Arizona si è aggiudicata l’unico vero big match della settimana, nientepopodimeno che in casa di Duke. Il che ne fa automaticamente la regina della Week 1. Le prime pagelle della stagione.
Arizona. “We’ve got some dawgs and we played like it”. Vincere in casa di Duke non è mai semplice, ma essere in grado di aggredire la partita di certo ti mette in posizione di giocartela. Così hanno fatto i Wildcats che già ora appaiono in una versione più muscolosa e affamata di quanto visto sotto Tommy Lloyd finora. Kyle Boswell promette benissimo, Caleb Love si è dimostrato affidabile nel momento decisivo, Pelle Larsson è il solito jolly prezioso e Keshad Johnson pare un’aggiunta perfetta per fare la voce grossa a rimbalzo e in difesa insieme a Oumar Ballo. Se la gioventù in panchina sarà all’altezza, può fare paura a chiunque.
Dalton Knecht (Tennessee). È esagerato dire che un attaccante così la Tennessee di Rick Barnes non l’ha mai avuto? L’ex Northern Colorado ci ha messo poco a prendersi l’attacco dei Vols. Grande naturalezza nell’attaccare il canestro, cambiare direzione grazie ad un buonissimo ball handling e concludere in più maniere: è difficile fermare un giocatore che può indistintamente arrestarsi per un tiro dal mid-range, concludere con entrambi le mani a canestro o mettersi a lavorare spalle a canestro. Ne sa qualcosa Wisconsin che non è mai riuscito a prendere le contromisure adatte subendo ben 24 punti dal Knecht.
Ja’Kobe Walter (Baylor). Pulito, efficace e decisivo. L’impatto del freshman sull’attacco di Baylor è stato impressionante nel temibile esordio contro Auburn: 28 silenziosi punti, frutto di un attacco continuo al canestro (10 su 10 ai liberi) e di una pulizia nei movimenti lontano dalla palla che gli hanno sempre regalato metri di vantaggio. Non va più su perché nelle successive partite, più morbide rispetto alla prima, la sua precisione al tiro è scesa ma siamo sicuri che Walter ci farà divertire grazie alle sua capacità balistiche e la sua concretezza.
Isaiah Collier & Boogie Ellis (USC). In attesa di Bronny James, coach Andy Enfield si gode il backcourt formato da Collier ed Ellis. Uno complementare all’altro: Collier si sfoga per primo e Ellis colpisce per secondo. Uno punta sulla forza del suo corpo e l’esplosività del primo passo, l’altro sulle sue capacità in ball handling e la precisione dall’arco. A tutto questo va aggiunto che entrambi non si stanno risparmiando sul lato difensivo, dove i Trojans, pur soffrendo a rimbalzo, hanno mostrato applicazione e velocità nelle rotazioni. Al momento tutto funziona.
Olivier Nkamhoua (Michigan). Questi Wolverines erano tutti da immaginare alla vigilia della prima palla a due, ma forse pure i tifosi più ottimisti non si aspettavano un inizio così buono. Spazzate via UNC Asheville (di 25) e Youngstown State (di 30), due mid non eccezionali ma dignitose, mostrando un attacco che gira a meraviglia e buoni sprazzi difensivi. E il transfer da Tennessee ha fatto un figurone: 25 punti e 7 rimbalzi nella prima gara, 17 & 10 nella seconda. Tecnica, eleganza, fisicità e atletismo: tutte caratteristiche già conosciute ma ora accompagnate pure da un piglio da leader vero. Un Nkamhoua così può dominare nella Big Ten.
Joe Octave (Holy Cross). Senior che aveva giusto due ventelli in carriera, va in casa di Georgetown e mette insieme la partita della vita per un upset storico per la sua piccola Holy Cross: autore di 19 degli ultimi 22 punti segnati dai Crusaders, finisce con un totale di 33 (quasi la metà della squadra nel 68-67 finale) conditi da 11 rimbalzi e una deflection decisiva nell’ultima azione. Una guardia low-major come se ne vedono tante, senza attributi speciali, ma combattivo, sveglio e dinamico dal palleggio quanto basta per mettere in croce la grande di turno che sborsa soldi per un buy game e si ritrova con le pive nel sacco.
Kel’el Ware (Indiana). Sembra un altro giocatore. Alla corte di Mike Woodson, sta iniziando a mostrare sempre di più i flash che tutti quanti si aspettavano lo scorso anno ad Oregon. Certo, Florida Gulf Coast e Army non sono due grandi test, per quanto entrambe le partite sono state tirate per tutti i 40 minuti, ma il centro di Indiana ha fatto vedere qualcosa di interessante: contro FGCU in difesa, dove ha aspettato sotto canestro poveri malcapitati da stoppare, contro Army in attacco mostrando finalmente la sua facilità al tiro che lo rende a tratti incontrastabile. Buoni segnali quindi, in attesa di scontri più temibili.
Wade Taylor (Texas A&M). Dopo essere stato un po’ una sorpresa la scorsa stagione, quest’anno la guardia è finita nelle watchlist di tutti i commentatori del college basketball americano (compresa la nostra). Quando ci sono così grandi aspettative, il rischio è che inizino a tremare i polsi. Non al play-guardia di Dallas però, che ha giocato una prima partita stellare all’esordio (16 punti con 4/7 dall’arco, 4 rimbalzi e 6 assist) mentre ha faticato di più nel match successivo, ma contro Ohio State. Gara nella quale ha un po’ spadellato da tre (1/9), ma chiusa comunque con 21 punti fondamentali.
Alfredo Boglio & Emmanuel Innocenti. Diciamolo chiaro: l’Italia del college basketball ha offerto ben poche soddisfazioni nelle ultime stagioni, quindi tutte le buone notizie – anche quelle meno risonanti – che riguardano gli azzurri sono davvero le benvenute, specialmente se provengono dai freshmen. Le matricole a tutti i livelli in genere faticano a trovare spazio, ma i nostri Boglio (Robert Morris) e Innocenti (Tarleton State) sembrano già godere di fiducia dai rispettivi coach. Entrambi partiti dalla panca all’esordio e poi apparsi nello starting five nelle due gare successive, stanno viaggiando a quota 21.3 e 27.3 minuti di media rispettivamente. Inoltre tra i returning players ci sono Edoardo Del Cadia (Detroit Mercy), Giovanni Emejuru (Siena) e Nicolò Nobili (Boston University) che stanno godendo di minutaggi in impennata rispetto alla stagione passata. È solo l’inizio e il loro impiego attuale non garantisce nulla, ma almeno promette bene.
Malik Hall (Michigan State). Sei libero, tira! Il labiale di coach Mike Izzo visto a bordo campo era questo. Con chi ce l’aveva l’allenatore? Con il “suo” Malik Hall, ala tuttofare di Michigan State, giocatore esperto e perno degli Spartans sui due lati del campo. Il mezzo lungo al quinto anno nel roster di East Lansing ha iniziato la stagione con le mani freddissime, ma questo è un problema perché nel suo utilizzo da stretch four dovrebbe aprire le difese col tiro da fuori e una mobilità da esterno. Hall però nelle prime due partite è risultato spesso “esitante”. E ora arriva Duke.
Saint Mary’s. Ha battuto d’autorità New Mexico ma è destinata a salutare già la Top 25 dopo lo sgambetto subito da Weber State in casa propria, complice un blackout offensivo nella ripresa: solo 20 punti segnati, abbastanza per dilapidare il buon +11 dell’intervallo. Fra un match e l’altro, Aidan Mahaney è passato dalle stelle alle stalle (25 punti coi Lobos e poi 11 con 4/14 al tiro coi Wildcats), ma non è stato l’unico a sparacchiare e di certo non è l’unico colpevole. Troppe palle perse, troppa superficialità: questa non è ancora una squadra che può impensierire Gonzaga nella WCC.
Mark Mitchell (Duke). “Contro Arizona tornerà Mitchell e quindi Duke finalmente potrà…”. Quindi niente, perché l’ala dalle grandi speranze dei Blue Devils ha portato in dote il giusto atletismo, ma la sensazione di essere non del livello della partita. Il tiro resta brutto e fa una fatica enorme ad entrare (0/4 da tre), il trattamento di palla rimane rivedibile. Coach Scheyer nel finale (e i tifosi lo hanno notato) ha scelto di tenere in campo il lungo Ryan Young, che pure ha giocato una partita non brillante. Ma per fare una grande stagione Duke avrà bisogno di un grande Mitchell.
Louisville. La squadra ha vinto di un punto all’esordio contro UMBC, unico motivo per cui non prende un voto più basso. La partita dopo, contro Chattanooga, è arrivata la prima sconfitta in casa della stagione ed è chiaro che non sarà l’ultima. I Cardinals continuano a tirare malissimo da tre e a sembrare più un’armata Brancaleone che una squadra dall’alto lignaggio Ncaa. I tifosi sono già stufi di coach Kenny Payne. Il giudizio complessivo? Un brav’uomo che vuole bene a Louisville. Fine. È giusto che segua le partite da bordo campo, ma da spettatore, non in panchina.
DePaul. Prendiamo come capo allenatore Tony Stubblefield, il reclutatore che si è messo in mostra con Oregon, cosi porteremo grandi campioni a Chicago e faremo vincere l’università. Tutto sbagliato. I Ducks anche senza Stubblefield hanno continuato a richiamare ottimi prospetti, mentre DePaul fa sempre peggio. Due sconfitte in casa, una contro Long Beach State che fa male e la prima contro Purdue Fort Wayne che fa malissimo. Non quotato l’esonero del coach a fine stagione.
Maryland. Con un gesto di grande signorilità sportiva, grazie a 10 minuti di puro orrore cestistico all’inizio della ripresa, ha regalato la prima vittoria a UAB (che si salva dai voti bassi grazie a questa W). I Terrapins sono partiti 1-2 con l’unica vittoria all’esordio contro Mount St. Mary’s e con due sconfitte consecutive contro Davidson e appunto i Blazers. La squadra tira malissimo da tre, commette troppi falli stupidi e non sembra avere buon apporto dalla panchina (compreso il transfer Jordan Geronimo). Campanello d’allarme per coach Willard.
Dove si vedono le partite? È la domanda che voi lettori ci avete sempre fatto, a novembre come a marzo. E ogni volta avevamo la risposta. Quest’anno, no. ESPN Player non c’è più e nessuno ne ha raccolto l’eredità. L’accesso dall’estero a ESPN+, piattaforma che copre la gran parte delle gare di college, risulta impervio anche per i VPN più rinomati. Siamo nel 2023 e i metodi poco legali per godersi una partita live – Rojadirecta e i suoi figli, per intenderci – sono stati quasi del tutto spazzati via. E se ci sono, pregate di non essere infettati da chissà quale virus. Siamo nel 2023, eppure qui in Italia (e in Europa) seguire un campionato sportivo con milioni di fan e un giro d’affari miliardario è un’impresa da romantici, disperati carbonari della palla a spicchi.