Quentin Grimes è finalmente sbocciato e, per chi segue il college basketball da un po’ di tempo, è una bella notizia. Il giocatore che ci aveva prima sedotto al suo esordio (26 punti con 6/10 da tre per far vincere Kansas contro Michigan State due anni fa) e poi abbandonato nel corso dell’anno coi Jayhawks, ha trovato il suo habitat naturale a Houston ormai da un paio di anni.
Dall’investitura di Bill Self (“il freshmen più forte che abbia mai allenato”) a quella di Kelvin Sampson (“Ha smesso di autosabotarsi, concedendosi di diventare un giocatore dominante”) c’è tutta la storia di Grimes che, in questo secondo anno a Houston, sta salendo di colpi, sentendosi subito più coinvolto nel ruolo da leader e principale bocca di fuoco in una versione dei Cougars da Final Four.
La scorsa stagione è stata di ambientamento (tanto che Grimes la definì “il suo secondo anno da freshman”) ma adesso sta giocando come mai prima in carriera. Le prestazioni contro Texas Tech, Boise State, Temple e South Carolina sono state così di alto livello da inserirlo vicino ai vari Luka Garza, Trayce Jackson-Davis e Hunter Dickinson, nella corsa al KenPom Player of the Year. Un vero e proprio attestato di stima per un giocatore che sembra, però, essere più limitato e meno dominante rispetto agli altri contendenti.
Era tutto un equivoco
Se volete capire quanto fiducia, esperienza e fit contino nella pallacanestro, Quentin Grimes è l’esempio perfetto, perché il suo gioco è cambiato poco dalla triste parentesi di Kansas. Quando arrivò a Lawrence, ci fu un grosso equivoco sulla sua posizione. Self lo voleva usare come creatore dal palleggio, ma Grimes palesò tutti i limiti che continua ad avere ora.
Nella motion offense di Sampson, tutti toccano il pallone e Grimes viene usato più come finalizzatore che come creatore di gioco. Sale in punta, riceve la palla, ribalta il lato e inizia la danza sui blocchi per prendere spazio e tirare. Ha bisogno che altri creino lo spazio che da solo non saprebbe creare.
Non ha un primo passo fulminante (clip 1), non ha un ball handling che gli permette di battere l’avversario e va in difficoltà se il marcatore la mette sul fisico (clip 2, la palla persa decisiva contro Tulsa). Per questo il coach di Houston limita i suoi possessi da ball handler, nonostante dimostri di saper leggere il gioco (clip 3) e avere gli istinti giusti (clip 4) per far segnare il compagno.
È un tiratore micidiale in uscita dai blocchi, sul passaggio consegnato in punta del lungo e sugli scarichi. E anche se sbaglia, non è un problema, perché Houston è #4 nella nazione per OffReb%. Questo significa che una sua tripla sbagliata ha circa il 40% di possibilità di essere catturata da un compagno. Ciò lo porta a tirare senza timore ogni volta che ha spazio (34.2% su 7.2 tentativi).
Quentin Grimes è un tiratore funzionale al gioco di Houston, ma che non eccelle nelle statistiche che misurano l’efficienza di un tiratore. Se lo paragoniamo a gente del calibro di Jordan Bohannon, John Petty, Corey Kispert, Sasha Stefanovic, Chris Duarte, Marcus Zegarowski, Jalen Wilson, Ayo Dosunmu o Jared Butler, Grimes è il peggiore sia in eFG% (45.2, l’unico tra questi sotto il 50%), che TS% (52%) oltre a essere penultimo fra questi per selezione di tiro secondo ShotQuality (solo Bohannon gli sta dietro).
Infatti non è raro vederlo tirare con basse percentuali. Grimes fatica molto a trovare altri sbocchi per il suo attacco che derivino dal tiro. Non è un giocatore esplosivo al ferro, né ha creatività nel puntare il canestro (ha solo il 50% al ferro) e tende ancora a sbattere contro i lunghi. L’esperienza però gli viene in aiuto. È meno scriteriato nella scelta dei tiri, ha aggiunto una serie di esitazioni e finte che gli permettono di punire la foga dell’avversario di turno, collezionare falli (4.9 viaggi in lunetta di media) e convertirli in punti (dal 66% dello scorso anno all’88.9% di questo), oppure concludere con un floater.
Quando vede l’area troppo intasata, spesso fa retromarcia e scarica per un compagno oppure prova una soluzione dal mid range che, però, è sempre molto complicata (31.7% da quella zona del campo). Il volume di tiri presi al ferro è pressoché quello dello scorso anno (28.2% del 19-20 contro il 25% di quest’anno), ma la determinazione con cui se li prende è diversa, rendendo la vita difficile anche a chi lo marca.
Infatti ha dato il via al parziale decisivo contro Wichita State con due penetrazioni al ferro che hanno portato falli e punti a casa. La difesa ha iniziato a negargli l’accesso in area e lui li ha ripagati con due triple dal palleggio. Negli spazi e in transizione, Quentin Grimes è in grado di far risaltare il proprio talento. Il recente addio di Caleb Mills ha causato uno scossone negli equilibri offensivi: se Grimes riuscisse a garantire questa continuità palla in mano, potrebbe aumentare la propria incisività in attacco.
Non solo canestri
Un giocatore che va in difficoltà contro giocatori fisici sicuramente soffrirà a rimbalzo. Beh, nel suo caso, non proprio. Viaggia a 6.8 rimbalzi di media e, nella lista dei tiratori citata prima, solo Jalen Wilson (che gioca tanti minuti da 5) gli sta davanti per DR% e OR% (20.9% e 9.4% contro 15.8% e 6.0% di Grimes). La guardia texana gioca d’astuzia, fa valere la sua buona taglia e racimola qualche punto da rimbalzo offensivo in pieno stile Cougars, mentre sotto ai propri tabelloni spesso lo si vede sotto canestro pronto per aiutare.
Astuzia e applicazione vengono impiegate anche in difesa, il suo vero tallone d’Achille nelle prime due stagioni al college. Gli errori ci sono ancora ed è l’anello debole della fortissima difesa di Houston (#6 per Adj. Defense su KenPom), ma coach Sampson gli ha fatto un gran complimento dopo la partita contro Texas Tech: “Gli ci è voluto un po’, ma è diventato un Cougar. Difende, prende rimbalzi, gioca duro. Non ho parole per dire quanto io sia felice di lui”.
Essere Cougar significa far parte di uno dei sistemi difensivi più organizzati della nazione, molto aggressivo sul lato forte con la capacità di recuperare sul ribaltamento grazie al mix di velocità, taglia ed equilibrio delle proprie guardie (Grimes questo lo fa molto bene), proteggere il ferro e controllare i rimbalzi.
Per fare quello che fa in attacco, Quentin Grimes ha dovuto imparare a difendere sulla palla, lontano dalla palla, ruotare, velocizzare i piedi e non essere spazzato via fisicamente. Il potenziale fisico per essere un buon difensore c’è sempre stato ma necessitava di un lungo e duro apprendistato che l’ha accompagnato per tutta la scorsa stagione che si è concluso con ottimi risultati: lo scorso anno quando sedeva in panchina la difesa concedeva 9.5 punti su 100 possessi in meno, quest’anno è scesa a 3.6 in meno, secondo Hoop-Explorer.
Da quando c’è coach Sampson, Houston è una delle squadre più continue della nazione: 138-59 è il record negli ultimi sei anni, sempre almeno 20 vittorie nelle ultime cinque stagioni, una Sweet Sixteen persa all’ultimo tiro contro Michigan (poi finalista) e due titoli di AAC. Tutto questo ne fa la powerhouse della conference, l’unica che può sognare davvero in grande. Virginia ha dimostrato che la ricetta difesa d’élite-ritmo basso non basta. Serve anche un attacco che funzioni. E Quentin Grimes ha finalmente le capacità per far compiere quel salto di qualità alla sua squadra.