La stagione
Hanno iniziato un po’ in sordina, perdendo qualche partita (contro LSU e North Carolina, non squadre materasso) e mettendoci un po’ a trovare ritmo in attacco, anche a causa dell’inserimento di Charles Matthews (arrivato da Kentucky). Alla fine a causa di qualche sconfitta (come quella contro Northwestern) sono arrivati quarti in Big Ten, ma dall’11 febbraio non hanno più perso una gara e sono in striscia di 13 partite consecutive, considerando che hanno vinto il torneo di conference in scioltezza.
Il torneo
Primo turno facile contro Montana, al secondo turno cotro Houston sono stati letteralmente miracolati, vincendo una partita un po’ immeritatamente grazie a un buzzer assurdo di Jordan Poole (che vi facciamo rivedere). Si sono riscattati contro Texas A&M vincendo di 27 punti e segnandone 99 con 14/24 da 3. Infine, sono “sopravvissuti” al match più brutto delle Elite 8, contro Florida State mostrando però di essere solidi e di saper vincere anche quando la palla non entra.
Punti di forza
Difficile pronosticarlo a inizio stagione, ma il punto di forza di Michigan è la difesa, la più forte tra quelle della Final Four, con un AdjDRtg (adjusted defensive rating) di 91.1. Grazie a questa caratteristica la squadra è spesso riuscita a sopperire agli alti e bassi dell’attacco, che procede a ondate. Ottima anche la circolazione di palla, che però a volte è troppo finalizzata ad arrivare a un tiro dal perimetro.
Punti deboli
Il primo e più eclatante (messo bene in evidenza da Florida State nelle Elite 8) sono le percentuali ai tiri liberi, la squadra peggiore delle Final Four con un magro 68.9% al torneo (comunque meglio del 66,1% stagionale). Sarà anche a causa di queste percentuali, ma la squadra a volte si dimentica di attaccare il canestro affidandosi troppo al tiro da 3.
Il coach
John Beilein è, con pochi dubbi, l’allenatore più sottovalutato dell’intero college basketball. Il suo stile di gioco noto per la capacità di mettere in ritmo i giocatori (“Let the ball talk”) è riuscito a valorizzare giocatori diversi, in anni diversi. Risultato? Torna alle Final Four dopo aver già portato i Wolverines in finale nel 2013.

John Beilein – coach Michigan
La star
Incredibilmente la star della squadra è un giocatore tedesco, Mo Wagner, che ha disputato un torneo con poche luci e molte ombre ma resta per caratteristiche un bel rebus per le squadre avversarie e un intrigante prospetto in ottica Nba. Parliamo di un 208 cm che sa andare a rimbalzo ma dotato anche di un tiro dal rilascio immediato e fluido come quello di una guardia e di una partenza in palleggio notevole. Potenzialmente un crack, salvo quando si innamora troppo del suo gioco perimetrale.
Il giocatore chiave
Questo è il posto perfetto per Charles Matthews, perché Wagner attira i taccuini degli scout, ma il lavoro sporco poi lo fa Matthews. L’ex Kentucky al secondo anno è una guardia/ala dal fisico ammaliante, capace di segnare in ogni modo, dalla penetrazione atletica al tiro da tre in situazione di catch and shoot. E nel Torneo è stato anche il miglior rimbalzista dei Wolverines. Così, tanto per gradire.
Il senior
Muhammad-Ali Abdur-Rahkman è l’esempio di cosa faccia Beilein ai suoi giocatori. Il ragazzo nel suo anno da freshman sembrava (a esser buoni) un discreto fisico e nulla più. Quattro anni dopo è diventato un difensore diabolico e un attaccante di prima fascia al college. Qualcuno ha addirittura parlato di Nba, che probabilmente è eccessivo, ma rende l’idea di che tipo di talento sia diventato Abdur-Rahkman.
Il freshman
Chi ha giocato di più nella stagione di Michigan è il freshman Isaiah Livers. Parte addirittura in quintetto al posto di Duncan Robinson (che così può spaccare le partite venendo dalla panchina). Avremmo parlato di lui già da qualche giorno se non fosse che Jordan Poole è stato l’autore del buzzer beater incredibile che ha portato Michigan alle Sweet 16. Livers è un’ala che non segna tanto, con compiti prettamente difensivi, compiti che però svolge alla grande non disdegnando comunque il tiro da 3 (ma a Michigan non lo disdegna nessuno).
La statistica
Quasi il 30% dei possessi di Michigan prevede soluzioni di spot up e sono tra gli ultimi in Ncaa per attacchi in isolation. Iper sintetizzando l’attacco dei Wolverines è un gigantesco penetra e scarica in cui però i giocatori hanno punti di riferimento precisi e uno spartito interpretabile, il che li rende imprevedibili. Eseguono perdendo 14 palloni e facendosi rapinare 6.3 volte su 100 possessi. Tradotto: non si inceppano e attaccano a memoria. Per batterli bisogna prendere il rimbalzo quando sbagliano. Se, come contro Texas A&M, non sbagliano mai, meglio andare a farsi la doccia.
Il quintetto
PG Zavier Simpson (sophomore)
G Muhammad-Ali Abdur-Rahkman (senior)
SF Charles Matthews (sophomore)
SF/PF Isaiah Livers (freshman)
PF Moritz Wagner (junior)
La curiosità
Ce ne sarebbero parecchie, dalla maglietta sulle Fab Fours per celebrare le otto Final Four raggiunte (la squadra è nota per i “Fab Five” che giocarono due finali nel 1992 e 1993) alla storia del team manager (CJ Baird) aggregato in squadra poco prima dell’inizio di stagione che ha segnato una tripla contro Texas A&M (facendo esplodere la panchina dei Wolverines). Scegliamo però la risposta gialloblu a Sister Jean (che nel frattempo è diventata “un marchio” di Loyola Chicago. Sì, avete capito bene, la suora ha dato il consenso) ovvero la mamma di Jalen Rose, storico membro dei Fab Five di Michigan, che ha 100 anni. Ecco i suoi auguri alla squadra (con dedica a Sister Jean).
Sister Jean, @jalenrose’s grandma said see you at the Final Four … ? pic.twitter.com/vQwZkbMdHh
— Get Up (@Get_Up) 26 marzo 2018