Chi non muore si rivede. In Top 25, nel caso di Texas Tech. I Red Raiders di Davide Moretti hanno interrotto una striscia negativa di tre sconfitte – che li aveva estromessi dal ranking della Associated Press, battendo la (ormai ex) numero 1 Louisville e poi, da novella numero 24 della AP Poll, l’hanno spuntata contro una buona Southern Miss.
Due successi in mezzo alle difficoltà (l’assenza di Jahmi’us Ramsey, per dirne una) e la sensazione che il meglio debba ancora arrivare. Il lavoro da fare è però tanto e riguarda anche il nostro azzurro, autore di 18 e di 17 punti nelle due partite in questione.
Le vittorie tornano, la mira va via, i nervi restano
Partite abbondantemente in doppia cifra, dunque, per l’italiano nelle ultime due vittorie. Non fa più notizia, ormai, visto che si parla di un giocatore che, dopo 10 match disputati, viaggia a 14.5 punti di media con una sola gara chiusa sotto i 10 punti (8 contro Iowa). Quel che invece salta all’occhio sono le basse percentuali dal campo nelle ultime uscite.
In generale, ci si dovrebbe preoccupare un po’ se il tuo punto di riferimento in squadra – per leadership ed esperienza – è reduce da un 9/42 dal campo (21.4%) nelle ultime tre gare. Col Moro, non è proprio così. Tante fra le conclusioni sbagliate con Louisville e Southern Miss erano tiri “suoi”, di quelli che potrebbe mettere a occhi chiusi. Specie quelli dall’arco dei tre punti, dove comunque conserva un più che buono 37.1% su 6.2 tentativi a partita (l’anno scorso aveva un assurdo 45.9%, ma con due tiri di media in meno).
Abilità tecnica, buone abitudini e un curriculum statistico che parla da sé: quelle 16 triple sbagliate sembrano decisamente più un caso che un campanello d’allarme. Insomma, è altamente improbabile che ci si debba abituare a giornate del genere.
Poi c’è il bicchiere mezzo pieno. Anzi, pieno per tre quarti. Contro i Cards, non sono mancati dei canestri pesanti nella ripresa – sia dal campo che a cronometro fermo – per portare a casa una vittoria che quasi nessuno si sarebbe azzardato a pronosticare.
Contro i Golden Eagles, gli errori al tiro si sono concentrati nella prima metà della partita e il 3/5 dei secondi venti minuti ha restituito ossigeno a una squadra poco brillante. E anche lì, immancabilmente, il sigillo è arrivato dalla lunetta (38/39 ai liberi fin qui, ovvero il 97.4%), non prima però di una tripla clutch a 55 secondi dalla fine.
«Proviene dalla mia fiducia in me stesso. So quanto tempo passo in palestra. Quando non tiro bene, semplicemente mi dico che ho lavorato troppo duramente per non fare bene», ha detto Moretti alla fine dell’ultimo match, rispondendo a una domanda sul suo cambio di marcia al tiro fra primo e secondo tempo.
Insomma, il Moro non conosce scoraggiamenti e i suoi nervi si sono dimostrati perfettamente saldi nel bel mezzo di queste difficoltà, oltretutto con la posta in palio alta. Un qualcosa che è sempre importante e che diventa centrale quando giochi in una squadra il cui mantra è fatto di due parole: mental toughness. Va bene così? Sì e no – e Davide, eterno insoddisfatto per autodefinizione, forse qui ci direbbe più no che sì.
Un ruolo nuovo…
Il suo ruolo – inteso come peso all’interno del gruppo – è cambiato rispetto all’anno scorso: da una delle armi principali a fulcro offensivo della squadra (in maniera ancor più accentuata, ora, in assenza di Ramsey).
Adesso fare canestro è ancora più difficile. Pur rappresentando una piccola porzione del suo fatturato in attacco (l’11.3% dei tiri presi dal campo, secondo Hoop-Math), l’essere passato da un insolitamente alto 67.1% di realizzazione al ferro a un insolitamente basso 41.7%, dà in parte la misura della faccenda.
Moretti ha talento nel massimizzare i propri punti di forza, ma questa è un’area del gioco in cui ciò risulta più complicato. Rispetto a quello degli esordi, questo è un Moro decisamente più in grado di reggere i contatti e che sembra aver aggiunto qualcosa nel modo in cui usa il palleggio per provare a prendere vantaggio, ma tale vantaggio diventa arduo da concretizzare, se la velocità nello stretto è in sostanza sotto la media rispetto alle altre PG d’élite.
C’è qualcosa da sistemare anche nella gestione del pallone (il suo Assist Rate è rimasto lo stesso mentre le perse per possesso sono aumentate), specie dai blocchi sulla palla e dai consegnati, dove si sono visti qua e là alcuni singhiozzi in termini di tempismo nelle scelte.
Un problema, questo, che non si riduce al piano individuale: un po’ perché al momento Texas Tech non brilla (se non a tratti) nel muoversi lontano dal pallone, un po’ perché non ci sono altri elementi che facciano sostanzialmente meglio dell’italiano in quelle situazioni.
Sta di fatto che l’efficienza di Moretti da ball handler nei pick and roll (quella globale, cioè che include i passaggi nel dato) sta scendendo dagli 0.868 punti per possesso della scorsa stagione agli 0.742 di quest’anno, in un rating passato da good ad average, secondo le categorizzazioni di Synergy.
…in un contesto che deve crescere
Ricapitolando, la squadra di Lubbock è in un buon momento ma, giovane com’è, il lavoro da fare è tantissimo (il cattivo approccio alla gara con Southern Miss ne è un esempio).
L’attacco è ancora in cerca di fluidità (solo 1.058 punti per possesso) e persino la difesa, marchio di fabbrica da quelle parti, richiede di essere sistemata. La retroguardia di TT è la #8 in D-I per efficienza: è molto buona, a volte ottima, ma lontana dal suo massimo potenziale.
Ecco, potenziale: questa è la parola-chiave della stagione di Texas Tech, perché questo gruppo ha talento puro in una quantità mai vista prima in quattro anni di gestione Beard.
L’esperienza, beh, di quella ce n’è un bel po’ in meno, ma Davide Moretti è lì anche per questo. Dalla sua evoluzione in atto come leader principale, passa molto della stagione dei Red Raiders. Clutchness e carattere sembrano essere due buoni punti di partenza.
Cover Photo by Texas Tech Athletics