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Zion Williamson, il carro armato che vola

Autore: Raffaele Fante
Data: 22 Ott, 2018

Peso: 130 chili. Vertical leap: misura-imprecisata-comunque-superiore-al-metro. E per Duke è subito record (gente bravina nella comunicazione, va detto).

C’è qualcosa che non va. Come è possibile che un carro armato voli come un girocottero? “It’s unreal”, dice Justin Robinson, il figlio dell’Ammiraglio David che nei suoi tre anni passati con i Blue Devils non aveva mai visto niente di simile

 

Mike Krzyzewski non è a Durham da 3, ma da 38 anni e spiega che “at that weight or approximately that weight, he moves as fast as anybody, jumps higher than anybody and he’s alert“. E’ la conferma che qualcosa di davvero unico è arrivato nel college basket, perché coach K non è tipo da iperboli o superlativi buttati lì a caso.

Zion Williamson è un incrocio tra Charles Barkley e Zach LaVine con un nome preso da un salmo della Bibbia e il doppio dei follower su Instagram di DeAndre Ayton e Marvin Bagley messi insieme. Dal padre, defensive lineman di 1.95, prende la stazza; velocità ed elevazione arrivano invece dalla madre, atleta che superava comoda l’1.80 nel salto in alto. Il primo pallone da basket glielo mette seriamente in mano il patrigno, quando a 5 anni inizia ad allenarlo nella sua squadretta. Solo che i suoi compagni hanno 9 anni.

I suoi genitori hanno appena divorziato e Zion ha già fatto il giro del South Carolina. Da Salisbury, mamma Sharonda lo porta a Florence e poi a Greenville, dove va a vivere con il suo futuro marito, Lee Anderson, ex point guard di Clemson e appunto coach del circuito AAU. In realtà, Zion non è ancora un bambino nel corpo di Hulk e la madre possiede numerose foto del figlio circondato da compagni più grossi e alti. Ecco perchè gioca da esterno e Anderson gli insegna tutti i movimenti che un esterno deve avere. A 13 anni, infatti, è un metro e 75, niente di particolare. A 14 anni, la prima schiacciata. A 15, è 1.98. Ops.

E’ all’inizio della sua seconda stagione con la squadra della Spartanburg Day School, un istituto privato a poche miglia da casa sua. Non è esattamente una fabbrica di talenti, al punto che il coach della squadra, Lee Sartor, fa il poliziotto e solo nel tempo libero allena i Griffins. La prima volta che ha visto Zion giocare era alle medie: “Back then he was an above-average player with a high basketball IQ. That’s all. No one knew this would happen”.

Quello che succede, anche abbastanza in fretta, è che man mano che Zion cresce, la palestra da mille posti diventa troppo piccola fino a costringere Spartanburg Day prima a far pagare l’ingresso e poi ad assumere uno staff apposta per gestire partite diventate veri e propri eventi. Sulle poltroncine rosse e blu dell’Upward Star Center si siedono tutti i coach che contano, da Roy Williams a Rick Pitino, da John Calipari a Bill Self. Mike Krzyzewski porta tutto lo staff di Duke a vedere un suo allenamento, ma si fanno vedere anche Arizona, UCLA, oltre a Clemson e South Carolina. Pubblicamente nessuno può dire niente su di lui, l’Ncaa lo vieta, ma è facile che in molti abbiano usato la ‘tattica Roy Williams’: “Gli ha detto che è probabilmente il miglior giocatore visto al liceo dai tempi di Michael Jordan”, ha riferito Sartor.

Perché son tutti lì? Zion viaggia a 36 punti e 13 rimbalzi di media. ESPN trasmette una volta sì e l’altra pure le sue giocate su SportsCenter’s. Ha giocato nei circuiti Adidas e Under Armour e il suo repertorio di schiacciate è un cattura-clic per chiunque. “As crazy as that sounds, my company literally moved me last year for four months because of a kid,” ha spiegato Donnie Bui che ha caricato per Ballislife 11 video su YouTube che in un paio di mesi hanno raggiunto 4 milioni di visualizzazioni.

 

In campo, ha un problema solo: “I did take him out of a game one day – spiega ancora il suo ex coach Lee Sartor – because he missed two dunks. I think Zion has a goal of not ever doing the same dunk in the game, and he kept trying to do something too creative”.

La creatività piace molto: cantanti, attori, stelle pro, c’è un circo attorno a lui, ma lo sa gestire. “No part of this bothers me”, e non è dote da poco. Molto del merito va a mamma Sharonda che pretende buoni voti a scuola e stanza pulita dove lei entra alle 22, prende il telefono e spegne la luce.“Easygoing” e “homebody”, lo definisce lei, cioè ‘pacifico’ e…no, forse ‘pantofolaio’ suona un po’ troppo fuori luogo per uno sradicaferri che gioca con la sua ferocia. Ma, insomma, il concetto è chiaro: il tempo libero lo passa a casa a guardare Naruto e Dragon Ball Z e a giocare ai videogiochi, senza macchinone alla LaMelo Ball.

“Mia mamma è il coach più duro che io abbia mai avuto”, spiega. Carattere inflessibile e situazione economica non certo complicata dei suoi genitori rendono poco verosimile il suo coinvolgimento nello schema pay for play descritto nel processo in corso a New York da manager, scout e allenatori, ma meglio non dare niente per scontato. Di sicuro ha avuto contatti con l’Adidas, visto che la casa tedesca veste sia Spartanburg Day, sia la squadra del circuito AAU con cui ha giocato d’estate, sia Kansas dove è andato in visita ufficiale nel settembre del 2017 prima di scegliere un college Nike come Duke. Con un annuncio in diretta su Espn che vi abbiamo già raccontato.

Coach K ne ha viste tante, e non sono certo voci riportate da personaggi del sottobosco del college basket a fargli perdere il sonno. Così come non si scompone per nulla per il peso di 285 libbre, riportato ufficialmente da Duke sul suo sito. “We’re not talking about someone who has excess body fat. This is a kid that’s in pretty damn good shape and just has a man’s mass. I’m not concerned about that”.

Solo Boban Marjanovic lo supera con 290 libbre (e 20 cm in più) secondo Johnathan Wasserman, giornalista di Bleacher Report che si è spulciato tutti i roster delle squadre Nba. Joel Embiid è 250, DeAndre Jordan e Steven Adams 265, Zaza Pachulia e DeMarcus Cousins 270 libbre e sono tutti almeno 10 cm più alti di lui. Ma chi fra loro sa condurre un contropiede così?

 

Ecco perchè il coach di Duke lo definisce “graceful”, questa volta esagerando un po’. Certo non come Stephon Marbury che lo considerà già più forte di Lebron James e in grado di raggiungere Michael Jordan. Lasciamo perdere. Inutile fare previsioni sulla carriera di un ragazzo nato nel 2000 che non ha ancora giocato un solo minuto di pallacanestro vera.

Duke giocherà con una five-out motion offense in cui verrà lasciato libero di fare più o meno quello che vuole, senza posizioni o compiti predefiniti: “I’m a basketball player”, ha risposto a un giornalista di Espn, che gli ha chiesto qual è il ruolo in cui preferisce giocare al termine della Countdown to Craziness, la tradizionale serata di apertura della stagione dei Blue Devils al Cameron Indoor di Durham. Dove, per la cronaca, si è presentato così ai suoi nuovi tifosi

“I’m going to shock the world”, è il tweet fissato sulla sua pagina. “Spartanburg is a city that doesn’t just create goals, but achieves them”, si legge sulla homepage del sito della cittadina dove è cresciuto. Bella frasona americana perfetta per Zion che a 5 anni sapeva già cosa voleva: “Go to college to play basketball and be the No. 1 player in the country”. Sulla prima parte ci siamo, la seconda è tutta da vedere. Ma numero 1 o meno, di certo non passerà mai inosservato.

 

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