Tutti ai piedi di Rob Gray
Houston batte San Diego State per 67-65 e la storia di questo incontro porta un nome e un cognome: Rob Gray. Attaccante meraviglioso che ci ha fatto saltare dal divano tante volte in stagione, la guardia dei Cougars ha pensato bene di aggiornare il suo career-high proprio all’appuntamento più importante della sua carriera: 39 punti (6° trentello di quest’anno) con 12/25 dal campo e 11/15 ai liberi, compreso il tiro acrobatico che ha deciso la partita a 1.1 secondi dalla fine.
Gray, che aveva già un bottino di 16 punti a fine primo tempo, è stato semplicemente inarrestabile per tutto l’incontro, in particolare grazie a dei jumper dal palleggio – fuori o appena dentro la linea da tre – incontestabili per rapidità d’esecuzione. Un solista grandioso, ma anche un ottimo leader, sempre connesso e comunicativo col resto della squadra: non poteva avere riscatto migliore dopo la finale della AAC (17 punti con 6/22 dal campo) persa con Cincinnati anche a causa di una sua persa sanguinosa nel finale.
Agli Aztecs, sfavoriti sulla carta, va comunque l’onore delle armi, essendo stati capaci di riaprire una partita che sembrava quasi compromessa durante la sua parte centrale (tante palle perse, 6’30” finali del primo tempo senza un canestro segnato e sotto di 13 punti a 15’40” dalla fine).
Norvell salva Gonzaga
Vicini a un upset clamoroso, chi lo avrebbe mai detto? Noi di sicuro no, visto il grande divario tra le due squadre. Gonzaga ha approcciato il primo turno molle, con tante palle perse (a inizio partita) e rimbalzi offensivi concessi, e ha tolto le mani dal manubrio troppo presto, quando erano a +12. L’ha risolta Zach Norvell Jr. con una tripla di puro talento (o ignoranza, scegliete voi), come nel suo stile
E Greensboro? Non ha segnato mai, non lo ha fatto all’inizio e non lo ha fatto alla fine quando ha raggiunto e superato i Bulldogs e poteva davvero chiudere l’avventura degli Zags. Poca selezione di tiro, tanto 1-vs-1 che è finito contro il muro avversario, e troppa confusione dello spagnolo Francis Alonso, la cui partita può essere racchiusa in questo incredibile fallo.
Segnialiamo però questo ragazzo, James Dickey, lungo di UNCG: riferimento offensivo nella prima parte di gara (10 punti su 23 di squadra), nella seconda una presenza difensiva fondamentale tra rimbalzi (11 in totale), aiuti e deflections, ma purtroppo non ha visto mai palla in un attacco monopolizzato dalla coppia Alonso-Troy. Mai più cercato. Ragazzi, perché?
I Jackrabbits sognano ma i Buckeyes la vincono
Mike Daum contro Keita Bates-Diop, la sfida dentro la sfida: doveva essere lo scontro tra due grandi giocatori del college e così è stato. 27 punti e 6 rimbalzi il primo, 24 e 12 il secondo, un botta e risposta anche da 3 punti che ha caratterizzato tutta la gara, prima della giocata che ha deciso una partita “psicopatica”.
Kam Williams prima ha realizzato un gioco da 4 punti che ha rotto la parità a quota 70, poi ha subito il fallo su un tiro da 3 punti, 3 su 3 e 7 punti decisivi che hanno ricacciato lontano una South Dakota in piena rincorsa a 64 secondi dal termine. Clutch in una gara da 22 punti, 5 rimbalzi, 2 assist e 3 rubate. Ci scusino Daum e Bates-Diop, ma il nostro MVP è decisamente lui.
Michigan esce alla distanza
Divario finale abbastanza netto (61-47) in favore di Michigan nel match con Montana, ma non tutto è andato sempre liscio per i primi. I campioni della Big Sky, infatti, erano partiti a razzo con un parziale di 10-0 mentre, fra i Wolverines, si contavano alcuni problemi di falli e un Moritz Wagner a secco di punti fino all’intervallo (appena 5 a fine incontro). I Grizzlies, però, hanno finito per sciogliersi completamente nella metà campo offensiva, passando dal 39.3% dal campo del primo tempo al 25% del secondo.
Montana ci ha messo del suo, con diversi tiri aperti falliti, ma la riscossa difensiva di Michigan è indubbia, oltre a non essere ormai una novità. Altro fattore chiave, è stato Charles Matthews, che ha fatto pentole e coperchi sia dal punto di vista realizzativo (20 punti, 7/13 dal campo e 6/8 ai liberi) che sotto i tabelloni (11 rimbalzi) grazie a un atletismo spesso indigesto per gli avversari.