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Pac-12: un Dort formato Nba e tanti dubbi

Autore: Stefano Russillo
Data: 25 Nov, 2018

La Pac-12 conferma i dubbi della scorsa settimana e, in questo inizio di stagione, appare come la conference più debole tra le Power 6, come attestato anche dal ranking di KenPom. Arizona State è l’unica squadra rimasta imbattuta (5-0) e punta dritto ad entrare nella Top 25 nazionale dopo la vittoria del MGM Main Event. Non si può dire lo stesso di UCLA e Arizona, che escono fortemente ridimensionate da questa settimana, così come USC e Washington, ancora troppo altalenanti. Che sia Oregon l’ancora di salvezza di questa Pac-12?

Arizona State nel segno di Dort

Ve lo avevamo detto la scorsa settimana, ve lo ripetiamo ora: segnatevi il nome di Luguentz Dort, non più oggetto misterioso nemmeno per gli Scout Nba. Un freshman col corpo di un pro e che sa fare un po’ di tutto: colpire da fuori, entrare in area e andare a rimbalzo come un lungo. I numeri (23.0 punti, 7.8 rimbalzi, 2.4 assist) danno un’idea del suo impatto sui Sun Devils, i quali, dopo aver piazzato l’upset ai danni di Mississippi State (con una tripla decisiva di Kimani Lawrence nei secondi finali), si sono ripetuti nella finale del MGM Main Event contro Utah State, grazie ai 33 punti del canadese, 19 dei quali arrivati negli ultimi 20 minuti. ASU non solo è ancora imbattuta ma rimane una delle squadre più divertenti del college basket, con uno stile di gioco che coach Bobby Hurley ha definito “fun, free-flowing”, fatto di triple, corsa, penetrazioni e tanto small-ball.

 

Oregon: fiducia nei numeri

In attesa del debutto del freshman 5-stelle Louis King, Oregon (4-1) si gode il solito eclettico Bol Bol (21+9 contro Green Bay, con giocate irreali per un giocatore con quel fisico) e la leadership di Payton Pritchard, entrambi fondamentali nella vittoria contro Green Bay. A fine gara coach Dana Altman, nonostante la vittoria, si è detto insoddisfatto dei suoi per via dei cali di attenzione mostrati durante l’arco della partita e per una difesa e un attacco ben lontani dal loro massimo potenziale. Per ora, però, i numeri mettono i Ducks nella Top 25 nazionale sia per efficienza difensiva che offensiva: che squadra sarà quando coach Altman si potrà dire finalmente soddisfatto?

 

UCLA: piedi per terra

Sono bastate due partite contro avversari di livello per riportare i Bruins (4-2) con i piedi per terra. Al Las Vegas Invitational, contro Michigan State e North Carolina, sono venute fuori due sconfitte insieme a tutti i limiti di una squadra che concede tanto in difesa (90.5 punti di media e 13/24 da 3 nella mattanza contro gli Spartans) e che in attacco è troppo dipendente dal duo Wilkes-Hands. La capacità di gestire i tempi di gioco da parte di quest’ultimo sarà la chiave della stagione di UCLA: per ora però siamo a quota 29 assist e 17 palle perse. E Moses Brown? Anche il lungo è tornato sul pianeta Terra: prima è stato portato a lezione di post da Nick Ward, poi è incappato in problemi di falli contro i Tar Heels (5 in 8 minuti di gioco totali).

Arizona: benvenuta nella realtà

Che questa sarebbe stata un’annata di transizione per i Wildcats (4-2), lo si sapeva: nessun recruit 5-stelle e una squadra senza un chiaro go-to-guy. Al Maui Invitational, Arizona ha strappato una vittoria sofferta contro una Iowa State non al completo e due sconfitte pesanti (-17 e -16) contro Gonzaga e Auburn, frutto di due secondi tempi in cui la difesa ha concesso rispettivamente 54 e 45 punti agli avversari. Uniche note positive? Il solito Brandon Randolph e un Justin Coleman incontenibile alle Hawaii, coi suoi 20.6 punti di media e alcuni momenti di onnipotenza cestistica.

 

I dubbi di Washington e di USC

Sulla carta hanno due roster validi per lottare al vertice della Pac-12 e per poter fare strada a Marzo, ma in questo inizio di stagione stanno faticando più del dovuto. Washington (4-2) ha giocato in settimana il Vancouver Showcase tornando a Seattle con due vittorie (Santa Clara e Texas A&M) e una sfortunata sconfitta allo scadere contro Minnesota. La zona 2-3 di coach Hopkins è una certezza (20 punti concessi nel primo tempo ai Golden Gophers) ma in attacco gli Huskies sono troppo dipendenti dal duo Nowell-Dickerson, autori di 38 dei 71 punti di media della squadra: basta fermare loro e la squadra s’inceppa. A.A.A. terzo violino cercasi (Thybulle? Crisp? Carter?).

 

Diversa la musica per USC (3-2): l’attacco non è un problema, con il freshman Kevin Porter Jr. sempre più protagonista (14.0 punti di media) e i “soliti” veterani Boatwright (17.3 punti), Rakocevic (14.4) e Mathews (13.2) pronti a incendiare le retine avversarie. I problemi per coach Andy Enfield arrivano dalla difesa e dai vuoti di concentrazione mostrati dai suoi, come accaduto nella semifinale del Hall of Fame Classic contro la Texas Tech di un ottimo Davide Moretti: chiuso il primo tempo sul +9, i Trojans sono stati capaci di concedere 55 punti nel secondo tempo. Come recita il buon vecchio mantra sportivo: l’attacco vende i biglietti, la difesa vince i titoli.

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