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Mussini, Pusica e il senso della famiglia Ncaa

mussini
Autore: Isabella Agostinelli
Data: 15 Nov, 2019

Come ormai da tradizione da qualche stagione, la Vuelle punta sui giovani: con un’età media di 21 anni, la Carpegna Prosciutto Basket Pesaro sembra a tutti gli effetti una squadra di college. Non è un caso che i due leader, i due “veterani” della squadra siano due nostre vecchie conoscenze: di Federico Mussini vi abbiamo già parlato tanto sia ai tempi di St. John’s che al suo ritorno in Italia, mentre Vasilije Pušica è stato il cuore pulsante di Northeastern nella scorsa annata, portandola fino alla March Madness.

Ecco cosa ci hanno raccontato in questa intervista doppia.

Entrambi siete molto giovani e tu, Vasa, sei tecnicamente un rookie. Ma a Pesaro non ci sono poi tanti giocatori davvero più esperti di voi: come funziona la leadership all’interno di una squadra professionistica dove l’età media è quasi da college?

Mussini: E’ vero, sono l’unico in squadra che ha avuto un’esperienza nella serie A italiana ed è per questo cerco anche di essere una guida per i miei compagni e di dare l’esempio soprattutto durante gli allenamenti. Anche il mio ruolo, quello da play, mi spinge a guidare i miei compagni in campo.

Pušica: Dopo aver finito il campionato NCAA a marzo, sono tornato in Serbia e ho giocato un paio di mesi con il Partizan. So che non è un periodo molto lungo, ma essere stato allenato da un coach come Andrea Trinchieri, uno dei migliori in Europa, ed essersi allenati a fianco di campioni come Novica Veličković ha sicuramente un suo peso in termini di esperienza e mi ha permesso di vedere cosa vuol dire giocare per un grande club. Ed è proprio questa che porto qui a Pesaro.

Su cosa avete lavorato prima dell’inizio di questa stagione?

Mussini: Fare il play puro per me è un po’ una novità, essendomi sempre diviso tra un 1 e un 2 nel corso degli anni. Ora, il dovermi dedicare solo al lavoro da 1 mi sta permettendo di lavorare molto su di me, sul mio ruolo, sul mio fisico e sul mio posizionamento in campo a partire dai piccoli dettagli. Ma questa responsabilità non mi fa affatto paura, anzi è un grande stimolo per me.

Pušica: Oltre ai due mesi in Serbia ho anche provato con alcune squadre NBA. Sono consapevole di non avere il fisico adatto per giocarmela nella massima serie americana e sinceramente non sono andato fino in fondo perché sapevo di voler tornare in Europa e giocare da professionista. In quei giorni ho dimostrato di poter competere con giocatori che sono stati poi scelti al primo turno del draft e questo naturalmente mi ha dato una grande iniezione di fiducia e mi sento pronto per questa prima esperienza in Italia.

Vasa Pusica in maglia Northeastern

Vasa Pusica in maglia Northeastern

Ci sono aspetti della vita americana, sportiva e non, che vi mancano?

Mussini: Giocare nei college vuol dire far parte di una famiglia e con il professionismo questo naturalmente si perde un po’. Per esempio, coach Mullin per me più che un allenatore è stato un padre che mi ha seguito passo dopo passo dal mio primo giorno a St John’s fino alla mia decisione di ritornare in Italia. Quello che ho apprezzato più di lui non è stato tanto l’aspetto tecnico, ma quello umano: avevo un ottimo rapporto con lui e spero di poterlo mantenere ancora negli anni.

Federico Mussini e Chris Mullin

Federico Mussini e Chris Mullin

Pušica: Anche e me manca un po’ quel senso di appartenere ad una famiglia. E’ diverso avere contratti di anno in anno piuttosto che stare in una squadra e vivere con i tuoi compagni per quattro stagioni, condividendo con loro successi e sconfitte. Nel college basket, si sente il dovere di lasciare qualcosa dietro di te per i giocatori che verranno dopo e questo ti spinge a migliorarti anno dopo anno. Nel professionismo, si rischia di perdere questa “missione” e giocare partita dopo partita solo per il dovere di vincere.

Però Federico, dicci la verità, un po’ di invidia per Davide Moretti che arrivato in finale l’hai provata?

Assolutamente sì! E molto (dice ridendo)! Giocarsi una Final 4 è il sogno di tutti. Ma io ho giocato al Madison Square Garden…diciamo che siamo pari.

Invece tu, Vasa, quel match contro Kansas…

Meglio non parlarne. Raggiungere il Torneo era il nostro obiettivo e lo abbiamo raggiunto. Ma in quella partita ho messo insieme appena sette punti. Perdere così (53-87) è stato davvero brutto. Soprattutto perché quella sconfitta è arrivata dopo quella nella finale di conference contro Hofstra che invece meritavamo davvero di vincere.

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