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Nate Oats, il lavoro dei sogni è ad Alabama

Autore: Paolo Mutarelli
Data: 15 Lug, 2019

Nate Oats, neo coach di Alabama, ha la pretesa di ridurre il basket ad un’equazione. D’altronde, non dovrebbe essere una missione difficile per un ex professore di matematica. Nel segno di Billy Beane e Daryl Morey, ovunque sia andato ha applicato una semplice equazione lineare composta da “variabili non negoziabili” che ha gentilmente imposto ai suoi giocatori: impegno superiore a quello degli avversari, comunicazione costante, vincere la battaglia in difesa e fare ciò che i coach ti dicono di fare. Semplice ed efficace.

Oats ha iniziato la sua carriera alle high school nel 2002, a Romulus High School, Detroit, Michigan, dove ha sfruttato la sua laurea in matematica visto che, per essere allenatore di una squadra sportiva, devi anche insegnare. In nove anni, Oats ha portato diciotto giocatori di Romulus al college, trasformando questa scuola in una powerhouse, vinto un titolo statale, è approdato a Buffalo, prima come assistente e poi come allenatore, trasformando i Bulls in una mid-major capace di entrare in Top 25 e di vincere partite al Torneo, imponendosi come uno dei coach emergenti più interessanti. Il salto ad un’università più prestigiosa come Alabama, però, non era scontato come ci si poteva aspettare.

Allenatore e uomo d’affari

Merendine, patatine e succhi di frutta sono ciò che ha portato Oats ai massimi livelli a Romulus e poi a Buffalo. No, non è una strana dieta propinata agli atleti, ma un modello di crescita sostenibile per far aumentare gli introiti di un’azienda. O meglio, Oats era solito comprare grandi scorte di Flaming Hot Cheetos, di Pop Tarts e di Capri Suns e venderli agli studenti della scuola nel suo Nate’s Party Store, un chiosco vicino scuola. Questo modo singolare di raccogliere fondi ha permesso ad Oats di comprare sei macchine spara-palloni per far allenare e migliorare i suoi giocatori. Quando è volato a Buffalo, ha lasciato in eredità ventimila dollari nel conto (nel 2002, ce n’erano 79). Emerge così il pragmatismo particolare di un uomo che sa immergersi completamente nel contesto in cui lavora, trovando soluzioni e modi creativi per ovviare alle difficoltà.

Un’altra prerogativa che fa parte del viaggio dell’ex playmaker di Maranatha Baptist è la capacità di relazionarsi con tipi diversi di persone e costruire rapporti duraturi. Durante i suoi anni da professore, ha imparato come trattare i genitori di un alunno che andava male durante i suoi corsi, saper parlare con il preside, i giocatori, i diversi tipi di reclutatori che arrivano per i suoi ragazzi. Si relazionava e migliorava. Nel 2010 saltò all’ultimo minuto il consueto viaggio d’istruzione da allenatori professionisti. Meta di quell’anno era Wagner, per vedere la squadra di Danny e Bobby Hurley, figli del leggendario allenatore high school Bob, di cui sapeva tutto.

Nate Oats, a sinistra, Bobby Hurley al centro

Tre anni più tardi proprio i fratelli Hurley gli svoltarono la carriera. Danny era diventato coach di Rhode Island e venne a visionare E.C Mathews e Oats ebbe l’opportunità di conoscere lui e il fratello Bobby, che quando ebbe l’incarico come allenatore di Buffalo, pensò ad Oats come assistente. Una telefonata e venne stregato: Ero alla mia prima esperienza da coach, mi serviva gente che sapeva allenare. Ho chiamato Nate e sono stato colpito dalla sua energia, dalla sua passione. Avevo bisogno di gente con quel tipo di energia nel mio programma”. Detto, fatto, Bobby Hurley mise a segno il suo miglior colpo da reclutatore, ovvero prendere il suo successore. Un ritratto sul lavoro di Oats a Buffalo lo abbiamo già fatto, ma per capire il suo trasferimento dobbiamo prima mettere un’altra variabile nel discorso. Oats non se ne sarebbe mai voluto andare da Buffalo.

Un padre ad Alabama

La sua capacità immergersi nel lavoro non fa di Oats un padre assente. Nel primo periodo a Buffalo, dovette alternarsi tra il le attività di famiglia, portare a scuola le figlie Lexie, Jocie e Brielle, prepararle la cena, e quello di allenatore perché a sua moglie Crystal venne diagnosticato un linfoma molto aggressivo, fortunatamente curato. Per questo Oats non se ne sarebbe mai voluto andare via da Buffalo, la città che lo aveva accolto un paio di anni prima, che lo aveva sostenuto nel momento del bisogno. Come forma di riconoscenza, voleva trasformare Buffalo nella nuova Gonzaga. Ci voleva un’offerta davvero speciale e particolare per tentarlo perché ne aveva rifiutate tante e aveva appena rinnovato fino al 2023. Una sera, in una delle frequenti chiacchierate tra i due, Crystal spiazzò il marito, chiedendoli quale fosse il lavoro dei suoi sogni. Oats, invece di dire un’università blasonata, descrisse un identikit: programma ambizioso in una città adatta ad una famiglia con tre figlie da crescere.

Tornato a Buffalo, dopo la sconfitta al torneo contro Texas Tech, trovò sul telefono un messaggio vocale di Greg Byrne, direttore atletico di Alabama. Uscendo dall’aeroporto, si interrogava, chiedendosi se fosse il caso di richiamarlo o meno e, arrivato alla macchina, vide che la macchina parcheggiata vicina alla sua era targata Alabama. Lo interpretò come segno del destino. Pensò a Tuscaloosa, sede dell’università, e rispondeva alle sue richieste. Chiamò Byrne, si incontrarono, Cyrstal rimase rapita dall’intensità con cui Alabama stesse reclutando suo marito e, dopo tre giorni, Oats dovette affrontare la situazione più difficile: chiamare le figlie e dire a loro che si sarebbero trasferiti nel Sud.

Adattarsi ad un contesto

Per Oats, Alabama è un’istituzione. Il più forte programma di football mai esistito, un’ispirazione e un sogno per ogni allenatore. Nei primi mesi a Tuscaloosa, Oats ha insistito su altri due aspetti fondamentali del suo modo di essere e, quindi, di allenare: affidabilità e costruzione di relazioni. In un contesto del tutto nuovo, ha portato con sé qualche faccia per lui familiare: l’amico di sempre Josh Baker, Adam Bauman, direttore della logistica, e Charlie Henry, partito da Romulus con lui e arrivato in Nba prima di tornare appunto da Oats. Con Baker e Henry, il primo obiettivo è stato convincere Kira Lewis e John Petty a rimanere. Dimostrarsi gli uomini giusti per poter soddisfare le richieste dei singoli giocatori, mostrargli come potranno giocare e migliorare, instillare una mentalità vincente e farli divertire. Così Oats ha riportato due grandi talenti che si integrano bene con il suo credo offensivo: ritmi alti, quintetti bassi ma versatili, tanto movimento e tiro da tre.

 

Sin dai primi allenamenti, Oats sta spingendo i suoi a tirare molto. Ogni giocatore deve tirare cento triple al giorno e annotare i propri miglioramenti. Ha reclutato Jahvon Quinerly (PG da Villanova in attesa di un waiver per giocare da subito) e James Bolden, guardia di West Virginia, che sarà l’unico senior del roster. L’obiettivo è ristabilire la fiducia nei mezzi dei giocatori. Il talento c’è. Alex Reese, Herbert Jones, Javian Davis Flaming sono tutti giocatori appassiti sotto la precedente gestione di Avery Johnson e che Oats cercherà di far rifiorire, mettendoli in competizione con i nuovi arrivati, Jaylen Forbes, Jalen Shackelford e James Rojas. Emblematica la frase di un’intervista di Petty: “Penso che la differenza stia nel livello di fiducia del coach. Oats ci ha dato la libertà di tirare e non siamo più spaventati di fare la cosa sbagliata, ma siamo liberi di giocare. A patto di allenarci duramente”.

In due stagioni, Petty ha viaggiato a 10 punti di media, con il 40% dal campo e il 35% da tre. L’obiettivo è essere più efficiente

Byrne ha portato Oats a Tuscaloosa per contrastare i recenti successi di Auburn, rivale storica dei Crimson Tide, e l’ex coach di Buffalo vuole essere il primo allenatore, dal 2006, a portare Alabama al torneo per due anni consecutivi. Nella conferenza stampa di presentazione, l’ex coach di Buffalo ha dichiarato di ispirarsi a due icone dei Crimson Tide: Wimp Sanderson, glorioso coach negli anni ’80, e il guro Nick Saban, attuale coach del programma di football, finalista in sette delle ultime nove finali di college football, uscito vincente cinque volte. Saban è l’uomo che ha reso Alabama un brand nazionale, un modello vincente da cui chiunque vorrebbe prendere ispirazione. Oats ora potrà assorbire quotidianamente questo clima e chissà, magari scoprire che anche Saban ha una formula matematica vincente.

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