Quattro grandi squadre in campo, tutte con le mani ghiacciate. Solo Michigan State è riuscita a fare canestro con continuità da 2 punti. Dalla lunga distanza invece è stato un disastro. Gli Spartans hanno chiuso con un rotondo 5/20 (25%), Kansas con 5/21 (23.8%), Duke con 5/23 (21.7%) e Kentucky addirittura con 3/21 (14.3). Tanti ferri scheggiati, ma anche molto atletismo e due partite combattute. Ecco come è andata.
Michigan State – Duke 75-69
Aaron Henry, guida degli Spartans
“We rode him like a horse“, ha detto coach Tom Izzo a fine gara riferendosi al suo giocatore più talentuoso. L’allenatore lo aveva annunciato a inizio stagione: “Henry Dovrà prendersi più tiri e più responsabilità“. Al momento il numero “0” è senza dubbio (e di gran lunga) il motore emotivo di una squadra che fa dell’intensità la sua prima arma. Dopo un inizio targato Duke (13-3 per i Blue Devils) Il junior è stato il primo a mettere canestri importanti e ha portato energia fino alla fine. Il suo tabellino racconta di 14 punti con 7/21 dal campo, 5 rimbalzi, 5 assist, 3 stoppate e 3 recuperate. Oltre a un centinaio di urla dalla panchina per incitare i compagni.
Chi guida Duke?
La squadra è giovane e si è visto. Contro Coppin State è bastato un grande Jalen Johnson, ma Michigan State ha fisici ben più potenti e altra tempra. Il freshman, pur senza sfigurare, ha messo grinta ma a tratti è parso disorientato. Nemmeno la coppia di guardie al primo anno DJ Steward e Jeremy Roach è riuscita a incidere sulla gara: il primo ha segnato solo dalla lunetta (0/7 dal campo) e il secondo ha fatto un po’ meglio ma con 2 assist e 3 perse.
E i due sophomore? Wendell Moore è stato il peggiore in campo, partita da dimenticare per lui, mentre Matthew Hurt è stato il più efficace (21 punti con 13 rimbalzi) ma per caratteristiche tecniche non può essere la guida di Duke. Alla fine, il contributo più concreto è arrivato dal più esperto del gruppo, il senior Jordan Goldwire, l’unico sembrato pronto per una partita di questo livello, ma anche quello dotato di minore talento.
La panchina infinita degli Spartans
Pensate a che giocatore volete, e probabilmente lo troverete all’interno della panchina di Michigan State. Accanto a Henry c’è stato un solido contributo della guardia Rocket Watts. Per lui 20 punti, diabolico nel fare cose eccellenti accanto a palesi forzature, anche se per Coach K è stato il fattore chiave per gli Spartans.
I due giocatori che però hanno cambiato l’inerzia della gara sono due sophomore estremamente versatili. Julius Marble ha portato contributo difensivo e offensivo sotto canestro (12 punti con 5/5 dal campo) mentre Malik Hall, come fatto spesso l’anno scorso, ha contribuito con ulteriore energia (oltre a 10 punti e 10 rimbalzi).
Fattore Hauser
A proposito di versatilità. Un po’ più concentrati sul fratello Sam di Virginia, finora è stato dato poco credito al più piccolo (anagraficamente) Joey Hauser, lungo che anche ieri ha mostrato quanto possa essere determinante. Pur fuori con due falli dopo pochi minuti, nei restanti 23′ in campo il junior è stato un incubo per Duke e ha messo a referto 11 punti con 10 rimbalzi e due soli errori al tiro. Mostrando un repertorio che va dal semigancio con la mano debole in post fino al tiro da tre. Alert campione.
Kansas – Kentucky 65-62
Bentornato Jalen
L’anno scorso si è rotto un piede dopo aver giocato una manciata di minuti. Redshirt subito e stagione da freshman saltata. Ora è sano come un pesce e lo ha dimostrato in un secondo tempo da 21 punti per il suo career high di 23 con 10 rimbalzi e anche due triple consecutive. Per capire quanto abbia dominato la partita, basta una statistica: nella ripresa, 7/12 dal campo per lui, 2/20 per il resto dei Jayhawks. E in una gara di mani fredde, palle perse e confusioni vari, è facile capire l’importanza della sua prestazione nella vittoria di Kansas.
Il giovane ragno Isaiah
Nel suo anno da senior all’high school viaggiava a 8 stoppate di media a partita e 8 ne ha rifilate anche a chiunque con la maglia di Kansas si avventurasse in area. Unico freshman di Kentucky degno di nota, Isaiah Jackson ha sfiorato la tripla doppia con 7 punti, 12 rimbalzi e appunto 8 stoppate. È stato una delle chiavi delle fatiche offensive di Kansas ma, purtroppo per Calipari, ha anche ricordato a tutti di essere tanto giovane e inesperto, con Christian Braun che gli ha preso sul naso un rimbalzo fondamentale (13 peraltro per la guardia dei Jayhawks), sull’errore dalla lunetta di Ochai Agbaji nel finale.
Senza tiro da 3 non si va lontano
Quando mancano 10 secondi alla fine e sei sotto di 3, sarebbe tanto utile avere un tiratore. Ma non necessariamente uno mortifero, anche qualcuno che vagamente ogni tanto ci piglia. E invece John Calipari non ne ha mezzo e, dopo lo 0/10 contro Richmond, ha visto i suoi chiudere la gara contro Kansas con 3/21 dall’arco, con l’ultima tripla di Davion Mintz finita ovviamente sul ferro. In 3 partite Kentucky ha messo insieme un disperante 19%: è stato uno dei punti deboli dei Wildcats della scorsa stagione, quest’anno rischia di andare ancora peggio.
Ma anche senza panchina
Kansas l’ha sfangata grazie alla sua sempre eccellente difesa e al secondo tempo di Wilson, ma difficilmente le ricapiterà di vincere tirando il 30% dal campo. E con soli due punti e due rimbalzi dalla sua panchina. Inesistente il suo teorico volto nuovo migliore, cioè Bryce Thompson, solo spiccioli in campo per i cambi dei lunghi, Self ha dato più spazio al freshman Dajuan Harris, ricavandone appunto due punti e poco altro. Urge coinvolgere qualcun altro, soprattutto quando Marcus Garrett ha problemi fisici e nessuno o quasi fa canestro.