Michigan è una squadra strana. Molto strana. Certe volte la difesa è la migliore della Ncaa. Non una delle più forti, proprio la migliore, meglio di Virginia o Texas Tech. Altre volte i ragazzi di coach John Beilein sono più svagati e meno efficienti. Certo, la Big Ten quest’anno è stata davvero tosta e i Wolverines hanno subito sconfitte solo da squadre della conference. Fuori da questa hanno incontrato solo due veri top team: Villanova e North Carolina, la prima sconfitta di 30 e la seconda di 20.
Parliamo di un team davvero forte, che grazie a un sistema di gioco ormai consolidato nel tempo (il cui motto è “let the ball talk”) esprime il suo meglio sempre sul finire della stagione. Trattandosi di un attacco basato sulle letture e su un codice comunicativo segreto, i giocatori in campo hanno bisogno di tempo per impratichirsi. Ma quando pian piano affinano i meccanismi diventano molto complessi da arginare. In più, dall’anno scorso è arrivato l’assistant coach Luke Yaklich e Michigan si è trasformata in una corazzata anche in difesa. Questa è la squadra, papabile candidata anche quest’anno alla Final Four. Ma niente sarebbe possibile se in campo non scendessero anche due giocatori che tenteranno la carta della NBA.
Il senior Charles Matthews e il freshman Ignas Brazdeikis sono l’anima dei Wolverines 2018-2019. Il primo è un’ala piccola in Ncaa ma chiaramente una guardia in ottica NBA (6-6), mentre il secondo è più stazzato per altezza e peso (201 cm per 97 kg) e quindi più ala che guardia. Ma la sostanza è che dalle loro mani passa la maggior parte del gioco offensivo di Michigan.
La seconda vita di Matthews
Matthews ha iniziato a Kentucky, reclutato da coach John Calipari in una squadra come sempre iper talentuosa dove le doti del ragazzo non venivano valorizzate. Per carità, quando nel tuo ruolo il titolare è Jamal Murray è difficile vedere molto il campo. E così Matthews ha scelto di trasferirsi, convinto che le sue capacità sarebbero emerse altrove. Ha scelto Michigan e probabilmente non poteva fare scelta migliore, visto quello che storicamente è in grado di tirare fuori dai suoi ragazzi coach Beilein.
La stagione in corso, cifre alla mano, è leggermente inferiore a quella passata, ma l’impatto sui due lati del campo di Matthews è cresciuto e oggi il ragazzo è un vero fattore anche difensivamente, pur continuando a portare quasi 13 punti di media. La sensazione è che il talento di Chicago stia lavorando sulla qualità del suo gioco, sulle scelte e sul tiro e infatti sono aumentati i minuti, scesa leggermente la produzione, ma sono cresciute la percentuale da 3 punti e quella dai tiri liberi, due punti deboli di Matthews in ottica NBA.
Il lituano mancato
Brazdeikis è nato in Lituania ma si è spostato dopo pochi anni negli Stati Uniti e poi in Canada, dove è cresciuto. Il ragazzo è destro nella vita di tutti i giorni, ma fin dalla prima volta che ha avuto un pallone in mano gli è venuto istintivo tirare con la sinistra. Ancora oggi, quando si alza da tre punti, è un tiratore mancino, nonostante nella vita di tutti i giorni sia un destrorso.
La caratteristica è perfetta per descrivere un giocatore che fa proprio della poliedricità uno dei suoi punti di forza. Dell’ambidestrismo abbiamo già detto, ma in più è molto difficile etichettare Brazdeikis e confinarlo in un ruolo o in un’attitudine. Ama attaccare il ferro, è completamente a suo agio nel mid-range (che per molti finirà per essere la sua zona naturale in ottica professionismo) ma è un tiratore da 3 non battezzabile (40.2% in stagione con quasi 4 tentativi a gara).
Per essere un freshman la sua stagione è stata pazzesca, tanto che è un serio candidato per il premio di Freshman of the Year in una conference in cui, a inizio anno, si pensava che il trofeo fosse già nelle mani di Romeo Langford di Indiana. Invece no, da una parte Brazdeikis è ad oggi il miglior marcatore di Michigan, dall’altra è anche il secondo rimbalzista della squadra (5.3) dietro al centro Jon Teske.
Le sirene della NBA
Matthews per il fisico, Brazdeikis per la tecnica, entrambi per la voglia e la capacità difensiva, il risultato è che la NBA li sta guardando con interesse. I dubbi su entrambi restano. Per Matthews il problema sono percentuali non stellari al tiro e soprattutto ai liberi, mentre Brazdeikis ha la struttura del 3 (quasi del 4) ma un’apertura di braccia addirittura sotto la media per la sua altezza e questa è una caratteristica cui nella NBA oggi guardano tantissimo. Si va quindi da una chiamata alla fine del primo giro a una verso le fine del secondo e probabilmente molto dipenderà da come giocheranno la parte finale della stagione.