Tra i tanti international che fanno parte dello spogliatoio di Gonzaga c’è un americano che sta guadagnando sempre più spazio. Corey Kispert è partito in seconda fila rispetto ai più quotati Joël Ayayi, Filip Petrušev e Killian Tillie, ma di partita in partita ha preso in mano la squadra diventandone il leader in campo e fuori.
Il leader inaspettato
A riconoscere la sua leadership è prima di tutto Killian Tillie: “Kispert parla, parla molto sul campo. E’ uno dei più grandi cambiamenti rispetto allo scorso anno. I suoi miglioramenti nel gioco lo hanno reso credibile, gli altri si accorgono delle piccole cose che riesce ad ottenere. Vedere la sua crescita motiva tutti a giocare meglio, ad imitarlo. In questo modo lui ci sta guidando”. Un’investitura non di poco conto e certamente meritata. Kispert ha lavorato tutta estate con Joe Harris, la guardia dei Nets, a Lake Chelan per migliorare il suo tiro e i risultati sono notevoli.
In stagione viaggia al 43.6% dall’arco, frutto di partite in cui il canestro è sembrato una piscina, citofonare North Carolina e Oregon per informazioni, ma ce ne sono state anche altre in cui la palla non voleva saperne di entrare come contro Arizona. Kispert però non si sta dimostrando solo un ottimo tiratore. Se lo scorso anno il nativo di Edmonds, Washington, era usato da coach Few per aprire spazi ai compagni più quotati, ora ha più in mano il pallino del gioco. Molte azioni offensive dei Bulldogs partono dalle sue mani e durante l’estate ha elevato a dismisura le sue capacità di ball-handling: non è un caso che, nelle sole prime dieci partite, abbia innescato 28 pick-and-roll, quasi la metà di tutti quelli fatti nella scorsa stagione.
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Tiro, playmaking, ma anche presenza a rimbalzo. Già l’anno passato, Kispert era un fattore sotto canestro e quest’anno si sta confermando al fianco di Petrusev. Per capire quanto sia maturato, basta vedere proprio il dato relativo ai rimbalzi catturati partita per partita. In quelle dove il tiro ha stentato – Arizona, Michigan e Texas Southern – è stato più presente in area, cercando di aiutare in questo modo la squadra. Quando il suo tiro è efficace, invece, il dato dei rimbalzi tende a diminuire. La maturazione è anche questo: capire quando non è serata e trovare un’altra maniera per lasciare un’impronta sul match.
Dubbi rispediti al mittente
In generale, però, sono tutti i Bulldogs ad essere migliorati. A inizio stagione c’erano tanti dubbi su una squadra orfana di quattro starters, tanto che in molti avevano pronosticato un possibile golpe di St. Mary’s nella WCC. Lo stesso coach Few aveva espresso più di qualche perplessità sul potenziale della squadra. Dai dubbi di inizio stagione però gli Zags sono diventati il miglior attacco del college con 115 punti per 100 possessi con un contributo diviso su tutto il quintetto. Gonzaga è una delle poche squadre di D-I che può vantare cinque giocatori in doppia cifra di media, più altri due a un passo dal raggiungerla. L’attacco corale è una delle caratteristiche delle squadre allenate da Few e anche quella di quest’anno non fa eccezione.
Nelle ultime partite, Few ha provato anche ad usare un quintetto di piccoli con Kispert da 4 che ha dato risultati insperati. In difesa non hanno mai sofferto i mismatch, mentre sull’altro lato del campo la palla ha continuato a viaggiare a meraviglia. L’esperimento sembra essere riuscito ed è probabile che verrà riproposto svariate volte in stagione, soprattutto se Petrusev riuscirà a creare problemi di falli al suo marcatore come fatto contro UNC.
Le vittorie contro Michigan, Arizona, Oregon e Washington rappresentano degli scalpi di una certa rilevanza, soprattutto perché ottenute lontano dal Kennel, ma gli Zags non hanno ancora raggiunto la perfezione. Molte volte, dopo aver raggiunto la doppia cifra di vantaggio, hanno staccato la spina come contro Nico Mannion ed i suoi Wildcats, o come contro gli stessi Tar Heels. Sicuramente Few l’avrà notato e proverà a porre rimedio ma, se il trend dovesse ripetersi prossimamente, Gonzaga potrebbe avere un problema in vista di marzo. Tuttavia, con la parte difficile del calendario alle spalle ed un record di 12-1, a questo punto è probabile che i Bulldogs arriveranno alla Big Dance con un seed molto alto, forse anche il numero 1. L’obiettivo sarà poi migliorare il risultato dello scorso anno (Elite Eight). Un obiettivo che, visto l’inizio di stagione, non sembra più così irraggiungibile. Anzi.