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Una March Madness per tutti, forse

March Madness
Autore: Riccardo De Angelis
Data: 11 Set, 2020

Questo periodo d’incertezza massima nello sport ha avuto almeno un piccolo effetto positivo: nell’immaginare come disputare la stagione a venire, le proposte fioccano ed è la fantasia a farla da padrona. Quello di rimodellare la non-conference season in mini tornei su campo neutro non è l’unico progetto fuori dagli schemi avanzato di recente. In settimana, infatti, i coach della ACC, guidati da Mike Krzyzewski, hanno proposto a chiare lettere un’idea parecchio stramba: quella di una March Madness aperta, in via straordinaria, a tutte squadre di Division I. Una trovata un po’ folle, a suo modo attraente e sicuramente di non facilissima attuazione.

La stagione 2020-21 vedrà ai nastri di partenza 357 formazioni. Fra queste ce ne sono 11 che, per vari motivi, sono ineleggibili per la post season nazionale (su tutte, spicca la Oklahoma State di Cade Cunningham). Restano quindi 346 squadre che andrebbero a formare la madre di tutti i tabelloni. In che maniera? I già menzionati coach non l’hanno detto, mentre uno dei redattori di The Athletic immagina una prima fascia di 96 squadre che ottengono un bye mentre le restanti 250 vengono suddivise in 32 regional (da otto o sei squadre) che fungono da turni preliminari. Fin qui tutto bello, facile e affascinante. Soprattutto affascinante. Davide contro Golia è il sale del college basketball e un formato del genere sembra perfetto per creare storie improbabili di college scalcagnati che infilano upset della portata di terremoti.

Poi però c’è il lato pratico, ed è qui che i più storcono il naso. Come praticare controlli a tappeto quando di mezzo ci sono decine e decine di squadre impegnate a viaggiare da una parte all’altra degli USA? Quali sarebbero i tempi? Come immaginare uno sforzo del genere a marzo quando l’evoluzione della pandemia impedisce previsioni affidabili, adesso? Gli interrogativi aperti sulla questione sicurezza sono più che abbastanza per far naufragare questo strano sogno. Per aggiungere il carico, mettiamoci anche il lato economico. La NCAA non vede l’ora di rifarsi delle palate di soldi persi con la March Madness cancellata quest’anno: quali opportunità di rendita economica, in termini di diritti televisivi, potrebbero sorgere da un’orda di mid e low major che si azzuffano nei primi turni? Spiccioli, presumibilmente.

La NCAA, organizzazione che raramente dà risposte nette in tempi brevi, sembra propensa a tarpare le ali al progetto: “Al momento non stiamo lavorando su alcun piano di contingenza che contempli un’espansione del Torneo”, ha detto Dan Gavitt, vicepresidente della sezione pallacanestro maschile della NCAA. Queste però non sono parole scolpite nella pietra e molto potrebbe cambiare nel futuro prossimo. Se la proposta della ACC è forse troppo fantascientifica, un’allargamento del tabellone non sembra invece così irraggiungibile e, cosa non meno importante, non si discosta troppo da certe proposte di espansione che erano circolate più volte in passato, in normali tempi pre-coronavirus. Una proposta come quella abbozzata qui sotto da Billy Donlon, head coach di UMKC, potrebbe avere vita più facile nel riscuotere consensi, oltre a mettere facilmente d’accordo le high major (le at-large bid sarebbero più che mai cosa loro) e quelle mid major che sono solitamente relegate alla dimensione di one bid league. Marzo è lontano e il dibattito è appena iniziato…

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