Da Vlad Goldin e Danny Wolf che fanno brillare gli occhi per una Michigan dal potenziale intrigante a Doug Gottlieb che già inizia a sabotare la stagione di Green Bay. Ecco le pagelle della Week 5.
(Cover Photo: Marc-Grégor Campredon/MGoBlog)
Vlad Goldin e Danny Wolf (Michigan). Con Iowa ha sofferto un po’ più del dovuto buttando via 17 palloni, ma l’exploit sul campo di Wisconsin ci ha mostrato dei Wolverines che meritano un posto in Top 25 e che possono fare la voce grossa nella Big Ten. Tanto merito va alla coppia Wolf-Goldin, duo di sevenfooter come non se ne vede in giro: il primo è a tutti gli effetti una PG col corpo da centro e il secondo un David di Michelangelo che mostra concretezza come rollante e play finisher. I pick and roll fra i due sono spettacolo puro e in difesa possono abbassare la saracinesca su chiunque. Tanti auguri a chi se li troverà di fronte.
Eric Dixon (Villanova). Battuto un ranked team (Cincinnati) e poi randellata una squadra di livello medio (Temple). Villanova è tornata? No, però almeno adesso respira un po’ e grandissima parte del merito va a Dixon, gigante in tutti i sensi che sta compiendo uno sforzo erculeo nel tentativo di salvare la stagione dei Cats. 31 punti nella prima gara e 24 nella seconda senza incontrare opposizione al suo dominante e ineguagliato repertorio di inside-out scorer, tanto difficile da arginare in post quanto letale dalla distanza (è quasi irreale il suo 54.1% da tre in stagione).
Drake. Una delle storie più belle di questa stagione. Un allenatore di Division II (Ben McCollum) chiamato a ricostruire una squadra da zero che ha scelto di ripartire dai suoi pretoriani, giocatori snobbati dalla Division I. Il risultato è una partenza con record 8-0 e vittorie importanti contro Miami, Florida Atlantic e Vanderbilt. Un bello spot per il college basket.
UC Irvine. Russell Turner potrebbe avere fra le mani la sua miglior formazione di sempre, il che la dice lunga visto che in 15 anni da head coach ha vissuto ben poche stagioni mediocri. Record 9-0 (sette scarti in doppia cifra) grazie soprattutto alla difesa numero 7 della Division I per KenPom, è una squadra che non ha una vera stella ma tanti giocatori in tutti i reparti che sanno contribuire. Ha già viaggiato tanto (solo 3 partite in casa fin qui) e le prossime settimane la metteranno a dura prova con ben 5 trasferte consecutive. Se dovesse arrivare imbattuta all’anno nuovo, meriterebbe di essere presa in considerazione per un posto in Top 25.
Creighton. Il loro primo mese di stagione al momento è peggio di una montagna russa e questa settimana lo riassume. Un approccio mai visto in questo 2024 nel big match contro Kansas in cui Pop Isaac ha fatto il mattatore con 27 punti mentre Ryan Kalkbrenner ha messo la museruola ad Hunter Dickinson. Neanche il tempo di festeggiare (e capire se l’upset alla numero 1 è la prima pietra verso un’altra grande annata) che arriva la notizia dell’infortunio che terrà Isaac fuori per tutta la stagione. Con UNLV hanno retto bene senza di lui (+18) ma il test vero arriva tra 5 giorni con Alabama.
Nick Martinelli (Northwestern). L’eroe della vittoria in OT contro una solida Illinois. Per lui alla fine 27 punti con 9/16 da 2 e 2/4 dall’arco e soprattutto molte giocate o canestri nei momenti decisivi della gara. Attenzione però, non è un fulmine a ciel sereno. Il junior è ormai un elemento fondamentale per i Wildcats e in stagione sta tirando con il 57% da tre punti (12/21).
Kentucky. Finito il primo tempo del match contro Gonzaga sembrava che i Wildcats non riuscissero ad arginare gli avversari. E invece la squadra ha carattere ed è riuscita a rimontare pian piano finendo per trovare il bandolo della matassa. Grande merito di Jaxson Robinson, autore di tutti i canestri importanti in un finale giocato senza Kerr Krisa (che potrebbe stare fuori fino a 6 settimane).
Andrej Stojakovic (Cal). Settimana di sconfitte per i Golden Bears, ma il figlio di Peja è senza dubbi il primo da salvare visti i suoi 26 punti (career-high) con Missouri e i 25 da ex di turno con Stanford. Molto meglio da tre rispetto al primo mese di stagione (6/11 in totale), ma il sophomore colpisce soprattutto per l’intelligenza e il mestiere da veterano che mostra regolarmente quando attacca il ferro. I mezzi non saranno propriamente da NBA ma la classe sì, decisamente.
PJ Haggerty (Memphis). Scusaci PJ, volevamo metterti più in alto ma giochi a Memphis che è la squadra schizofrenica per eccellenza. Solamente un paio di settimane fa nel nostro podcast dicevamo che il vero problema di coach Penny Hardaway era la continuità e che, forse, questa stagione l’aveva risolta. Ecco che invece Arkansas State frega in trasferta una versione dei Tigers irriconoscibile, specialmente nel primo tempo. Haggerty continua nella sua stagione scintillante dal punto di vista realizzativo, ma la difesa non è riuscita a reggere l’esplosione inattesa di Joseph Pinion, 22 punti per uno che non è proprio uno scorer.
Michelangelo Oberti (Penn). Mai i Quakers sono apparsi tanto in difficoltà in dieci anni di gestione Steve Donahue (crollati dalla 186 alla 309 di KenPom) e il coach, in cerca di soluzioni, di recente ha deciso di lanciare il freshman italiano nello starting five. Bene nelle vesti di lungo che fa legna (9 rimbalzi, 2 assist e 1 recupero con Drexel) ma non è la pedina che può risollevare l’attacco della squadra (0/3 da due e 0/2 ai liberi nell’ultima uscita). Un 6 d’incoraggiamento, se volete, perché trovare minuti veri al primo anno non è mai facile.
Wisconsin. Arriva il primo scossone nella stagione fin qui sorprendente dei Badgers. Perdono l’opener contro Michigan (riguardate il Voto 10 per saperne di più) e si sciolgono nel secondo tempo del derby dopo aver tenuto egregiamente testa a Marquette per tutto il primo tempo. Wisconsin arriva prima col fiato corto con i Wolverines con Max Klesmit a sbagliare tre volte il tiro del pareggio nell’ultimo minuto e poi vengono triturati da un Kam Jones versione POY senza che John Tonje possa replicare (14 punti con 3/11 al tiro per lui nel derby).
Mustapha Amzil (New Mexico). Veniva da una buona partita contro San José State, ma nella sconfitta in casa per mano dei rivali di New Mexico State il finlandese ha davvero combinato un mezzo disastro (pur mostrando energia). Per lui alla fine 0/5 da due punti e un pesante 2/11 da tre che ha contribuito a condannare i Lobos, che sembravano puntare a una stagione da protagonisti.
North Carolina. Sta iniziando a prendere una strana piega questa stagione dei Tar Heels. Tornano alla vittoria dopo tre sconfitte consecutive nell’opener dell’ACC ma fanno una fatica bestiale per battere un’onesta Georgia Tech. Alabama pochi giorni prima aveva mostrato nuovamente tutta la difficoltà difensiva di una squadra che non può puntare neanche su un RJ Davis versione trascinatore (12/39 per il 30% dal campo) per battere colpo su colpo. Coach Hubert Davis sta ancora cercando di capire cosa fare con i propri lunghi, il freshmen Ian Jackson è altalenante, mentre Drake Powell è quasi inesistente come Elliot Cadeau. Urgono soluzioni.
Great Osobor (Washington). Sul lungo degli Huskies pesa come un macigno il contratto NIL da 2 milioni di dollari che lo ha messo sotto i riflettori e che fa sì che le sue prestazioni siano sempre oggetto di valutazioni severe. Nelle ultime due uscite di Washington (sconfitte con UCLA e USC) Osobor però è stato davvero poco incisivo, in particolare nella sconfitta in casa contro i Trojans: 9 punti (4/11 al tiro), 3 soli rimbalzi e 4 palle perse.
Kansas. Era dal 2003 che una #1 non perdeva due partite di fila. I Jayhawks lo fanno mostrando una fragilità non da squadra di Bill Self, specialmente nel rivalry game con Missouri. Due sconfitte in trasferta, la prima con una Creighton che doveva reagire e lo fa segnando tutte le triple che non aveva messo fin qui in stagione, punendo una difesa sugli esterni ancora molto deficitaria. Coi Tigers invece l’attacco è andato in cortocircuito come mai visto prima: 22 palle perse contro una difesa aggressiva ma non irresistibile. A nulla serve il rimontone finale, quando sei arrivato anche a -24. È il miglior momento dell’anno per avere problemi, ma Self deve capire come aggiustare le rotazioni.
Per favore salutate Sister Jean. I giocatori di Loyola-Chicago si sono beccati una grandiosa tirata d’orecchi dopo aver snobbato l’ultracentenaria, personaggio-simbolo della squadra, in uscita dal campo. Episodio probabilmente molto meno grave di quanto la gente sui social faccia sembrare, però è innegabile che la scena metta tristezza come un gattino abbandonato per strada. Bravi comunque quelli di Loyola ad approfittare del momento involontariamente virale per scherzarci un po’ su.
Doug Gottlieb (Green Bay). Ha fatto discutere per la decisione di continuare a condurre il suo programma radiofonico mentre fa anche l’head coach. E ora i risultati si vedono bene. Dopo aver perso con IU Indy (allora #357 di KenPom) ha deciso che il problema della squadra risiede in Anthony Roy, leading scorer dell’intera D1 e giocatore ultra efficiente nonostante la valanga di canestri in isolamento. Panchinata la star, ecco che arriva la peggior prestazione offensiva della stagione (61 punti segnati, 88.4 di Adj. Efficiency in attacco) per un bel -22 in casa propria con Cleveland State. Il record in stagione ora è 2-8. Chi se lo sarebbe mai aspettato che un talking head secondo solo a Dan Dakich per sbruffoneria e antipatia si sarebbe rivelato anche un pessimo allenatore.
AP Poll. Si può dire che UConn abbia riguadagnato un posto nella Poll dopo le vittorie convincenti su Baylor e Texas: il problema è che, durante la settimana appena passata, in Top 25 proprio non doveva starci. La classifica stilata dalla Associated Press è prestigiosa ma da troppo tempo è uno strumento completamente inutile a causa della superficialità di buona parte dei suoi votanti. Dopo le prestazioni orrende degli Huskies al Maui, si dava per scontato che Hurley & co. sarebbero stati estromessi dalla Top 25. E invece ben 19 dei 62 giornalisti consultati settimanalmente dalla AP li hanno tenuti lì, uno addirittura mettendoli alla #10. Meno beat writer che guardano solo il football e più esperti veri, grazie.