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Week 17, Dillon Jones re delle mid con numeri irreali

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 4 Mar, 2024

Tennessee e Illinois macinano vittorie pesanti con Dalton Knecht e Marcus Domask sugli scudi, RJ Davis segna nuovi record ma il primo di tutti a lasciare a bocca aperta questa settimana è Dillon Jones di Weber State che si candida con prepotenza ad un posto al Draft. Ecco le pagelle della Week 17.

 

Dillon Jones (Weber State). Si è conquistato uno spazio nei discorsi sul Draft a suon di prestazioni d’alto livello e in settimana si è superato con due bottini da urlo: 30 punti, 23 rimbalzi, 9 assist contro Northern Colorado e poi 21/14/7 contro Northern Arizona, con un po’ d’emozione mostrata per il suo Senior Day, per due vittorie preziose nella corsa al secondo posto della Big Sky. Ala grande che non arriva ai due metri, ma con due braccia infinite e un fisico roccioso, ha inscritto il suo nome fra le leggende dei Wildcats viaggiando in doppia doppia di media per tre stagioni filate (20.7 punti e 10.1 rimbalzi quest’anno più 5.3 assist e 1.9 recuperi) e le sue acute capacità di playmaking potrebbero far gola a diversi front office.

Marcus Domask (Illinois). È la perfetta spalla per uno come Terrence Shannon. Un braccio da armare per segnare con continuità come in questa settimana: 22 contro Minnesota e 31 contro Wisconsin, i quali non hanno potuto arginare la sua precisione dall’arco (5/7 nelle due partite), i suoi isolamenti in post basso o gli attacchi dal pick and roll. Non è atletico, non è veloce, ma è incredibilmente intelligente e tecnico, a tal punto da sfornare anche assist dietro la schiena per i compagni.

 

Dalton Knecht (Tennessee). Auburn e Alabama. Una settimana che poteva valere per Tennessee la testa della SEC e, forse, un allungo per il seed numero 1 al Torneo Ncaa. Due vittorie di forza e autorità che portano il marchio, soprattutto quella contro i Tigers, di Dalton Knecht. Nel momento di massimo splendore di Auburn, l’ex Northern Colorado ha vestito i panni del supereroe: negli ultimi dieci minuti di partita mette a segno più punti lui (25) che tutta Auburn messa insieme (21). Alla fine saranno 39 in una sfilata di canestri contestati e tagli al ferro. Con Alabama non si ripete (13 punti per lui), ma ormai la sua presenza apre spazi per gli altri.

RJ Davis (North Carolina). Per battere NC State è bastato un RJ normale (tradotto: 15 punti, 7 rimbalzi e 5 assist) perché tanto a fare la voce grossa c’erano anche Ingram e Cadeau. Prima però con Miami, in una gara più incerta del previsto, invece è servito eccome il miglior Davis: 7/11 da due, 7/11 da tre e 7/9 ai liberi per 42 punti che rappresentano il nuovo record alla Dean Dome. Rimane un candidato credibile per il quintetto All-American così come per un posto in NBA, perché la taglia conta il giusto con quel tipo di movenze e di precisione dall’arco.

 

Justin Moore (Villanova). È tornato a essere quello dei tempi migliori, al momento più opportuno. 15 punti e il canestro della staffa in una vittoria esterna di vitale importanza contro Providence, proprio pochi giorni dopo aver dato ottimi segnali con Georgetown (14 punti). 8/14 da tre in totale in settimana al servizio di una Villanova letale dall’arco (26/50 di squadra fra i due match) e che finalmente appare completamente degna di un posto al Torneo Ncaa, perché non è mai banale fare la partita per un tempo intero a The Dunk, oltretutto in una contesa che era quasi uno scontro diretto in ottica at-large bid.

Gonzaga. A metà gennaio la sconfitta contro Santa Clara sembrava aver messo la parola fine alle ambizioni di March Madness degli Zags ma da allora il record dice 14-1, compresa l’ultima netta vittoria sul campo di Saint Mary’s, grazie alla doppia doppia da 20 punti e 10 assist di Ryan Nembhard e ancora una volta a un grande Graham Ike, ossia il transfer che ti cambia la stagione con oltre 23 di media nelle ultime 7 partite. “We’re playing our best basketball. It’s March and that’s a great sign”, ha detto coach Mark Few. Che ora è decisamente fuori dalla bubble e la striscia di 24 Tornei consecutivi può continuare.

 

Pennelloni italiani. Bella settimana per i lunghi di casa nostra. Leonardo Bettiol ha segnato un career-high da 23 punti in una prova di grinta e fisicità sui due lati del campo contro Utah Tech subito dopo aver registrato 17 punti e 8 rimbalzi contro Southern Utah. Abilene Christian ha vinto le ultime 6 dopo aver perso le precedenti 4 gare e potrebbe essere una spina nel fianco al torneo della WAC. Giovanni Emejuru è stato più volte una nota positiva per Siena in una stagione disgraziata: in settimana, 30 punti e 9 rimbalzi in una vittoria sfiorata con Manhattan e poi un onesto 12 più 7 contro la capolista Quinnipiac. C’è gloria azzurra anche nelle high school: Michelangelo Oberti, futuro giocatore di Penn, ha messo su una doppia doppia gigante (22 punti e 22 rimbalzi) e stanotte si giocherà la finale di sottosezione (North Jersey Non-Public B) con la sua Morris Catholic.

Kimo Ferrari (Brown). All’improvviso uno sconosciuto. Fino allo scorso weekend, il buon Kimo viaggiava sui 5 punti di media uscendo dalla panchina ma ha deciso di onorare il suo Senior Day con una prestazione fuori di senno: 39 punti con 14/16 dal campo fra cui 10 triple (record all-time di squadra). L’avversario, Dartmouth, era modesto, ma la vittoria conquistata non è banale: i Bears hanno infatti così strappato il quarto e ultimo posto per il torneo della Ivy League con una gara d’anticipo.

 

Loyola Chicago. Il -15 rimediato in casa di St. Bonaventure ha fatto le gioie di Richmond, che ora è a un passo dal vincere in solitaria il titolo di regular season nell’Atlantic 10. I Ramblers però si sono rifatti subito con una prova convincente e importante davanti il proprio pubblico (Sister Jean compresa) contro Dayton che potrebbe consegnare loro il seed numero 2 al torneo di conference. Doveva finire a metà classifica e invece battaglierà per un posto alla March Madness facendo leva sulla migliore difesa dell’A-10 e un attacco che, quando gira, può fare molto male alle avversarie.

Minnesota. Che il segreto per vincere sia… tirare male? In casa dei Gophers qualcuno se lo sarà fatto venire il dubbio. Non è saggio fare a gara a chi segna di più contro una formazione come Illinois. E infatti Minnesota è rimasta scottata nella maniera più incredibile: è l’unica squadra negli ultimi 25 anni (includendo NBA e WNBA) a segnare oltre 95 punti col 70% da tre e non più di 5 perse in un match. E anche l’unica a perdere nonostante questi numeri. Dal 14/20 dall’arco con gli Illini si è passati poi a un modesto 5/20 con Penn State, ma è riuscita a vincere nonostante un 11/23 dalla distanza degli avversari.

 

Hunter Dickinson (Kansas). Qualcuno gli dica che segnare tanti punti non basta. 37 in due partite non sono abbastanza per salvare Kansas da una settimana priva di vittorie. Anzi, l’ex Michigan contribuisce non poco alle due sconfitte. 6/15 dalla lunetta in una sconfitta punto a punto contro BYU. Kansas dimostra nuovamente di non avere la continuità sui 40 minuti e l’attacco a volte si arena senza che il suo go-to guy riesca a fare nulla per smuovere le acque. Dickinson è scomparso su entrambi i lati nei quattro minuti in cui Baylor ha messo la freccia: inesistente in attacco, senza mai trovare la giusta misura nel drop in difesa, lasciandosi torchiare da Jayden Nunn e RayJ Dennis.

Texas Tech. È in piena lotta per il quarto posto in Big 12 con Kansas e BYU che le garantirebbe un doppio bye al torneo di conference. Ecco, perdere in casa il derby contro Texas è stato un bel match point mancato. Un inizio di partita tragico dei Red Raiders, sotto di 24 all’intervallo. Nel secondo tempo si è anche scatenato il parapiglia con un simpaticone della student section (poi portato via di peso) che si è messo a lanciare bottiglie dopo un blocco piuttosto duro di Brock Cunningham. C’è voluto l’intervento di coach Grant McCasland per calmare gli animi. La settimana si è chiusa con un’ovvia vittoria contro West Virginia.

 

Wake Forest. Se la vittoria contro Duke doveva lanciarli verso la March Madness, ecco subito che i Deamon Deacons si sono scontrati con la realtà dell’ACC. Due sconfitte pessime tra Notre Dame e Virginia Tech che inquinano il record e la reputazione. Due collassi giganteschi nei secondi tempi: le gambe non funzionavano più e finivano per fare falli, Hunter Sallis è andato fuori giri in attacco finendo per sparacchiare e contro gli Hokies sono stati sommersi dall’arco dei tre punti. Così si ritorna dritti nella bubble.

La panchina di Wisconsin. In settimana si è arresa a una rediviva Indiana e poi a Illinois, ma è da un mese che le cose non girano. La mancanza di opzioni certo gioca un ruolo in questa crisi (7 sconfitte nelle ultime 9 gare). Tutte le squadre restringono le proprie rotazioni durante il clou della stagione, ma i Badgers lo fanno da parecchio tempo e molto più per necessità che non per virtù: Wisconsin è fra le ultime 50 formazioni in D1 per minuti dalla panchina, col freshman John Blackwell unico ad avere spazio vero. Dura andare lontano così.

 

Boston College. Sarebbe stato ingeneroso chiederle di essere una BC degna dei tempi di Al Skinner, ma il potenziale mostrato nell’arco di queste tre stagioni con Earl Grant al timone non è mai venuto a galla in modo definito, anzi la squadra ha sempre faticato quest’anno e infine è affondata completamente nelle ultime due settimane (record 6-12, rischia di chiudere penultima nella ACC). Che tristezza vedere Quinten Post, uno dei migliori giocatori europei in Division I degli ultimi anni, battagliare da solo con Virginia (24 punti e 10 rimbalzi) e con Pitt (30 e 12): proprio non meritava di beccare un -25 nel suo Senior Day.

Ball State. Sarà un caso che se abbreviate Ball State viene fuori BS? Probabilmente no. Metteteci un po’ di disattenzione e un po’ di sfortuna, ed ecco servito il modo peggiore di perdere una gara sulla sirena finale. 1.6 secondi da giocare, rimessa dal fondo per Western Michigan. Parte il più ovvio (ma anche impreciso) lancio da quarterback che però non trova le mani né di un compagno né di un avversario, rimbalzando perfettamente in quelle di un giocatore di WMU lasciato incredibilmente solo soletto a ridosso della linea di fondo.

 

La squadra femminile di Davidson. Non hanno fatto nulla di male: è solo che questa volta riserviamo il posto più basso delle pagelle per il Premio Sfiga, non solo di questa settimana ma dell’intera stagione. Davidson, che aveva iniziato l’annata vincendo 12 dei primi 13 match disputati, ha infatti dovuto alzare bandiera bianca e ritirarsi dal competere per il resto della stagione, rinunciando quindi all’ultima gara di regular season e al torneo di conference. Il motivo: troppi infortuni. Fra legamenti crociati saltati, ginocchia malridotte e piedi fratturati, il roster infatti è finito per dimezzarsi a causa di ben sei season-ending injuries che non hanno risparmiato nemmeno una delle tre leading scorer della squadra. Una situazione e una decisione talmente incredibili da aver fatto il giro di tutti i news outlet americani, non solo sportivi.

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