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Cooper Flagg non è perfetto e per questo Duke fa paura

Cooper Flagg - Duke
Autore: Paolo Mutarelli
Data: 10 Gen, 2025

E se vi dicessimo che Cooper Flagg è stato croce e delizia di questa Duke zeppa di talento e seria candidata al titolo? Se vi dicessimo che la migliore difesa della D-I, secondo KenPom, ha ancora margini di miglioramento proprio perché il suo leader e volto principale è ancora in uno stadio grezzo della sua crescita, specialmente offensiva? Molti di voi non si preoccuperebbero perché in Italia Duke è una delle squadra più tifate, ma state certi che i coach delle rivali dei Blue Devils lo stanno facendo eccome.

La solidità di Flagg è la solidità di Duke

A settembre ci chiedevamo se l’estate del predestinato, quella in cui tutto sembra possibile, si sarebbe tramutata effettivamente sul campo all’iniziare della stagione. Dopo due mesi possiamo dire con certezza che Cooper Flagg è in grado di dominare il campo in NCAA grazie ad un impatto difensivo e una forza fisica in grado di spaccare le partite. L’istinto fuori dal comune e l’acume tattico lo portano quasi sempre a fare le scelte migliori nella metà campo difensiva dove Jon Scheyer ha deciso di attutare la tattica che John Calipari attuava negli anni migliori di Kentucky: una squadra di atleti fuori scala per la Division I, forti fisicamente, senza un giocatore più basso del metro e 96 e capaci di giocare più tipi di difese.

Duke ha il lusso di tenere Cooper Flagg a riposo in difesa, lasciando il lavoro sui blocchi e di protezione del ferro a Khaman Maluach e alla grande sorpresa Maliq Brown. Se con Maluach in campo, Duke preferisce essere più prudente, l’intensità si alza quando entra l’ex Syracuse che adora aggiungere pressione sul perimetro. La completezza di Flagg si nota proprio nella capacità di interpretare diversi spartiti: se con il centro sudanese Flagg lavora più sui rimbalzi e sugli aiuti in difesa, con Brown le sue braccia da pterodattilo giocano sulle linea di passaggio e sui piedi veloci permettono equilibrio alla difesa nelle rotazioni. Questa ha portato Duke, per la prima volta nella sua storia, a concedere meno di 60 punti a partita ai rivali.

Cooper Flagg è grossomodo questo difensore da cinque anni, da quando al Mondiale U17 si è imposto con forza nell’immaginario cestistico americano. Il dubbio è sempre stato se fosse stato in grado di riproporre, e a quale livello, quelle soluzioni difensive una volta che la competizione si fosse alzata. Questi primi mesi di stagione ci dimostrano come Flagg sia un’anomalia fisica per la media dei corpi NCAA, ancora più sorprendente visto che il nativo del Maine ha raggiunto la maggiore età solo qualche settimana fa. I Cameron Crazies se lo coccolano mentre coach Jon Scheyer non ha paura di sfidare i limiti della potenziale prima scelta al prossimo Draft, anche a costo di perdere qualche partita.

Il potenziale di Flagg è il potenziale di Duke

Se fosse tutto perfetto nel gioco di Cooper Flagg, Duke avrebbe almeno due vittorie in più. Kentucky e Kansas hanno sfruttato alcune lacune evidenti nel gioco dell’americano per spuntarla in finale punto a punti. Non esiste un lieto fine nei migliori racconti senza la presenza di qualche indicente iniziale e, qualora Flagg riuscisse a pulire il suo gioco in attacco in questi mesi di ACC, i guai saranno seri per le altre contendenti. KenPom dà i Blue Devils favoriti in ogni partita da qui alla fine dell’ACC. I motivi sono due: l’ACC 2024/25 non è irresistibile in generale e la seconda miglior squadra, Pittsburgh, è appena stata triturata da Duke e da una schiacciata impressionante di Flagg.

Leggendo le stats di Flagg, non si noterebbero dei problemi nella produzione offensiva: 17.5 punti, 8.5 rimbalzi, 3.7 assist di media, Come mostrato però in quest’analisi sulla sua selezione al tiro, il lungo di Duke è forte ma non fortissimo al ferro, dove prende tanti tiri, e spesso si accontenta di prendere tiri dal mid-range, la zona meno battuta anche in NCAA negli ultimi anni. In generale Duke è una squadra che, nonostante la dominanza fisica mostrata in difesa, tende a tirarsi indietro dinanzi al ferro: solo il 14% delle proprie conclusioni infatti arrivano da lì.

Cooper Flagg segna perché atleticamente è più forte e più lungo del resto dei rivali, ma raramente vediamo delle giocate tecnicamente pulite o canestri da scorer elegante. Se Ace Bailey è eleganza unita a discontinuità, Dylan Harper è compostezza mista ad un arsenale definito, Flagg è una forza della natura che lo fermi solo mandandogli più corpi addosso nella speranza che lui si incarti. A coach Jon Scheyer piace dargli la palla in mano e lasciarlo creare in isolamento senza mandare blocchi e Flagg non riesce mai a creare vantaggio. Nessun primo passo fulminante, nessun palleggio ubriacante, solo un piede dopo l’altra, una spallata dopo l’altra, fino a che non si inerpica a trovare due punti. Ogni penetrazione del biondino del Maine è una lotta corpo contro corpo per arrivare al canestro. Se la presenza di un lungo vicino a lui lo rende più dominante in difesa, in attacco ingombra l’area e lo porta spesso a fare i salti mortali.

É impressionante che riesca a mantenere questo livello di produzione nonostante lo sforzo fisico ingente richiesto da questo tipo di gioco. I tanti tiri dal mid range spesso sono presi anche per scappare da questo supplizio fisico incessante e i risultati sono interessanti. Flagg ha naturalezza nell’arrestarsi e prendersi il tiro, ma non ancora la continuità nel segnare. É molto pulito e anche preciso in uscita dai blocchi e, quando gli viene lanciato spazio, è un oggetto inarrestabile e potenzialmente spettacolare: solo che non Duke non ha nel backcourt in grado d’innescarlo, né l’area aperta per far esplodere il suo atletismo. Su questo sembra avere un po’ lo stesso dilemma vissuto da Giannis Antetokounmpo durante il suo sviluppo: meglio portatore di palla o lungo da innescare?

Flagg si è detto ossessionato dagli errori fatti nel finale contro Kentucky, coach Jon Scheyer l’ha parzialmente deresponsabilizzato prendendosi la colpa di non aver disegnato un buon schema, ma confermando la volontà di dare la palla in mano a Flagg nei minuti decisivi. “Mi fido del suo istinto” è la frase con cui ha giustificato le due palle perse contro i Wildcats del suo miglior giocatore. É difficile credere in una crescita repentina tale da sbloccare tutto il suo potenziale, ma a Duke tutti rimangono stupiti dall’intensità con la quale il biondino del Maine lavora sui propri limiti. Il lotto di contendenti al titolo nazionale, al momento, è ben nutrito, ma può sfoltirsi parecchio se Flagg farà il salto di qualità.

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