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Dylan Harper, l’arte di andare al ferro

Dylan Harper
Autore: Andrea Mauri
Data: 20 Dic, 2024

Al suo approdo in NCAA, Dylan Harper era già tra i prospetti da seguire per gli addetti ai lavori, ma è riuscito persino ad eccedere le aspettative in questi primi due mesi di gare. Nella settimana del Ringraziamento si sono registrate orde di osservatori a Las Vegas per vederlo giocare nel Players Era Festival. E non sono rimasti delusi. Nonostante il torneo sia terminato con un modesto sesto posto, il freshman ha messo in mostra tutto il suo valore contro Notre Dame e Alabama, finendo entrambe le partite con oltre 35 punti segnati.

Figlio del cinque volte campione NBA Ron Harper, Dylan ha sorpreso un po’ tutti scegliendo Rutgers, programma non al livello delle blue bloods, e lo ha fatto principalmente per due motivi: la vicinanza a casa con la legacy di suo fratello Ron Jr. ed il sogno di portare al titolo un underdog assieme al migliore amico di sempre, Ace Bailey.

Un ferro come amico

Mamma Maria – sì, nella famiglia Harper tutti hanno il basket nel sangue – da ragazzino gli proibiva di prendere jumper, incitandolo ad attaccare il canestro a più non posso. E i risultati si vedono. Dylan sta già dimostrando di essere uno dei giocatori offensivi più importanti del panorama collegiale. Le sue penetrazioni al ferro riempiono gli highlights delle partite di Rutgers e superano i numeri NCAA di alcuni grandissimi dell’attuale NBA, come ad esempio James Harden e Shai Gilgeous-Alexander.

Nonostante abbiano già provato ad abbinargli qualsiasi tipo di difensore presente nei roster, la percentuale di conversione al ferro di Harper è irreale se confrontata con quella degli altri giocatori presi in esame. L’esplosività e il controllo del corpo che possiede gli permettono di bruciare l’avversario in partenza e di muovere la retina anche in condizioni precarie. Durante il Players Era Festival ha messo in piedi una vera e propria dimostrazione delle sue capacità offensive sia come scorer, che come creatore. Soprattutto contro Notre Dame ha mostrato discreta presenza a rimbalzo e buone capacità di playmaking, un dato comunque da non sottovalutare perché quasi un quarto dei canestri segnati dai compagni derivano da una sua assistenza.

Un jumper da non sottovalutare

Dal grafico si può notare come sia molto elevata la percentuale di occasioni create in isolamento, o comunque senza l’aiuto di compagni, valore che torna molto utile quando il tiro in sospensione non entra. Ecco, Harper non aveva impressionato da quest’ultimo punto di vista durante il primo mese di stagione, ma nelle ultime tre gare ha messo insieme un bel 10 su 20 da tre tondo tondo, passando così dal 28.6% su 4.5 tentativi a partita al 36.4% su 5.0, non solo mettendola da piazzato ma spesso e volentieri anche dal palleggio (pure da distanza NBA), come nel caso dello stupendo buzzer beater col quale ha deciso il rivalry game con Seton Hall. Un canestro che a tanti ha ricordato quello messo dal fratellone tre anni fa contro Purdue, segno che il talento e la clutchness sono davvero di famiglia.

Insomma, c’era il sentore che i numeri non riguardanti le penetrazioni fossero destinati a migliorare col tempo, e già adesso si scorge una possibile svolta in tal senso. L’upside è di alto livello e ha dalla sua parte il tempo e la fiducia di tutti. Tanto da poter impensierire Cooper Flagg come potenziale numero uno del prossimo NBA Draft.

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