Quando uno fa il proprio ingresso nella Ncaa con l’etichetta di atleta più decorato nella storia del Minnesota, sarebbe strano se lo facesse in punta di piedi. Jalen Suggs ha appunto mantenuto fede a una reputazione ottima – e davvero particolare – sin dal primo canestro segnato con la maglia di Gonzaga: un alley-oop schiacciato in testa e urlato in faccia a Marcus Garrett, che non è proprio un novellino da trattare come punching ball.
In altri casi, chi scrive di una roba del genere potrebbe cavarsela con un facile “e qui c’è tutta l’essenza di Tizio Caio”. Con Suggs però si va abbastanza oltre. D’altronde, potrebbe essere proprio lui l’attrazione principale di una classe di freshmen che promette cose migliori di quella che l’ha preceduta.
Jalen Suggs che si presenta a tutti dopo neanche 40" di partita 😅 pic.twitter.com/sPlyK3FG4s
— Basketball NCAA (@BallNcaa) November 27, 2020
Facciamo un passo indietro però, perché prima di raccontare come e perché Suggs sia bello, bello in modo assurdo, è giusto far presente in che razza di contesto giochi. Gonzaga è come sempre una squadra in missione. E quest’anno la missione sembra essere radere-al-suolo-tutto: 102 punti rifilati a Kansas e 90 a Auburn con ritmi d’attacco e fluidità di manovra a dir poco notevoli per questo periodo della stagione.
Gli interpreti sono di altissimo livello, a partire da Corey Kispert e Drew Timme (adesso potete chiamarli Fratelli Fascetta), entrambi sul ventello abbondante in tutte e due le gare. Il primo è in forma da POY e si bulla degli avversari canticchiando non sono solo un tiratore. Il secondo fa quel che vuole in area, già che c’è fa male anche da fuori e probabilmente gli ci vorrebbe un secchio per raccogliere le lacrime di chi gli si para dinanzi.
Joël Ayayi ha un impatto più silenzioso del solito, tranne che alla voce rimbalzi: di quelli ne prende con la rete da pesca (al momento ha il DR% più alto fra gli Zags). Cosa che torna bella comoda quando puoi e vuoi puntare su quintetti dinamici pieni d’esterni. Contro Kansas, quello più impiegato e fruttuoso era appunto Suggs-Ayayi-Nembhard-Kispert-Timme. Lo rivedremo continuamente.
Aggiungi un posto a tavola che c’è un Suggs in più
Alla grigliata di Mark Few, Kispert e Timme portano la carne, mentre Jalen Suggs si occupa delle salse, preferibilmente piccanti. Attenzione, non è un compito da poco (mica mangerete scondito?). E poi di solito, a Gonzaga, i freshmen portano giusto la propria presenza. Suggs però non è un esordiente come tutti gli altri: ha voluto fortemente far parte di questa squadra per il modo in cui essa può esaltare le sue doti offensive. E il coach, che fin qui ha costruito una dinastia sviluppando giocatori sul lungo periodo, ha avuto le sue ragioni per convincersi della bontà del fit e puntare su un tipo di recluta che lì non si era mai vista prima, cioè un one-and-done praticamente sicuro.
Non sorprende troppo che Jalen Suggs sia già protagonista. Se si trova in quella situazione, c’è un perché. Va bene, ce n’è più di uno, ma soprattutto uno: impara con una velocità fuori dal normale. Papà Larry racconta che, quando il figlio aveva solo 5 anni, già lo chiamavano Genio del Basket perché a quella età “Sapeva quali schemi venivano chiamati, come andare sopra o sotto a un blocco”. Certo che i padri, specie quelli orgogliosi, ne raccontano di robe. Magari Jalen non era esattamente così in età prescolare. Però quando adesso lo vedi in campo, effettivamente ti viene da crederci.
Gonzaga gli sta come un guanto, è calato alla grande e inoltre aggiunge del feel for the game e della visione di gioco che già lasciano a bocca aperta. Insomma, sta mettendo in pratica esattamente quel che Few aveva detto tempo fa a Blue Ribbon (“Sa che non deve fare la giocata da eroe ogni volta”), interpretando le situazioni offensive con estrema aggressività ma rimanendo sempre in assoluto controllo. Roba da equilibrista scafato.
Suggs si mangia gli avversari quando c’è da elevare i ritmi, cosa che gli Zags, abbastanza notoriamente, cercano sempre di più da qualche anno. Le sue progressioni in contropiede sono fulminee, con grandissimi controllo del corpo e coordinazione occhio/mano, oltre che una evidente noncuranza per la propria incolumità, visto che lui al liceo era sia Mr. Football che Mr. Basketball: i contatti di gioco gli fanno un bel baffo.
La sua pericolosità in contropiede non si limita né al piano atletico del suo gioco né alla sfera realizzativa. Il modo in cui riesce a scrutare immediatamente l’occasione per il passaggio è di alto livello, trovando persino delle soluzioni originali.
Un’altra cosa che ci piace del Jalen Suggs passatore, oltre al fatto di essere elusivo coi suoi no-look, è che pare darla via bene a una mano. E questa cosa non ci piace solo perché aiuta lo spettacolo, ma anche e soprattutto perché può migliorare – in maniera magari sottile, ma decisiva – i tempi d’esecuzione del gesto tecnico.
Qui sotto, prima lo vediamo rimanere all’erta dopo una conclusione sbagliata ed effettuare un ribaltamento rapido e preciso (ok, non proprio al millimetro, ma il suo lavoro lo fa); poi, cosa più importante, va a innescare perfettamente Timme dal pick and roll.
A Gonzaga ce n’era già uno bravo negli assist a una mano, Ayayi, che in queste due uscite non abbiamo visto troppo nelle vesti di passatore. Poco male, perché i due si integrano bene a vicenda e sembrano avere intesa. Da notare, qui sotto, il polso e la visione di gioco che Jalen Suggs mostra nel valutare le opzioni a disposizione e aspettare il momento giusto per colpire.
Tornando alla sfera realizzativa, c’è da dire che mostra dei bei numeri anche contro la difesa schierata e nel battere l’uomo dal palleggio. Qui vediamo bene come possa essere letale fra esitazioni, cambi di ritmo e accelerazioni (1, 3) o come sappia attaccare dal pick and roll spiazzando il marcatore diretto sul primo passo per poi penetrare con scioltezza in una selva di avversari (2).
E il tiro? Sì, c’è anche quello. Fra le sue tante armi, è quella che ha affilato più di recente. Rimane completamente da verificare che tipo di tiratore possa essere per efficienza e volume, ma gli spunti mostrati in questo primissimo scorcio di stagione promettono davvero bene. La meccanica è fluida e l’abbiamo visto far partire il jumper sia in uscita che dal palleggio, oltretutto da molto lontano.
Insomma, qui ci sono tutte le premesse per un matrimonio perfetto. Jalen Suggs potrebbe essere proprio quel tassello diverso dal solito capace di portare Gonzaga più in alto di tutte. Perché è vero che a Spokane le cose si fanno in un certo modo, ma è vero anche che fra i tanti punti di forza di Few, nei suoi vent’anni da head coach, c’è un’alta comprensione dei territori nuovi da esplorare per fare un salto di qualità – non è un caso che lui e Tommy Lloyd siano i pionieri (o quasi) del recruiting all’estero.
E questo one-and-done diverso da tutti gli altri rappresenta la nuova frontiera. Suggs per primo ci crede fermamente, come detto a The Athletic in quel articolo citato prima: “A loro è sempre mancata una superstar, quel pezzo mancante. Sento di poter arrivare lì, rivestire quel ruolo e portare gli Zags al titolo Ncaa. E sapete che dico? Di certo non voglio andarmene da Spokane senza anello”.