Qualche big che lascia il torneo, qualche big che domina e soprattutto alcune prestazioni individuali devastanti.
Qui potete trovare l’analisi di tutte le 8 partite, vediamo gli spunti più interessanti.
La partita
Primo tempo targato LSU, secondo tempo firmato da Maryland e dalla sua scelta di difendere a zona. Finale punto a punto, come si addice a una grande partita di March Madness, quando hai la sensazione che tutte e due le squadre meritino di passare il turno. Una gara segnata dalla lotta sotto canestro tra 4 lunghi molto fisici e dai tiri da 3, quelli che non sono entrati per i Terrapins nel primo tempo, quelli che poi non sono entrati per i Tigers nella ripresa e quelli che alla fine (uno a testa) sono stati segnati nei secondi finali, da Skylar Mays per LSU e da Jalen Smith per Maryland. Eppure, dopo tutti questi patemi, la situazione era ancora in parità a 7 secondi dalla fine, quando Tremont Waters ha preso un blocco e inventato una penetrazione con scucchiaiata per il +2 vincente finale. “Sapevamo tutti cosa sarebbe accaduto e cosa avrebbe fatto LSU“, ha detto il coach dei Terrapins, Mark Turgeon, a fine gara, “il problema in questi casi non è solo saperlo, ma evitare che accada“. Finale 69-67 e Maryland eliminata con onore.
L’upset
Sei triple segnate (su 8) tutte prese nei primi 6 secondi dell’azione, 28 punti a referto e +17 dopo 8 minuti: quando gioca così, Auburn è letteralmente inarrestabile per chiunque. Figuriamoci per una big dal sangue blu molto scolorito come Kansas, che ha commesso l’errore che nessuno mai dovrebbe commettere contro la squadra di Bruce Pearl: lasciarli correre e perdersi Bryce Brown in transizione. La guardia dei Tigers ha ringraziato, piazzato un 4/4 da 3 subito e partita finita ancora prima di iniziare. Perché il -14 finale non rende l’idea della prestazione di Kansas sotto di 26 all’intervallo (maggior deficit in 155 gare dei Jayhawks al Torneo) e di 30 a 8’ dalla fine. Un massacro che neanche Dedric Lawson ha evitato perché i suoi primi punti sono arrivati dopo 12 minuti, con Auburn già lontana. Inutile quindi la sua ennesima doppia doppia da 25+10 ma almeno ci ha provato, cosa che non si può dire degli impalpabili freshman di Bill Self che chiude così la peggior stagione degli ultimi 15 anni passati a Lawrence.
La prestazione
Carsen Edwards è così: non si spaventa, non è timido, non sente la pressione, gli piace prendersi responsabilità. Ecco, se poi è in giornata, abdicate e andate direttamente in spogliatoio. La performance contro Villanova è stata mostruosa dal punto di vista delle cifre e non solo. Partiamo dai dati: 42 punti e career high (scelto un bel momento per registrarlo) con 3/5 da 2, 9/16 da 3 e 9/9 ai liberi, 6 rimbalzi e 1 assist. Sì, Edwards a volte la palla la passa, ma gli piace di più segnare, soprattutto nelle serate in cui vede che gli riesce facile. Oltre alle cifre, c’è poi il “come” ha realizzato i suoi punti Edwards, talvolta fermandosi due metri dietro la linea da 3, alla Steph Curry, e facendo partire questi missili che a referto contano 3 punti ma in più uccidono il morale degli avversari. Immarcabile. Fosse sempre questo, Purdue sarebbe una legittima candidata alla Final Four.
Up
Brandon Clarke: ha fatto a pezzi la difesa di Baylor con 36 punti e 15/18 dal campo, 8 rimbalzi e 5 stoppate. Immenso.
Jalen Smith: alla fine il migliore di Maryland, con anche una pesantissima tripla per il pareggio nei secondi finali. Il rischio ora è che la Nba sia già intrigata da lui e che lasci i Terrapins.
Ja Morant: Murray State ha perso ma Morant, soprattutto fin quando fresco e con energie, è stato un incubo per Florida State. Lascia il torneo (e il college basket) a testa alta con 28 punti e molta grinta.
Cassius Winston: la sicurezza e la semplicità con cui ha archiviato la pratica Minnesota nel secondo tempo con 7 punti filati spiega perfettamente perché è stato nominato mvp della Big Ten.
Mfiondu Kabengele: all round da 22 punti, 8/10 da 2, ma anche 2/2 dall’arco e 3 stoppate una presenza costante, sia fisica che tecnica. E tante soddisfazioni regalate allo zio Dikembe Mutombo.
Down
Fletcher Magee: un ferro dopo l’altro, dalla prima alla dodicesima tripla tentata. “I’m still kind of in shock”, ha detto il senior di Wofford, alias il recordman di triple segnate nella Division I. Ora diventato anche recordman per triple sbagliate in una partita al torneo.
Eric Ayala: da un tiratore che ha steccato a un altro, che ha come scusante quella di essere un freshman. LSU ha scommesso sul tiro da 3 di Maryland e i tiri aperti sbagliati da Ayala (1/7 alla fine) sono stati mortali per i Terps.
Big 12: fuori Kansas State, Kansas, Iowa State, sono rimaste in corsa solo Texas Tech e Oklahoma e c’è il rischio concreto che solo i Red Raiders possano approdare alle Sweet 16. Un po’ poco per una delle conference più forti della Ncaa.
Gabe Kalscheur: ha ucciso Louisville con una prestazione monstre da 24 punti e 5/11 da 3 e la gara dopo è andato a segno solo dalla lunetta (2 punti) con 0/4 dall’arco.
Quentin Grimes-Devon Dotson: leggeri, inutili, i loro tabellini non sono mai disastrosi ma in campo i due freshman 5 stelle di Kansas incidono pochissimo sulle partite. Travolti anche loro in un’annata da dimenticare.