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Andrew Jones da sogno e arbitri da incubo

Andrew Jones Texas at West Virginia
Autore: Redazione BasketballNcaa
Data: 11 Gen, 2021

Apriamo le pagelle di questa settimana col sorriso stampato in faccia, perché il primo di cui parliamo è Andrew Jones. Tre anni dopo la leucemia che gli era stata diagnosticata, il giocatore di Texas ha messo insieme career-high (23 punti contro Iowa State) e tiro della vittoria contro West Virginia nel giro di pochi giorni.

 

Andrew Jones (Texas). Il 9 gennaio del 2018, Shaka Smart annunciò alla squadra che Andrew Jones aveva la leucemia e che da lì in poi avrebbe avuto altro da fare che giocare a basket. “I’m going to come back and play. I’m going to come back and play”, ha continuato a ripetere. Il 9 gennaio del 2021, Andrew Jones supera i 1000 punti in carriera e segna la tripla decisiva a poco più di un secondo dalla fine per battere West Virginia sul suo campo e dare la sesta W consecutiva a Texas, unica imbattuta con Baylor nella Big 12. Nient’altro da aggiungere.

Terry Taylor (Austin Peay). Segnare 38 punti prendendo 17 rimbalzi è già eclatante, ma se in tutto questo c’è anche il game winner allo scadere, entriamo direttamente nel reame del sogno disneyano. Specie perché lui, di base, non ha un gran tiro (7/26 da tre in stagione) ma è proprio con una tripla che ha deciso la partita con EIU. Col buon TT, bisogna sempre tenere i popcorn a portata di mano. Non a caso, è uno dei primi giocatori di cui vi abbiamo parlato quest’anno e la sua è una presenza irrinunciabile nel nostro Olimpo degli Dei Mid-Major.

Alabama. Era dal 1986-87 che non partiva con un 4-0 nella SEC. Sarà merito di un attacco stellare? Solo nell’ultima gara, quella vinta contro Auburn. I Crimson Tide hanno la seconda migliore difesa della conference grazie alla versatilità dei quintetti messi in campo da coach Nate Oats, i miglioramenti di Jaden Shackelford e John Petty e la coppia Bruner-Jones sotto canestro. La ricetta poi è sempre la stessa: ritmi folli e dose massiccia di tiro da tre. Vediamo quanto durerà: martedì li aspetta una Kentucky in ripresa.

 

Sharife Cooper (Auburn). Attenzione, attenzione: sono aperte le iscrizioni al bandwagon di Cooper. Via i problemi di eleggibilità, la PG ci ha dimostrato subito perché è un 5-star. Il pick and roll è il suo ufficio, da lì governa tutte le operazioni: raddoppi spezzati, scarichi precisi, grande tempismo ne servire il rollante. Al ferro ha segnato anche con il corpo dell’avversario addosso benché non sia proprio enorme (185 cm d’altezza). Per lui, 26 punti con 9 assist di cui 5 andati a segno con un alley-oop. Un esordio liscio come l’olio.

Joël Ayayi (Gonzaga). Fra i vari Jalen Suggs, Corey Kispert e Drew Timme c’è il rischio di dimenticarsi del francese, che però è un giocatore incredibilmente solido e versatile in questi Zags. Contro Portland ha dominato sbadigliando e ha tirato fuori la prima tripla doppia nella storia dell’università di Spokane: 12 punti, 13 rimbalzi, 14 assist. Soprattutto gli assist, viene da dire, perché la sua prova è infarcita di passaggi deliziosi. Anche tra gente come Mamu e da Silva, rimane uno dei migliori europei della Ncaa. Se non proprio il migliore.

Tanti auguri, Lorela Cubaj. L’azzurra veniva da due sconfitte di fila con la sua Georgia Tech ma nei giorni scorsi si è rifatta alla grande. Prima ha aggiornato il suo career-high di rimbalzi (20, segnando anche 14 punti) in un successo esterno su Clemson, il giorno successivo ha festeggiato il proprio compleanno e dopo ancora è arrivata la seconda vittoria consecutiva, in rimonta su Virginia Tech, coi suoi liberi decisivi nel finale e con l’ennesima doppia doppia (10 punti e 13 rimbalzi). C’è chi passa settimane peggiori.

 

Kentucky. E rieccoli i Wildcats, come al solito a bordo di un ottovolante che è da qualche anno una costante per la squadra di John Calipari. Dopo averne perse sei in fila, ora la squadra è in fase ascendente con tre vittorie nelle prime tre partite della SEC. Convincente soprattutto l’ultima sul campo di Florida, sculacciata senza pietà nel giorno del rientro di Keion Brooks, unico superstite della Kentucky dello scorso anno e subito utile con 12 punti dopo l’infortunio alla gamba sinistra. Ma a far sorridere Calipari sono soprattutto i miglioramenti dei freshmen, Dontaie Allen e Devin Askew su tutti. Vediamo quanto dura il periodo buono.

David McCormack (Kansas). Tre pugni sul cuore e mea culpa? Sì e no. Lunedì scorso siamo stati severi con lui, ma poi il lungo ha messo insieme la migliore settimana della sua stagione e Kansas ha vinto contro TCU e Oklahoma soprattutto per merito suo. Dopo i 20 punti in 23 minuti contro gli Horned Frogs, ha messo a segno 17 punti con annesso tiro clutch contro i Sooners. Per una volta è stato davvero letale in post (15/23 da due nelle partite in questione), ma la concorrenza era di basso livello. Ora deve confermarsi nei big match.

Ąžuolas Tubelis (Arizona). Nel desolante deserto dell’Arizona – infortuni, ineleggibilità di giocatori, post season ban autoinflitti e, adesso, due sconfitte in settimana – c’è il lituano che è in ascesa (14.5 punti e 7.3 rimbalzi di media nelle gare di Pac-12) e che regala dei sorrisi. Nei 31 punti rifilati a USC, il lungo ha messo in mostra gran tocco in area, range di tiro, voglia di coinvolgere i compagni e mestiere lontano dalla palla (occhio ai suoi blocchi per fare largo ai penetratori), oltre a una buonissima presenza a rimbalzo. Tanta roba per un freshman.

 

Xavier. Ha rischiato tantissimo contro la Providence di un David Duke straripante (30 punti e 6 assist) e continua a litigare coi liberi (68.6%, #219 in D-I) però, ancora una volta, ha vinto con una tripla allo scadere. Un game winner dal sapore speciale. L’autore, Colby Jones, è un freshman che era a 1/8 da tre in stagione e che ha poi ammesso di essere stato travolto dalle emozioni in quel momento, avendo perso il nonno appena due giorni prima. Una cosa è certa: i Musketeers non tremano mai quando la partita è in bilico. La squadra ha record 10-2 e ha strappato metà delle sue vittorie con uno scarto pari o inferiore ai 3 punti.

Neemias Queta (Utah State). Non era nella Top 5 europea sostanzialmente perché USU è andata male a inizio stagione. Al netto dell’inizio ultrasoft nella MW (6-0 con doppiette sulle tre squadre peggiori della conference), occorre dire che il portoghese ha dominato in lungo e in largo nel complesso delle 12 gare fin qui disputate: 12.3 punti, 8.8 rimbalzi, 3.2 assist, 2.8 stoppate in 26.3 minuti. In settimana è arrivata la quarta doppia doppia stagionale e, neanche a metà della sua annata da junior, ha già stabilito il nuovo record all-time di stoppate per un giocatore degli Aggies. È atteso a prove più difficili ma, nel frattempo, chapeau.

 

West Virginia. Si può iniziare l’anno in tanti modi, certo perdere il prospetto migliore non è esattamente il più esaltante. E così, dopo l’addio per imprecisati motivi a Oscar Tshiebwe (che ha deciso di trasferirsi a Kentucky), WVU è in fase di assestamento, come dimostrano i risultati. Brutta la sconfitta contro Oklahoma, faticosissima ma meritata la vittoria contro Oklahoma State rimontando da -19 (e ringraziando anche la clutchness di Miles McBride), sfortunata la sconfitta in casa contro Texas, con qualche libero sbagliato di troppo e la tripla di Andrew Jones di cui avete già letto. Ma proprio la partita contro i Longhorns ha detto che la squadra di Bob Huggins è tutt’altro che in crisi e sarà sempre un’avversaria tosta per tutti.

Trevion Williams (Purdue). Altra squadra che come WVU ha disputato finora una stagione altalenante, motivo per cui abbiamo parlato meno delle prestazioni costanti del centro dei Boilermakers. In settimana, in un finale confuso e non limpidissimo, si è preso “la briga e di certo il gusto” di segnare il canestro della vittoria in casa di Michigan State. Gli Spartans erano a +4 a 16″ dalla fine: sarebbero da 5 o persino da 4 in pagella ma aspettiamo la prossima in casa di Iowa per i giudizi. Il lungo di Purdue si ferma al 6 a causa dei risultati della squadra.

 

Wright State. Numeri alla mano, la sua è una delle migliori difese che si possano trovare al di fuori delle Power 6 e delle quattro mid-major conference principali (solo Loyola-Chicago le sta davanti per Adj. Defense su KenPom). È appunto per questo che c’è da rimanere scioccati dal modo in cui ha gestito l’ultimo possesso nella prima delle due gare con Youngstown State: tutti con gli occhi fissi sul go-to guy avversario, senza rendersi conto di aver lasciato un uomo solo soletto sotto canestro. E così è arrivata una sconfitta a sorpresa che ha bruciato tantissimo. Il giorno dopo, i Raiders si sono aggiudicati la seconda partita strapazzando YSU per 93-55. Grande reazione, ma da favorita della Horizon non puoi permetterti certi scivoloni.

Andre Curbelo (Illinois). Nelle sconfitte degli Illini c’è spesso stato il suo zampino nei finali. Tantissima grinta, ricerca dell’assist quasi ossessiva, ma idee molto (troppo) confuse su come gestire l’attacco. È un freshman e ha tempo per imparare. Tra i compiti a casa c’è riguardarsi il finale della partita persa contro Maryland. Gestire in proprio uno degli ultimi possessi e non darla a un Ayo Dosunmu on fire è un peccato capitale per la PG di una grande squadra.

 

La decisione di Nimari Burnett. Se le cose non girano, il più delle volte è giusto andarsene. Ma se sei un freshman 5-stelle, fare i bagagli ai primi di gennaio lascia perplessi. Burnett non ha trovato a Texas Tech il tipo di situazione per la quale aveva messo la firma, questo bisogna dirlo (con Mac McClung, il reparto guardie è diventato sovrappopolato). Ma c’è da aggiungere che lui ha avuto le sue occasioni, sprecandole (5.3 punti in 17.7 minuti col 28% dal campo). Lubbock non è per tutti. È ultracompetitiva: ti mette alla prova ma può anche ripagarti come pochi altri posti (chiedetelo a Davide Moretti). Optando per il transfer, Burnett si è precluso questa possibilità. Ha tutto il tempo per rifarsi ma, per adesso, quella appena fatta è il tipo di mossa che non fa fare bella figura agli occhi degli scout NBA.

Syracuse. Prestazione orrida contro Pitt, avversaria non irresistibile ora che è orfana di Justin Champagnie e che si presentava al Carrier Dome falcidiata dagli infortuni (cinque assenti in tutto). Una sconfitta arrivata dopo aver buttato via un +18 di massimo vantaggio e coronata da una persa ignobile sul -1 a 5.2 secondi dalla fine, con gli Orange che a malapena provano a muoversi per ricevere palla su una rimessa che, inevitabilmente, finisce in mano ai Panthers. Non prende un voto peggiore solo perché poi ha fatto il proprio dovere contro Georgetown (la quale, però, è fra le squadre di Power Conference più deboli). A Marek Doležaj invece diamo un 10 di simpatia per il suo sorriso sdentato e sanguinante da giocatore di hockey.

 

Missouri. Non ci aveva mai convinto fino in fondo e in settimana è arrivata la conferma ai dubbi sollevati in precedenza dalla scoppola presa con Tennessee e dalla vittoria brutta con un’Arkansas orrenda. Contro Mississippi State è finita con un inglorioso -15 subito in rimonta, sparacchiando come al solito (è #319 in D-I per percentuali da tre punti) e fornendo la peggior prestazione difensiva della sua stagione (121.1 di Adj. Offense avversario). Ecco, quest’ultimo sarebbe l’unico ambito in cui eccelle: se viene a mancare, Mizzou è una scarsona come tante.

Myles Johnson (Rutgers). Prendiamo lui come simbolo di Rutgers passata da bella sorpresa di inizio anno con ingresso nella Top 25 a squadra in crisi con 4 sconfitte nelle ultime 5 gare. Imbarazzanti gli Scarlet Knights nel -23 contro Michigan State e imbarazzante il loro lungo che ha chiuso con 2 punti e 0/7 ai liberi (siamo al 38.7% in stagione). E poi un conto è perdere sul campo di Ohio State, ma un altro è farlo in casa con dei Buckeyes privi di un giocatore importante come C.J. Walker, durando di fatto poco più di 5 minuti.

 

Gli arbitri di Louisiana-Little Rock. Fare l’arbitro è difficile e le sviste capitano a tutti. Però come diavolo si fa a non stoppare il gioco e far ripetere l’azione quando, col risultato in bilico sull’ultimo possesso, salta l’illuminazione per un paio di secondi decisivi? Assurdo. Non consola nemmeno il fatto che la Sun Belt abbia poi diramato immediatamente un comunicato tirando le orecchie agli arbitri, senza se e senza ma.

Washington. L’avevamo già bacchettata pesantemente più di un mese fa. E nel frattempo le cose sono addirittura peggiorate. In tutta la stagione, gli Huskies hanno vinto una sola gara, in casa contro Seattle. Le altre le hanno perse tutte, comprese le sfide contro UC Riverside e in casa con Montana. Adesso sono 0-5, fanalino di coda della Pac-12 con un record finale stimato da KenPom di 4-15 nella conference (e quindi 5-19 in stagione). Aiuto.

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