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Trayce Jackson-Davis nella leggenda d’Indiana

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 6 Feb, 2023

Quella con Purdue è una vittoria che a Bloomington ricorderanno a lungo. E porta la firma di Trayce Jackson-Davis, protagonista atteso che sta disputando una stagione fantastica. Le pagelle della Week 13.

 

Trayce Jackson-Davis (Indiana). La storia recente della rivalry Purdue-Indiana è stata una storia di sberle rifilate dai primi ai secondi. Poteva essere così anche quest’anno, invece la Assembly Hall è stata un inferno e TJD il diavolo che ha torturato gli avversari con 25 punti, 7 rimbalzi e 5 stoppate, unico a mettere su un bottino simile in 25 anni battendo una #1 della poll (cosa che agli Hoosiers non riusciva dal 2013). Gara fantastica per un giocatore che sta disputando un senior year da sogno e che merita maggiore considerazione in ottica NBA.

Aidan Mahaney (Saint Mary’s). Trovate un giocatore – un freshman, per giunta – che nella gara di gran lunga più attesa da anni del suo programma inizia con un 1/10 al tiro ma poi ha la tenacia e la classe per proseguire con un 7/9, segnare 16 punti nel giro di 5 minuti e servire anche l’assist per mandarla all’OT. Questo è Mahaney e questa è Saint Mary’s che si conferma padrona della West Coast con due vittorie di vantaggio su Gonzaga, allungando quella che è ora la seconda striscia vincente più duratura in D1 (12 successi).

 

Azuolas Tubelis (Arizona). Coach Tommy Lloyd ha ragione quando dice che i media non danno abbastanza credito al lituano, che è vicino al ventello con doppia doppia di media (20.8 punti e 9.5 rimbalzi) per una delle migliori formazioni della D1, ma raramente menzionato come candidato All-American. I suoi 40 punti in faccia ad Oregon sono stati allucinanti per la sistematicità con la quale ha punito la difesa avversaria e la maturità mostrata nel non inseguire il record, anzi mettendosi al servizio della squadra fino all’ultimo secondo.

Xavier. Nello scontro al vertice contro Providence ha la forza di rialzarsi all’overtime dopo qualche sbavatura nel finale dei regolamentari. Souley Boum, Jack Nunge e Colby Jones scollinano quota 20 e trovano in Jerome Hunter la risorsa per sopperire all’assenza pesantissima di Zach Freemantle. Contro St. John’s non c’è storia: 15 triple, come mai in stagione. In una Big East così tirata basta una settimana storta per perdere la bussola e invece i Musketeers confermano una solidità e una profondità di armi invidiabile.

 

Derek Lively (Duke). Otto in pagella come otto sono le stoppate rifilate a North Carolina, record per un Blue Devil nella rivalry delle rivalry il cui ultimo capitolo è andato in scena sabato scorso. Anche 14 rimbalzi per lui, mettendo così insieme due career-high in un colpo solo. Game MVP per i numeri di KenPom, cosa che in genere non succede con un giocatore che segna 4 punti. Piccola, grande rivincita personale per il lungo, un prospetto NBA che ha visto le proprie quotazioni andare in picchiata durante la sua prima stagione al college.

Eastern Washington. Cade Charleston, cade Florida Atlantic e allora la striscia vincente aperta più lunga della D1 è ora quella degli Eagles, che non perdono da 14 gare e guidano la Big Sky con record 12-0. Al secondo anno da HC, il 34enne David Riley ha messo in piedi una squadra che per prolificità offensiva ricorda tanto le migliori versioni di EWU guidate in passato da Shantay Legans e Jim Hayford. Andare al Torneo però non sarà semplice e alle sue spalle c’è una sempre ottima Montana State (10-2) che si sta esprimendo su livelli pressoché identici.

 

Iowa State. Come cambiare il volto di una settimana nel giro di due gare. Contro Texas Tech ha subito la rimonta più clamorosa degli ultimi quindici anni di college basket: da +23 a sconfitta all’OT. Fino a quel momento la partita era stata un clinic difensivo dei Cyclones capaci anche di colpire in attacco in diversi modi. Per sfortuna di Kansas, coach TJ Otzelberger ha risolto il bug in tempo per la sfida di sabato dove Iowa State è riuscita ad azzerare l’attacco dei Jayhawks (78.6 di Adj. Eff.) e condurre la fase offensiva in modo efficiente.

Mountain West. Appare in forma smagliante come conference medio-alta che manda sempre squadre al Torneo senza però garanzie sulla quantità (in genere un paio). Ecco, quest’anno di pretendenti serie ce ne sono tante grazie al modo in cui vittorie (diverse buone) e sconfitte (pochissime quelle cattive) nella gare fra di loro si stanno incastrando. Ben cinque infatti sono le squadre nella Top 40 del NET, facendo persino meglio della ACC (tre): San Diego State (23), Boise State (27), Utah State (32), Nevada (34) e New Mexico (37).

 

Toumani Camara (Dayton). Quest’anno non è raro vederlo sfoderare prestazioni impressionanti, il che lascia l’amaro in bocca visto che spesso i suoi sforzi non bastano per raddrizzare la rotta di una squadra che continua a performare al di sotto delle attese. In settimana si è scatenato su una debole Loyola (career-high di 31 punti condito da 9 rimbalzi) contro la quale è servito un OT per vincerla e poi ha messo insieme una doppia doppia da 12 punti e 17 rimbalzi con St. Bonaventure nella terza sconfitta di fila in trasferta dei suoi.

Mason Gillis (Purdue). Dalle stelle alle stalle. L’ala junior si è rovinato quella che poteva essere una settimana memorabile, passando dallo scintillante 9/12 dall’arco contro Penn State (29 punti alla fine per uno il cui career-high precedente era di 14) a una prestazione deludente contro Indiana. Gli Hoosiers hanno difeso molto bene, ma Gillis si è mostrato impreparato a gestire una gara per una volta punto a punto (a Purdue quest’anno non è capitato spesso). Oltre ai soli 5 punti hanno pesato anche le 3 perse.

 

Markquis Nowell (Kansas State). In una stagione fin qui esaltante era forse inevitabile una battuta d’arresto. E se la sconfitta in casa di Kansas non è colpa sua, nella L contro Texas le sue responsabilità ci sono. A parte che ha sparacchiato per tutto il match (0/5 dall’arco) e perso 6 palloni a fronte di 3 assist, nell’azione decisiva si è incistato a volerla risolvere da solo. Prima è stato stoppato senza pietà, poi dopo essere miracolosamente rientrato in possesso della palla si è di nuovo buttato dentro a testa bassa, perdendola. Momento no.

Utah. Le sue speranze di at-large bid sono andate a farsi benedire con una L casalinga contro Stanford che, per i rigori del NET, corrisponde a una sconfitta Quad 3. Andare al Torneo Ncaa non è un imperativo per questa squadra, ma certo non fa piacere veder svanire quasi del tutto le proprie chance con una prestazione ignobile dal semplice punto di vista della voglia. La guardia titolare Gabe Madsen sarà out come minimo per altre 3 settimane e gli Utes dovranno fare del proprio meglio per consolidare almeno un posto con seed alto al Nit.

 

Armando Bacot (North Carolina). In doppia doppia sia con Pitt che con Duke, ma mai come in questo caso i numeri mentono. Settimana tremenda per UNC con due sconfitte di fila e per la sua stella, prima tenuto a bada da Federiko Federiko – vero unsung hero della rinascita dei Panthers – e poi surclassato dal già citato Derek Lively, senza nemmeno scoccare un tiro negli ultimi 12 minuti. Insomma, cotto e stracotto dai suoi diretti difensori e nemmeno aiutato un po’ dai suoi compagni.

Armaan Franklin (Virginia). C’è una Virginia con Franklin che fa il leading scorer e una con Franklin che colleziona ferri. La prima può vincere la ACC e andare oltre anche eventuali giornate storte in difesa; la seconda collassa praticamente contro chiunque. Si ferma a 6 punti l’ex Indiana nel derby perso contro Virginia Tech che si conferma l’ammazzagrandi di una conference senza padroni. E la pessima giornata di Franklin priva gli Hoos della possibilità di prendersi la vetta.

 

Ohio State. Il legame di lunga durata tra coach Chris Holtmann e la March Madness si spezzerà quest’anno, salvo un febbraio clamoroso. OSU butta via la possibilità di rientrare nel discorso bubble perdendo due scontri cruciali con Wisconsin e Michigan. Nove sconfitte nelle ultime dieci per una squadra che ha trovato una gemma in Brice Sensabaugh senza però supportarlo in nessuna maniera. Zed Key è lo zimbello dei lunghi della Big Ten, Bruce Thornton e Justice Sueing sono troppo alterni e la difesa non regge.

Portland. Non solo sta deludendo (4-7 nella WCC) ma con Pepperdine ha perso dopo due OT nel modo più incredibile. Sbagliato il libero del +4 con 8″4 da giocare, subisce contropiede e canestro con fallo da Yoon, uno che quest’anno ha giocato in tutto 17 minuti. Fallisce il pareggio col libero aggiuntivo, Sjolund prende il rimbalzo ma poi sgomita: fallo normale per Pepperdine e tecnico per Portland. Entrambe le squadre fanno 1/2 in lunetta ma i Waves hanno il possesso finale con 0.6 sul cronometro: basta a Porter per infilare il tap-in della vittoria.

 

La student section di Colorado State. Il pubblico dei Rams è noto per essere in genere folto e appassionato, quindi è inevitabile trovarvi lì in mezzo anche un pugno di teste di rapa. Il settore studenti è andato molto oltre lo sfottò contro Utah State con un “Russia, Russia” scandito a più riprese quando in lunetta c’era Max Shulga, ucraino la cui famiglia è costretta a vivere sotto le bombe di Putin. Immediata la condanna di staff e università, ma è difficile rimediare in quanto a immagine quando un episodio così sconfina al di fuori dei media di settore.

Vanderbilt. Il record di Alabama per la vittoria in SEC con il più ampio margine di scarto si deve (anche) a una prestazione orripilante di Vanderbilt che ha tirato il 38% da 2 e il 10% da 3 in una gara finita 101-44. Per chi avesse visto la partita dall’inizio (sigh), i Commodores sono partiti 5 a 0, poi non hanno più segnato per 10 minuti, chiudendo il primo tempo a quota 15. Coach Jerry Stackhouse ha detto “all’allenamento pre-partita erano carichissimi”. E quando sono spompi cosa fanno, autocanestro?

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