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Leandro Bolmaro, la new wave argentina

Bolmaro
Autore: Stefano Fontana
Data: 12 Mag, 2020

I tempi della Generación Dorada, quella che vinse due medaglie olimpiche e una mondiale, sono ormai belli che passati e forse non torneranno più, ma l’Argentina rimane un paese che può continuare a dire la sua nella pallacanestro di alto livello. Fra i giovani il talento non manca e Leandro Bolmaro ne è un buon esempio.

Nel 2018, il Barcellona lo preleva, diciottenne, dal Bahia Blanca (dove gli avevano già addossato un’eredità pesante come quella di Manu Ginobili) per aggregarlo alla seconda squadra. Con la selezione B dei blaugrana Bolmaro ha collezionato 42 presenze per 11 punti, 3 assist e 3 rimbalzi di media in circa 25 minuti a partita nel corso di due anni.

Dalla scorsa estate, coach Svetislav Pesic – il quale lo ha chiamato il Leo Messi del basket – lo ha promosso in prima squadra, trovandosi quasi obbligato a schierarlo a causa dei tanti infortuni che hanno funestato la stagione dei catalani. Bolmaro ha risposto con personalità alle 13 chiamate, distribuite tra ACB ed Eurolega.

Gli ingredienti principali della sua rapida ascesa: estrema intensità in entrambe le metà campo, statura (203 cm) che gli permette di adattarsi sia da guardia che da ala piccola e carattere da vendere. La fiducia in sé stesso potrebbe sicuramente aiutarlo ad approcciare al meglio un campionato ultra-competitivo come la NBA, un mondo in cui chi ha solo qualche dubbio di troppo viene lasciato indietro senza complimenti.

Nonostante le percentuali al tiro da tre non siano sensazionali, Bolmaro è un realizzatore solido: la sua qualità principale è la rapidità del primo passo, con cui fulmina il marcatore accelerando il palleggio e prendendo margine per finalizzare in penetrazione. I suoi movimenti sono davvero difficili da leggere anche per giocatori più esperti e, una volta dentro, è in grado di proteggere benissimo la palla, sfruttando le leve e la forza della parte superiore del corpo per trovare lo spazio giusto e chiudere verso il ferro, anche contro giocatori più alti.

L’argentino è un giocatore che ama attaccare con tempo e spazio a disposizione, ma non ha le caratteristiche del ball handler primario: la visione e il tempo di reazione sono buoni, così come la tecnica di passaggio, ma manca di continuità. Durante una partita i suoi assist sono più sprazzi di talento sparsi che giocate frutto di un’analisi attenta.

Il vestito ideale per lui sembrerebbe quello di seconda o terza opzione offensiva, ma attenzione alla sua utilità in difesa. Mani veloci per intercettare le linee di passaggio, difesa fastidiosa nell’uno contro uno e capacità di cambiare su quasi ogni tipo di avversario lo renderanno verosimilmente un giocatore gradito a tutti i coach d’oltreoceano.

Certo, i compiti da fare a casa non mancano: il movimento di tiro è da affinare, al pari delle qualità atletiche. Potrebbe essere molto più pericoloso se migliorasse in termini di elasticità e verticalità.

I Mock Draft lo posizionano alla fine del primo giro: è difficile dire quali squadre potranno scegliere in quelle posizioni, ma la preda è succulenta per franchigie con un core già di alto livello, come Los Angeles Lakers e Boston Celtics; o per quelle alla ricerca di pochi innesti per fare l’ultimo salto di qualità, come i Dallas Mavericks. In ogni caso, chi dovesse mettere le mani sull’argentino sa cosa si porta a casa: un possibile futuro specialista con buoni margini di crescita e l’intensità giusta per ricavarsi un ruolo importante sui parquet NBA.

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