Purdue-NC State e UConn-Alabama per un posto nella finalissima. Ecco i protagonisti della Final Four 2024.
Purdue
Braden Smith e Fletcher Loyer. Molto marurati rispetto all’anno da freshman, soprattutto il primo (media di quasi 10 assist a partita al Torneo). Smith è il metronomo di Purdue, Loyer ha compiti più realizzativi. Insieme garantiscono esecuzione e letture (i Boilermakers sono primi per % di assist di squadra), ma hanno entrambi evidenti limiti difensivi.
Lance Jones. Gli abbiamo dedicato un focus, perché è l’X factor della squadra, sostanzialmente totalmente complementare al duo Smith-Loyer. Una guardia/ala atletica, grandissimo difensore, creatore dal palleggio. Dalle sue invenzioni nascono perle ma anche tanto caos.
Trey Kaufman-Renn. Altro sophomore, altro talento, che probabilmente brillerà ancora di più i prossimi anni. Molto mobile vicino a canestro, il suo gancetto è spesso letale. Vive più di quello che ruba a rimbalzo grazie al suo atletismo che di vera e propria tecnica.
Zach Edey. Anche a lui abbiamo dedicato un focus. Due volte national player of the year, i suoi 224 centrimetri sono un mal di testa per chiunque debba affrontarlo, anche perché è molto preciso dalla lunetta. L’unico modo per fermarlo è facendogli commettere falli molto presto nella gara. Se è concentrato e in partita, Purdue parte in vantaggio contro qualsiasi avversario.
Mason Gillis. Sesto uomo dell’anno nella Big Ten. Un lusso per coach Painter perché Gillis è un’ala di 2 metri che difende su almeno 4 ruoli, forte a rimbalzo e spesso letale in attacco. Tira poco da 3, ma quando lo fa di solito segna e infatti ha la miglior percentuale tra tutti i giocatori della Final Four: 47,5%.
NC State
Michael O’Connell. La sua tripla con Virginia è già leggenda, perché senza quel buzzer beater al torneo di conference non saremmo qui a parlare della Cenerentola NC State. Miracolo a parte, è l’uomo d’ordine del backcourt che permette a Horne e Morsell di puntare il canestro in libertà. Non lo noti sempre ma si fa sempre sentire.
DJ Horne. Quello a cui la squadra si affida quando c’è da smuovere la retina. Leading scorer (16.8 punti di media) e cecchino (40.9% da tre), l’ex ASU è un grattacapo per le difese avversarie quando opera dal pick and roll e in isolamento, ma pure senza il pallone in mano sa farsi trovare pronto per il piazzato da lontano. Se fermi lui, fermi NC State: peccato che alla March Madness nessuno ci sia riuscito.
Casey Morsell. Talento inesploso e un po’ fuori posto a Virginia, è poi cresciuto di anno in anno coi Wolfpack. Percentuali da tre crollate in questa stagione, ma la capacità di mettere canestri pesanti c’è sempre. Cosa ancora più importante, è un vero mastino difensivo nelle zone perimetrali.
Mohamed Diarra. Re dei tabelloni e collante difensivo che fa la differenza pur segnando poco. Doppie doppie a manetta da settimane e 208 cm dinamici per mordere gli avversari nella propria metà campo, anche cambiando sugli esterni. Poco celebrato, ma è il primo ad aver ridato linfa a NC State prima e durante la loro impronosticabile striscia di vittorie.
DJ Burns. L’omino Michelin col tocco fatato e uomo copertina di questa squadra. Burns gioca di fino in area e, oltre ai canestri, lancia passaggi ispirati di capitale importanza per un attacco altrimenti troppo legato alle invenzioni individuali delle guardie. QI cestistico e classe grandi quanto il peso ingombrante che si porta a spasso.
UConn
Cam Spencer. Si è trasferito a UConn per giocare il suo primo Torneo Ncaa e vincerlo. Oltre a quello che fa in campo, è lui il motivatore di una squadra che cerca il repeat nonché la voce di Dan Hurley sul parquet. Unico che ha mantenuto percentuali decenti da 3 al torneo, sempre in doppia cifra in tutte le gare e utile anche a rimbalzo.
Tristen Newton. Leader tuttofare nonché miglior marcatore della squadra, sta tirando male da 3 (6/22 finora), ma per il resto è la solita macchina da punti, assist e rimbalzi. Altro senior al quinto anno che vuole chiudere alzando ancora un trofeo, è l’anima nonché il gestore di tutti i palloni difficili della squadra.
Stephon Castle. Problemi fisici vari hanno limitato l’impatto di un freshman destinato all’Nba che non ha nella continuità la sua dote migliore ma il talento è lì da vedere. Dall’arco non è una minaccia, ma tutto il resto lo sa fare ed è il miglior atleta a disposizione di Dan Hurley.
Alex Karaban. Torneo silenzioso finora per il collante silenzioso della squadra che ci sta pigliando poco da 3 (26%) ma è molto meglio non lasciarlo libero. Perché è di base un tiratore che apre il campo per Clingan, oltre a essere un altro tassello della solidità difensiva e a rimbalzo degli Huskies
Donovan Clingan. Dominante è l’unico aggettivo sensato per un giocatore che anche al torneo ha mostrato segnali di crescita fino a cambiare il corso delle partite con la sua sola presenza difensiva. In attacco poi sta tirando con il 67.5% per una doppia doppia di media da 16+10, oltre a 3 stoppate e mezza a gara. Il tutto in soli 23 minuti in campo.
Alabama
Mark Sears. Il comandante di questa Alabama formato Mid Major All-Star. L’ex Ohio, al suo secondo anno a Tuscaloosa, ha assunto il ruolo dello scorer e del leader dalla fiducia incrollabile e capace di abbattere chiunque a suon di triple (prese pressoché da ogni distanza del campo). Non a caso è un All-American che ha alzato il livello durante la March Madness: 20 punti di media in stagione, diventati 24.3 alla March Madness.
Aaron Estrada. Una delle mani mancine più eleganti in Division I. Da scorer principale ad Hofstra è diventato un tuttofare ad Alabama: le sue capacità di playmaking permettono a Sears di lavorare off-the ball, la sua creatività sotto canestro lo rende indigesto ai difensori. Nel passaggio in SEC ha patito dalla linea dei tre punti (percentuale scesa al 30%), ma in questa Final Four sarà cruciale il suo apporto difensivo.
Rylen Griffen. 3&D cucito su misura per il sistema di Nate Oats. Ala versatile, oltre i due metri, primo indiziato sul perimetro per ricevere i passaggi dei creatori, ma quest’anno il suo tiro da tre (39.1% su 5.3 tentativi di media) ha visto aggiungersi anche una dimensione dal palleggio. Bloccare lui e il suo movimento è fondamentale per togliere uno sbocco prezioso all’attacco di Alabama.
Grant Nelson. Un suo eventuale exploit potrebbe essere decisivo. Era il pezzo pregiato della transfer class di Alabama ma non è mai esploso veramente durante la regular season. Ma se i Crimson Tide sono arrivati fin qui il merito è dei suoi ultimi 90 secondi contro North Carolina dove ha messo il timbro su entrambi i lati del campo con canestri e stoppate. Il 27% da tre non è un bel biglietto da visita, ma se ne dovesse infilare un paio potrebbe risultare scomodo.
Nick Pringle. Dallo Juco con furore. La sua storia ve l’abbiamo raccontata nel pezzo sugli X Factor, ma la sua importanza la scopriremo durante lo scontro contro Donovan Clingan. Il suo profilo all’interno del roster di Bama è unico: non tira da tre, ma regala una dimensione interna importantissima. Rimbalzista d’elite (soprattutto in attacco), difensore di mestiere che ha aggiunto delle letture offensive non banali. Un sottovalutato leader di questa Alabama