Home 9 Focus 9 Final Four, quattro X Factor per la ricerca del titolo Ncaa

Final Four, quattro X Factor per la ricerca del titolo Ncaa

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 4 Apr, 2024

Sappiamo quali sono i protagonisti più attesi delle prossime Final Four, ma i giocatori di richiamo non sono gli unici in grado di fare la differenza: eccone quattro, uno per squadra, il cui contributo è in vari modi critico per la rincorsa al titolo NCAA.

 

Lance Jones (Purdue)

Quando è arrivato in squadra, coach Matt Painter lo ha definito il “missing piece”, quello che mancava a Purdue per fare un ulteriore salto di qualità. Col senno di poi, ha avuto ragione l’allenatore dei Boilermakers ed era tutt’altro che una scommessa vinta in partenza. Jones dopo 4 anni da protagonista a Southern Illinois ha dovuto cambiare modo di giocare. Da primo violino della squadra si è dovuto inserire in un contesto diverso, con una star definita e indiscussa (Zach Edey) e con il compito di portare un mattoncino, insieme agli altri, per la vittoria finale.

È finita che l’atletismo di Jones, 185 cm per 90 kg, è servito al reparto guardie di Purdue soprattutto dal punto di vista difensivo. Il ragazzo dell’Illinois è diventato così un’arma tattica nelle mani di Painter che lo sfrutta per mettere la museruola ai più forti attaccanti avversari ma anche per garantire creatività alla fase offensiva dei Boilermakers. Il risultato in difesa è stato fin da subito eccellente, mentre in attacco Jones continua ad alternare ottime giocate a scelte discutibili (è il peggiore del team nel rapporto assist/palle perse).

Di sicuro non è timido e quando è sul parquet ama tenere la palla e prendersi responsabilità al tiro. Il risultato è quel pizzico di follia che spesso fa bene a un attacco schematico come quello di Purdue. E alla fine, è stata una sua tripla a dare il colpo di grazia a Tennessee e a proiettare la squadra dell’Indiana alla Final Four. Era proprio il pezzo che mancava.

 

Mohamed Diarra (NC State)

Nelle ultime tre settimane ha steccato solo l’unica gara giocata prima del calar del sole, non un fatto secondario visto che sta celebrando il Ramadan. Ma tra il secondo turno del torneo della ACC e le Sweet 16 di questa March Madness, Mohamed Diarra è stato praticamente perfetto nel fare ciò che fa meglio, ovvero dominare i tabelloni d’ambo i lati e difendere duro intorno al ferro (chiedete a Oakland) così come nelle zone perimetrali (chiedete a Marquette) dall’alto dei suoi 208 cm d’altezza molto longilinei e mobili. 11.6 punti, 13.7 rimbalzi, 2.1 stoppate e 1.9 recuperi nell’arco di quelle 7 gare appena menzionate.

L’Elite Eight contro Duke l’ha visto sottotono e condizionato dai falli, ma a NC State molto probabilmente non ricapiterà mai più di poterla sfangare senza il miglior apporto possibile della piovra francese, perché è lui il perno di una difesa fattasi molto dura da scardinare a marzo e il primo a cui coach Kevin Keatts chiederà di fare gli straordinari contro Purdue.

Se vi riuscisse, sarebbe davvero il trionfo dell’underdog: da prospetto grezzo e fuori dai radar in Francia, alla crescita impetuosa nell’anno da sophomore nei junior college fino ai successi insperati in questa March Madness, non senza però esser passato prima per un anno molto difficile con Mizzou all’esordio in Division I. Sfide, alti e bassi, forse anche un pizzico di potenziale inesploso (gli sprazzi di playmaking dal palleggio mostrati nei JUCO non si sono più rivisti in D1) ma alla fine eccolo qui, a ballare a marzo nelle vesti di role player d’élite amatissimo dai tifosi di NC State.

 

Cam Spencer (UConn)

Quando perdi la tua migliore guardia realizzatrice, hai due strade: sperare che tutti gli altri arrotondino la mano e facciano un passo avanti, oppure cercare un tiratore nel portal. Dan Hurley ha scelto la seconda e la pesca è andata piuttosto bene, perché Cam Spencer non è solo un tiratore ma anche un leader clutch con una dose di agonismo e competitività necessaria per ridare tanta voglia di vincere a una squadra che aveva appena vinto.

Per capirci, Spencer è rimasto così deluso dalla decisione del Committee di escludere Rutgers dal Torneo dell’anno scorso che ha deciso di non vederne neanche un minuto in televisione. Un carattere che non poteva non piacere a Dan Hurley che, dopo tre anni a Loyola Maryland e uno appunto a Rutgers, se l’è portato a UConn per farne un suo clone in campo.

“The total desperation to be successful to win” è ciò che ha fatto innamorare di lui il coach degli Huskies ed è per questo che definisce l’arrivo di Spencer “a divine intervention from God”. Perché in campo si è rivelato anche meglio del previsto: non solo tira da tre con il 44% (e i liberi con il 92%), ma ha anche un rapporto assist-palle perse di 3/1. Quindi porta palla, apre il campo per Donovan Clingan, segna e smazza assist, oltre a metterci il 100% di quello che ha. Serve altro? Ah sì, contro Illinois ha preso 12 rimbalzi e nel Torneo ha una media di oltre 6.5 a partita. E per fortuna che doveva essere solo un tiratore.

 

Nick Pringle (Alabama)

Due anni fa si sfidava col già citato Diarra nei JUCO del Kansas e proprio come il francese di NC State è un lungo venuto su con tanta voglia di arrivare, a forza di sportellate e di rimbalzi. Ecco, i rimbalzi: quelli strappati (talvolta letteralmente) sotto il naso di Clemson hanno fatto tutta la differenza del mondo per Alabama nelle battute conclusive dell’Elite Eight, tanto quanto le ben più celebrate triple a raffica di Mark Sears.

208 cm d’altezza per 104 kg, non è il più bello da vedere per gli amanti dei giocatori di fino (specie alle prese coi liberi, tirati quasi a mo’ di catapulta e con brutte percentuali), ma è capace di toccare punte di eccellenza nel fare quel che gli viene chiesto, ovvero sporcarsi le mani in difesa e attaccare il tabellone avversario (Top 50 in Division I per OR%, ben 15 carambole offensive catturate nelle ultime 3 gare). In più, è pure capace di extra pass di pregio, che male non fanno a un attacco stracolmo di minacce perimetrali e (secondariamente) nei tagli a canestro.

Infine, ma cosa non meno importante, Pringle è un leader emotivo incredibile. Il suo 16+11 coi Tigers? L’ha fatto levandosi un tutore al piede sinistro poco prima della palla a due perché “Bro, we’re in the Elite Eight. There’s nothing that’s gonna keep me out”. Ora gli si para davanti la sfida delle sfide contro un fenomeno come Donovan Clingan. A Nick, nessuno (che non sia un tifoso Crimson Tide) dà una lira in questo scontro. Ma pensate che a uno così gliene importi qualcosa?

Articoli correlati

Il talento (unico) di Ayton in attacco

Un lungo con il talento di Ayton non si vedeva da anni al college, un'analisi di tutto ciò che rende Leggi tutto

Maryland, fate largo ai nuovi freshmen

Bruno Fernando e Darryl Morsell sono la vera sorpresa dei Terrapins. Con la loro energia e i loro punti sono Leggi tutto

Collin Sexton, a fun guy to watch
Collin Sexton (Alabama)

Veloce, esplosivo, tecnico e anche sopra le righe. Ecco il freshman che ha riportato entusiasmo e divertimento ad Alabama come Leggi tutto

La due giorni di fuoco di Keenan Evans

Keenan Evans ha fatto fuoco e fiamme nelle ultime partite, dominando prima contro Boston College e poi contro Northwestern. Ecco Leggi tutto

Washington State: i migliori della Pac12 (per ora)

La vittoria del Wooden Legacy e un record di 6-0 rendono WSU la miglior squadra della Pac12. Corsa,triple e rimonte Leggi tutto