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Week 16: Houston svetta ma a tenere banco è il caso Filipowski

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 26 Feb, 2024

Houston mette a tacere gli scettici con due vittorie enormi contro Iowa State e Baylor, ma il caso più chiacchierato della settimana è quello di Kyle Filipowski travolto dalla folla festante di Wake Forest nel successo su Duke.

 

Houston. Ok, adesso basta. La risposta è “sì, i Cougars sono una squadra da piani alti della Big 12” e se non bastavano le vittorie conquistate in stagione, la doppietta contro Iowa State (73-65 e scontro diretto ora a favore) e in casa di Baylor (82-76 in OT) hanno dato il responso definitivo. Due vittorie simili: partenza a razzo di Houston con avversari annichiliti (15-4 contro i Cyclones 22-10 contro i Bears) poi rimonta delle avversarie quando compaiono stanchezza e falli. Ma in entrambi i casi finali di gara gestiti con maturità ed esperienza. Solidissimi.

Tristen Newton (UConn). Uno che il titolo gli ha dato una fiducia tale da trasformarsi in pochi mesi da glue guy ad All-American. Nella settimana in cui UConn cade rovinosamente a Creighton, è l’ex East Carolina a salvarsi. Prima provando a trascinare i suoi nella disfatta di Omaha a suon di canestri pesanti e spallate sotto canestro (27 punti e 12 rimbalzi) e poi confezionando nel weekend una tripla doppia con 16 rimbalzi nel riscatto poderoso degli Huskies contro Villanova. Gli altri possono steccare, lui raramente lo fa.

 

South Florida. A inizio stagione si dibatteva su quale delle due, tra Memphis e Florida Atlantic, sarebbe stata la regina della AAC. Risposta: nessuna delle due. C’è una squadra che dal 7 gennaio non perde più e ha la seconda più lunga striscia di partite vinte in Ncaa: South Florida con ben 13. Ha vinto in casa di Memphis, in casa di North Texas e poi contro FAU e non si ferma più. La forza? Il collettivo. La guardia Selton Miguel, il lungo tiratore Kasean Pryor e il tiratore Chris Youngblood. Con un coach under the radar come Amir Abdur-Rahim, che già aveva fatto miracoli a Kennesaw State. Segnare please.

Utah State. La vittoria su San Diego State è stata una di quelle che forgiano un programma e che lanciano il proprio coach, Danny Sprinkle, nell’olimpo degli allenatori emergenti sul piano nazionale. Darius Brown velenoso come sempre (25 punti) e Great Osobor (17 punti, 7 rimbalzi, 7 assist) ad animare uno degli scontri fra lunghi più belli dell’anno con Jaedon LeDee, l’unico uomo a stare di mezzo fra l’Aggie e un premio di POY della conference. USU guida la Mountain West insieme a Boise State con record 10-4, SDSU insegue a 10-5. Ma è proprio la squadra di Sprinkle ad avere il calendario più favorevole.

 

Hunter Sallis (Wake Forest). C’era un motivo per cui Sallis era un Mc Donald’s All-American e il giocatore del Nebraska lo ha mostrato in maniera evidente contro Duke. Sostanzialmente ha segnato ogni volta che ha voluto. Alla fine 29 punti con 6/7 da due e 5/6 dall’arco con una scioltezza e una autorevolezza incredibile. Career-high per un ragazzo che non sembra abbia terminato i margini di miglioramento. E Wake Forest al momento sembra la terza incomoda tra Duke e North Carolina nella ACC.

Air Force. Prendete un gruppo con un solo lungo (che però non gioca mai) e buttatelo nelle forche caudine della Mountain West. Un programma così, con capacità di recruiting bassissime, non dovrebbe vincerne nemmeno una per sbaglio in conference: invece i Falcons sanno andare al di là delle proprie possibilità grazie a un attacco alla Princeton eseguito in modo eccellente. Sabato sono riusciti a sbancare The Pit, uno dei campi più tosti che ci siano, macchiando non poco il curriculum di New Mexico in ottica March Madness.

 

Washington State. Neanche il tempo di godersi la grandissima prova contro Arizona che gli ha regalato la testa della Pac 12, che Washington State cade in trasferta contro Arizona State interrompendo la striscia attiva di otto vittorie. Un po’ di appagamento, un po’ lo scotto dello sforzo fisico per battere i Wildcats (Jaylen Wells è passato da eroe a brocco in 72 ore), un po’ la grande difesa messa su da Arizona State che ha messo in crisi il freshmen Myles Rice (6-15 dal campo).
Tre partite in casa per chiudere forte la Pac 12 e strappare il biglietto per il torneo.

Daniss Jenkins (St. John’s). In teoria doveva essere quello meno a suo agio sul grande palcoscenico della Big East, perché ha sempre giocato nella ben meno competitiva MAAC. Invece è quello che ha fatto più progressi dall’inizio dell’anno ed è il leader indiscusso della nuova St. John’s. Anche perché quello che conosce meglio cosa vuole coach Rick Pitino. La vittoria importante (potrebbe essere quella che varrà l’ammissione al Torneo) contro Creighton porta la sua firma: 27 punti con 12/18 dal campo, 6 assist e 1 persa ma anche 2 recuperi e 2 stoppate.

 

Kentucky. La consueta settimana sull’ottovolante di UK si apre con un canestro assurdo che le costa la partita contro la debole LSU e si chiude con un festival del canestro nella vittoria contro la forte Alabama, sommersa da 117 punti con il 54% da tre. E qual è Justin Edwards? Quello ancora anonimo della prima o quello straripante da 10/10 al tiro della seconda? Insomma, le consuete domande a cui John Calipari deve dare una risposta. Possibilmente prima della March Madness.

Chicago State. L’unica indipendente della Division I ha chiuso la propria annata lunedì scorso vincendo facile con una squadra della NAIA. È da sempre uno dei programmi più malridotti in circolazione, ma da un paio di stagioni può sorridere: 11 vittorie l’anno scorso e 12 in questo tra cui l’upset clamoroso contro Northwestern a metà dicembre. In tre stagioni coach Gerald Gillion ha portato a casa più successi (30) di quanti ne avessero collezionati i suoi predecessori nel giro di sette. Rispetto.

 

Florida Atlantic. Ormai non ne azzecca mai due di fila. La vittoria a spron battuto con SMU, che veniva da sei successi consecutivi, sembrava rendere fattibile il colpo esterno con Memphis, priva di Malcolm Dandridge, sospeso per irregolarità accademiche. Invece gli Owls si sono afflosciati nella ripresa, in una gara equilibrata nel punteggio ma in cui l’inerzia è sempre apparsa favorire i Tigers. A Boca Raton non resta che sperare che marzo sia di nuovo magico per la truppa di Dusty May.

Coleman Hawkins (Illinois). Altra rapida trasformazione nel giro di pochi giorni. Hawkins ha avuto in mano, dalla lunetta, la possibilità di battere Penn State e rimanere nell’orbita di Purdue prima dello scontro diretto. 0/2 ai liberi decisivi a suggellare una prova negativa (3/11 dal campo e 5 palle perse) che ha portato al clamoroso ribaltone finale. Punto nell’orgoglio, il centro ha poi trascinato i suoi contro Iowa, che aveva messo sotto Illinois per tutta la partita: 30 punti, di cui 13 arrivati nell’ultimo quarto di gara.

 

Michigan. Ogni settimana pensi che i Wolverines abbiano toccato il fondo e puntalmente ti smentiscono, mostrando che al peggio non c’è mai fine. Altre due sconfitte, il record di Big Ten è 3-14, Olivier Nkamhoua è out fino alla fine della stagione con un polso rotto e la gara interna con Purdue ha riservato un tipo di umiliazione che va al di là dell’84-76 finale e che già si era verificato con gli Spartans alcuni giorni prima: al Crisler Center i tifosi ospiti facevano più rumore dei locali, banda studentesca compresa. Ad Ann Arbor ormai non aspettano altro che quest’annata finisca al più presto.

Gabe Cupps (Indiana). C’era chi sperava di rivedere nel freshman degli Hoosiers la stirpe dei tiratori bianchi dell’Indiana. Invece per ora il ragazzo sembra più un altro prodotto tipico dello stato: l’albero di Acero. Nelle quattro L consecutive per la squadra allenata da Mike Woodson (coach occhio che in Indiana le sconfitte rendono nervosi) il fattore comune è stata l’incosistenza della guardia. Doveva essere il backup di Xavier Johnson, è solo al primo anno. Tutto vero. Ma 10 punti e 2 assist totali in 4 partite con 2/9 da due e 2/9 dall’arco sono davvero pochino. Bianco come un fantasma.

 

Virginia. Bella la difesa ma bisognerebbe metterla nel paniere ogni tanto. Gli Hoos non arrivano a quota 50 punti segnati da tre gare e le ultime due sono costate carissimo: un primo tempo da 16 punti e conseguente randellata in casa dei cugini di VTech (75-41) e poi un’altra prima frazione con identico bottino che in sostanza ha pregiudicato la partita con North Carolina (54-44). 30% dal campo fra i due match e ciaone alla vetta della conference: UVA superata sia da UNC che da Duke, con Wake Forest che incalza dalle retrovie.

Allen Flanigan (Ole Miss). La porcata in campo della settimana l’ha fatta il senior dei Rebels, che contro South Carolina ha perso completamente la testa e rifilato una gomitata in piena faccia a Zachary Davis. Un gesto così violento e improvviso da lasciare di sasso gli stessi tifosi di Ole Miss. Espulso durante il match, ora non resta che vedere quali provvedimenti saranno presi ma non sarebbe assurdo né ingiusto vedere una sospensione fino alla fine della stagione.

 

Kyle Filipowski travolto dalla folla. Wake Forest vince in casa contro Duke. Festa. Tutti in campo. La folla però travolge il più forte giocatore dei Blue Devils, Kyle Filipowski che esce dal campo zoppicando dopo essersi fatto male al ginocchio destro. Un incidente che sta tenendo banco negli Stati Uniti dove è in corso un processo contro le invasioni di campo con tanto di moviola (tipo calcio in Italia) per capire chi ha causato e provocato chi. Filipowski sostiene che sia stato tutto intenzionale. I filmati e i fotogrammi non lo dimostrano. Resta il fatto che quella delle invasioni di campo è una brutta abitudine del college. L’euforia è comprensibile e anche pittoresca, ma è chiaro che in quelle situazioni gli incidenti sono dietro l’angolo.

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