Baylor, fra le tante cose, è una squadra di ottimi soprannomi. Jonathan Tchamwa Tchatchoua è Everyday Jon perché sta sempre lì in palestra. Davion Mitchell invece è Off Night, perché ogni uomo che prende in consegna fa il proprio ingresso in partita con determinate stats e ne esce poi con dei numeri almeno un po’ più bassi. Regolarmente.
Forse però a Mitchell dovranno trovare un secondo nomignolo, perché il numero 45 dei Bears è, sì, sempre uno dei migliori difensori in circolazione, ma di partita in partita sta diventando persino qualcosa di più.
Un playmaker affidabile. Un tiratore mortifero. Un demone in uno-contro-uno. Insomma, un giocatore sempre più completo e un ingrediente-base di quella ricetta che fa di Baylor una corazzata apparentemente priva di punti deboli: se Gonzaga è #2 in D-I per Adj. Offense e #8 per Adj. Defense (e una squadra in Top 10 in entrambe le voci è già una rarità assoluta), la formazione di coach Scott Drew è addirittura #3 e #2 in queste categorie.
La coppia più bella del mondo
Abbiamo già parlato di Jared Butler e di come debba stare al centro del discorso sul POY. Una parte del suo altissimo rendimento è da ricondurre alla straordinaria complementarietà che ha con Davion Mitchell. E se parliamo di riconoscimenti, Mitchell stesso dovrebbe proprio cominciare ad andare sotto l’etichetta di candidato All-American. In fin dei conti, parliamo di quello che è forse il miglior backcourt duo dell’intera Ncaa: Butler con 17.0 punti, 5.2 assist, 2.4 recuperi di media; Mitchell con 13.6–5.8–2.1 nelle stesse voci.
Jared Butler and Davion Mitchell are each averaging double figures scoring with 5 assists per game while shooting 50% from the field.
Per Basketball Reference, they would be the 1st pair of D-I teammates to average 10 points and 5 assists on 50% shooting since at least 1992-93.
— Jared Berson (@JaredBerson) January 30, 2021
Butler e Mitchell sono all’apparenza diversi per punti di forza, stile e portamento. Uno, astuto e tecnico; l’altro, un concentrato di forza ed energia sui due lati del campo. In realtà si assomigliano tanto in quella che è la sostanza ultima dell’essere giocatore. E chi si somiglia, si piglia.
Fra i due infatti è scoccata la scintilla sin dal primo incontro, quando Mitchell, appena arrivato da Auburn, passava il suo anno da redshirt fisso in palestra. Tra loro due – anzi tre, nel discorso va inserito anche MaCio Teague – è nato subito un gioco di poste al rialzo, a chi si alzava prima dal letto per andare ad allenarsi. Così è nata la 4 a.m. crew di Baylor – rieccoli, i soprannomi – e i risultati di quel continuo spronarsi a vicenda si vedono bene oggi, specie col buon Davion, che appare un giocatore trasformato rispetto agli esordi.
All’improvviso, un All-American
Partiamo da qualche numero. Mitchell, da freshman, aveva un modestissimo 28.8% da tre su 1.5 tentativi. Poi da sophomore, al primo anno coi Bears, era passato al 32.4% su 3.5 tiri. Ora invece ha un impressionante 49.4% su 4.6 conclusioni, la percentuale più alta all’interno della squadra che tira meglio dall’arco in tutta la Division I. Come se non bastasse, è anche il giocatore di Baylor che più spesso ricorre a soluzioni difficili dalla distanza e la cui efficienza è meno dipendente dall’aiuto dei compagni (59% di tiri assistiti).
Da mano storta a cecchino fra i cecchini, questa in atto è una progressione davvero imperiosa, particolarmente evidente in due gare da lui dominate di recente: 7/9 contro Kansas State e 5/7 contro la ben più ostica Texas.
Questa carrellata qui sopra di conclusioni dal palleggio rappresenta però solo una parte di Mitchell, che infatti non vive esclusivamente di tiri ignoranti. Tutt’altro. Come creatore di gioco, il suo playmaking e le sue abilità di passaggio si stanno raffinando (29.6 di Assist Rate) e, un po’ come nel caso di Butler, ciò risalta in maniera particolare nella sua gestione dei pick and roll e nell’intesa stabilita coi due lunghi dei Bears, facili bersagli da centrare in area. Alla fine, comunque, vista anche la sua puntualità nel penetra-e-scarica, a beneficiare dei suoi assist sono in tanti. Anche lo stesso Butler, ovviamente.
Davion Mitchell è così ben integrato in squadra anche perché sta mostrando una crescente varietà nel proprio arsenale e sa farsi trovare pronto lontano dalla palla.
Nel successo a dir poco d’autorità sul campo dei Longhorns, i ragazzi di Scott Drew hanno prodotto un’azione che da più parti è stata celebrata come epitome della qualità di Baylor in attacco. Azione in cui Mitchell è il terminale appostato comodamente sull’arco dei tre punti dopo che i suoi compagni nel reparto esterni (qui Teague e Flagler) hanno puntato a turno i lunghi sul mismatch per poi riaprire il gioco e sbilanciare la difesa avversaria di passaggio in passaggio. Un mix letale di dinamicità, letture e pazienza.
La crescita di Mitchell nell’uno-contro-uno merita un’enfasi simile a quella data qui al suo tiro da tre. Nella partita con Texas, ha offerto un saggio di quanto possa essere letale quando gli si lascia il minimo spazio per attaccare in palleggio con la mano sinistra.
Cambi di passo improvvisi, accelerazioni incontenibili, equilibrio e coordinazione sia per arrestarsi dalla media (soluzione meno esplorata) che per andare fino in fondo, dove quest’anno fa veri sfracelli (pazzesco il suo 72.5% al ferro con solo il 21.6% di conclusioni assistite). Una pericolosità che poi aumenta in maniera significativa quando, in aggiunta, si è bravi nel riaprire il gioco verso le linee esterne, anche cambiando idea in corsa.
L’impianto difensivo di Baylor, come già detto, è di massima efficienza. Ogni impianto però ha i propri pilastri ed è inevitabile che qualcosa cambi quando questi non sono in campo, anche in un conteso raffinato in cui ognuno fa davvero la propria parte.
Quando Mark Vital si siede in panchina, i Bears perdono ben 13.1 punti di Adj. Defense. A livello d’impatto generale, qualcosa di analogo accade anche con Davion Mitchell (-10.5), con le percentuali da tre avversarie che schizzano dal 32.0 al 38.9%.
Oltre a sorvegliare le zone perimetrali, fare da cagnaccio in marcatura sull’uomo e muoversi bene abbastanza da strappare qualche sfondamento, Mitchell ha mani leste per portare via palla (#8 nella Big 12 per Stl%) e il suo apporto è totale, in una maniera che raramente si riscontra (sebbene in modalità molto diverse, un altro a venirci in mente è Yves Pons). Il fisico roccioso a dispetto di una statura normale (188 cm) e la reattività nelle letture lo portano a confrontarsi in modo agevole contro i lunghi ed è frequentissimo vederlo portare dei tagliafuori granitici contro gente più grossa di lui.
Tiro da tre, ball handling, uno-contro-uno, efficienza al ferro, difesa a tutto tondo: il pacchetto di Davion Mitchell è ormai indigesto per gli avversari Ncaa e troppo interessante per non essere valutato attentamente in ottica Draft. Anche se è un junior in età da senior (compirà 23 anni a settembre), ci viene da pensare che possa – anzi, debba – valere una chiamata al primo giro. Del resto, la sua storia parla di un giocatore che non sembra voler smettere di sorprendere in quanto a progressi. Off Night può tranquillamente continuare a rovinare medie anche nella NBA.