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Un freshman meraviglia e un coach buffone nella Big Ten

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 27 Feb, 2023

Le pagelle della Week 16 incoronano un freshman stellare (Jalen Hood-Schifino) e un veterano nelle vesti di salvatore (Justin Moore). Ai piani bassi si ride forte grazie a Fran “Clint” McCaffery mentre con Alabama e l’affaire Brandon Miller c’è ben poco di cui stare allegri.

 

Jalen Hood-Schifino (Indiana). Se sei un Hoosier e a farti i complimenti dopo un derby vinto c’è un ex Purdue, vuol dire che sei speciale. “I will rarely compliment anything IU related, however, Hood-Schifino is an absolute star. Kid is so smooth and talented, ha twittato Sasha Stefanovic. Davanti al pubblico delle grandi occasioni (14.876 spettatori) ha giocato la gara della vita portando Indiana a vincere il secondo match dell’anno coi Boilermakers. Career-high da 35 punti e un feeling col canestro da vero campione per questo chiaro prospetto da Draft.

Justin Moore (Villanova). Il bello delle profezie è che non si sa quando si avvereranno. Tutti dicevano che con Moore sarebbe stata un’altra Villanova, una che nessuno vorrebbe affrontare al torneo della Big East. A quasi un mese dal ritorno, la star dei Cats ha cominciato a carburare contribuendo a due vittorie prestigiose con Xavier in trasferta e con Creighton in casa: 25 punti nella prima, mentre nella seconda ha distribuito 8 assist (con zero perse) con Eric Dixon che si prendeva i riflettori (31 punti). A Philadelphia è tornato il sole.

 

Keyontae Johnson (Kansas State). C’è tanto del suo in una squadra che finirà nella Top 4 della Big 12. La partita contro Baylor (25 punti a referto) è stato il sunto della sua stagione: una stella che gira all’interno della squadra e che sa forzare quando K-State necessita di un appiglio in attacco. Arriviamo quindi a tagli, triple in catch-and-shoot e alley-oop, ma anche ad isolamenti nel mid range. Jerome Tang fa 2/2 contro il suo mentore dimostrando di saper fare reagire i suoi dopo ogni KO. Un po’ come Keyontae nella vita.

Bradley. Il calendario della Missouri Valley ci ha regalato uno scontro diretto per il titolo di stagione regolare all’ultima giornata e i Braves si sono imposti su Drake con un’ottima prova corale partita dalla loro difesa d’élite, proprio contro quella squadra dalla quale avevano rimediato un -25 a metà gennaio. Coach Wardle era stato il primo a legarsela al dito, usando quel bagno d’umiltà per motivare i suoi: messaggio recepito, perché da allora Bradley ha rasentato la perfezione. Sarebbe bello averle entrambe al Torneo, ma purtroppo non pare possibile.

 

Kevin McCullar (Kansas). Ha di fatto regalato ai Jayhawks due vittorie cruciali per la corsa al titolo nella Big 12 grazie a delle autentiche perle in difesa. Una doppia stoppata con palla recuperata negli ultimi 30 secondi con TCU più il secondo tempo di puro domino contro West Virginia, dove possiamo contare: una palla strappata dalle mani di Tre Mitchell in post e una stoppata sempre ai danni del numero 3, oltre ad una tripla di tabella che ha pagato la cauzione per tutti. Un’altra arma micidiale nelle mani di una Kansas veramente pericolosa.

Merrimack. Per la seconda volta si è laureata campione di regular season nella NEC ma non la vedremo al Torneo Ncaa indipendentemente da quel che farà in quello di conference, visto che alle neoarrivate è vietato partecipare alla postseason nazionale durante i primi quattro anni di permanenza in D1. Certo, non ci perdiamo qui uno spettacolo sensazionale (penultimo Adj. Offense della nazione per una squadra che vince le partite con 40 minuti di zona 2-3) ma il caso fa riemergere l’annosa questione: quant’è giusta questa vecchia regola?

 

Tyson Walker (Michigan State). Chi ama il basket sa apprezzare anche i cosiddetti “losing effort”. Vittima della settimana un Tyson Walker quasi perfetto, che però non è bastato a Michigan State per portare a casa la vittoria. Il play degli Spartans ha giocato in maniera egregia in attacco (31 punti con 9/12 e 2/3 dall’arco), in difesa e in regia (5 assist). Tutto bene fino a 30 secondi dalla fine quando Iowa con un improbabile 4/4 da tre ha portato la gara all’overtime, poi vincendola in una rimonta delle più incredibili mai viste.

Nick Smith (Arkansas). Jeff Goodman dice che, con questo Nick Smith, Arkansas può essere una squadra da secondo weekend a marzo. Facili entusiasmi a parte, l’impatto del freshman è stato notevole su entrambi i lati del campo: sollevato dai compiti di playmaking, ha mostrato tutta la sua confidenza con il canestro. Georgia è stata crivellata a colpi di triple (5/8 per 26 punti in totale), Alabama l’ha spinto dentro facendogli abbassare le percentuali (9/23 al tiro) ma è comunque riuscito a dire la sua tra floater e fadeaway.

 

Mike Miles (TCU). Una settimana complicata ma a lieto fine: contenuto dalla difesa di Kansas ma poi dominante contro Texas Tech. Esistono due versioni estremamente diverse di TCU: una potenzialmente da Final Four con Miles in campo e una senza che non vedrebbe l’NIT neanche con il binocolo. Gli Horned Froges non hanno ancora tradotto in campo il proprio potenziale (che è altissimo) a causa di frequenti infortuni. Serve un Miles in versione stellare per oltrepassare grandi difese e andare lontano a marzo.

Terrence Shannon (Illinois). Eccone un altro con una settimana d’alti e bassi, ma in ordine inverso. Strepitoso contro Northwestern (26 punti con 8/10 dal campo e 6/9 ai liberi) dopo aver saltato le precedenti due gare, ma poi con Ohio State non è andato oltre i 10 punti e si è ritrovato estromesso dalla partita per falli a 2:16 dalla fine sotto di 10. Sconfitta bruttissima per gli Illini che così rimangono alle spalle del gruppone che sgomita per il secondo posto nella Big Ten.

 

Occasioni sprecate nella bubble. Avevamo parlato di 6 squadre pericolanti in ottica Torneo Ncaa con gare importanti da vincere nel weekend appena passato. Tre hanno colto la palla al balzo (Arizona State, Clemson e North Carolina) e tre hanno invece patito sconfitte in casa a dir poco brucianti. Texas Tech aveva completato una rimonta da -12 su TCU con un canestro di De’Vion Harmon a 13″ dalla fine, salvo poi farsi controsorpassare con due liberi JaKobe Coles subito dopo. Penn State invece aveva iniziato alla grande e sembrava averla in pugno con Rutgers, ma poi è andata nel pallone: +10 a metà secondo tempo ma solo 3 punti segnati negli ultimi 9:16, perdendo quindi per 59-56. Anche New Mexico sembrava potersi imporre con autorità (sulla doppia cifra di vantaggio a cavallo fra primo e secondo tempo) ma ha poi visto San Diego State avvicinarsi sempre di più fino a sferrare la stoccata decisiva con una tripla sulla sirena di Lamont Butler.

 

Arizona. Sopra di 10 punti a 6 minuti dalla fine, poi meccanismi in tilt. Nel finale la squadra ha concesso troppo a rimbalzo e subito le triple della rimonta. Alla fine in qualche modo l’aveva anche raddrizzata, ma una gestione superficiale dell’ultimo possesso ha concesso la tripla da metà campo a Desmond Cambridge. Tiro della disperazione, vero, però scoccato in completa libertà e con tutto il ritmo del mondo. Tante cose da aggiustare qui e là, ma prima di tutto c’è da ritrovare un Azuolas Tubelis che si è smarrito nell’ultimo paio di settimane.

Virginia. A un certo punto è sembrato potesse essere la migliore squadra della ACC. Ecco, quei momenti sono passati. In settimana doppia sconfitta, prima contro Boston College e poi contro North Carolina. E se contro i Tar Heels fuori casa perdere ci può stare, il risultato di 63-48 contro gli Eagles invece lascia un po’ così. Polveri bagnatissime per i Cavaliers che hanno un problema: se Kihei Clark non segna, la squadra si inceppa.

 

Miami. È stato davvero difficile scegliere se mettere dietro la lavagna gli Hurricanes o promuovere Florida State e la tripla allo scadere del sophomore Matthew Cleveland che ha completato la più grande rimonta nella storia della ACC in termini di punti di distacco recuperati. Alla fine però scegliamo di bocciare Miami, sia per aver buttato via i 25 punti di vantaggio con cui ha iniziato il secondo tempo, per di più giocando in casa, sia per la gestione non felice nel finale. E ora Pitt è a sorpresa la regina della conference.

Fran McCaffery (Iowa). Da una rimonta incredibile a un’altra, facciamo un applauso ai giocatori di Iowa che hanno ridefinito il concetto di “non è mai finita fino a quando è finita”. Al loro coach invece possiamo dedicare al massimo una pernacchia dopo l’ennesima sceneggiata coi grigi. Niente urla, no: stavolta si è messo a fissare l’arbitro durante un timeout per una manciata di secondi che sembravano minuti. Si crede Clint Eastwood in un film di Sergio Leone ma somiglia di più a un nonnino capriccioso che ha bisogno di farsi una bella pennica.

 

Brandon Miller e Alabama. Forte è forte, non si discute: in settimana 41 punti contro South Carolina e poi 24 contro Arkansas e due vittorie per Alabama. Fuori dal campo però non si capisce se a Tuscaloosa ci sono o ci fanno. Prima viene fuori che Miller è stato coinvolto nell’uccisione di una ragazza di 23 anni (la pistola l’ha portata lui, storia che ha fatto il giro del mondo) e poi la squadra pochi giorni dopo ha proseguito con il rito della “perquisizione” di Miller prima della sua entrata in campo. Coach Nate Oats nel primo caso ha sostanzialmente detto “va beh sono ragazzi” e nel secondo, quello del rito pre-partita, ha detto “non guardo cosa fanno i miei giocatori, ma non succederà più”. Un pessimo spot per l’Alabama e le sue squadre sportive.

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