e copre molti errori degli esterni”. Coach Self non avrebbe potuto fargli miglior complimento.
Obiettivo finale
Nell’ultimo mese di gioco, Azubuike ha alzato il suo livello in maniera esponenziale. Ha vivisezionato Baylor, che lo aveva bloccato all’andata, trascinando Kansas nella vittoria fondamentale per riportare il titolo della Big 12 a Lawrence. Ha rivisto il fratello Chima, dopo dieci anni, durante la partita contro Oklahoma State, dominata anche questa. La Jayhawks Nation aveva anche tenuto il fiato sospeso quando è uscito per una storta nel derby contro Kansas State. Buike è tornato nel secondo tempo malconcio e ha lavorato quattro ore al giorno per essere pronto per la sua Senior Night. 31+14+5 stoppate, un sunto di tutto ciò che Azubuike è stato, regalato nella sua ultima notte all’Allen Fieldhouse.
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Nel suo discorso ha ringraziato tutti: da Norm Roberts, assistente che lo ha reclutato, all’equipe medica che lo ha supportato, agli host parents Harry e Donna, presenti a Lawrence, fino a Bill Self che lo aveva introdotto come il miglior giocatore della nazione, se solo sapesse tirare bene i liberi (46%, sigh). Ma il saluto speciale lo ha tributato a Perry Ellis, ex giocatore di Kansas, ora nello staff di Self: “Durante il mio recruit, tu e Joel (Embiid ndr.) mi avete insegnato cosa significa giocare a Kansas, non mi scorderò mai tutto l’aiuto che avete dato ad un sedicenne catapultato nel college. Grazie”. Per questo, uno dei grandi rimpianti di questa March Madness mancata, sarà quello di non poter ammirare il dominatore del post basso di Kansas.