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Week 11: Zvonimir Ivisic manda Kentucky in visibilio

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 22 Gen, 2024

Zach Edey continua a sfornare trentelli ma la Week 11 porta il segno anche di un’altra Z, quella di Zvonimir Ivisic che già fa sognare Kentucky.

 

Zach Edey (Purdue). Dopo la figura un po’ mesta fatta con Nebraska, Purdue non si è più guardata indietro né lo ha fatto Edey, reduce da una tripletta travolgente nelle vittorie nette ottenute con Penn State, Indiana e Iowa: 31.0 punti, 17.3 rimbalzi e 2.7 stoppate di media nell’arco delle tre gare in questione. E ora ha un altro mini-record personale nel mirino: Michael Beasley riuscì a mettere in fila quattro doppie doppie con 30 punti nel 2008, il centrone canadese ora ne ha tre e l’opportunità di eguagliare il traguardo contro Michigan, ovvero la peggior difesa della Big Ten, numeri di KenPom alla mano.

DaRon Holmes (Dayton). Un altro di quei nomi che, se non fosse per Zach Edey, sarebbe nel lotto dei candidati per il National Player of the Year. Rollante esplosivo, attaccante dal post non potente ma elusivo e soprattutto scorer inarrestabile. 33, 29 e 21 punti negli ultimi tre match, un terzetto di prestazioni in cui le avversarie dell’Atlantic 10 non hanno capito come prenderlo in alcun modo. Dayton se lo coccola, visto che è l’artefice principale delle dodici vittorie consecutive dei Flyers, la seconda striscia più lunga in Division I.

 

Zvonimir Ivisic (Kentucky). Raramente la Rupp Arena è stata rumorosa quanto nella partita con Georgia. Il debutto-spettacolo di Big Z ha mandato in delirio i fan di UK e fatto stropicciare gli occhi a tutti i commentatori Ncaa: nessuno si aspettava di vedere un freshman croato di 218 cm mettere triple a raffica e distribuire assist dietro la schiena nella sua prima gara di college. Non sarà sempre rose e fiori, ma il talento di Ivisic è speciale ed apre la porta a ulteriori soluzioni per una squadra già di suo estremamente frizzante in attacco.

Houston. Una cosa è chiara: se può, Houston fa a brandelli gli attacchi avversari anche in Big 12. L’ha fatto con West Virginia all’esordio, l’ha fatto di nuovo contro Texas Tech e poi nel migliore dei modi contro una malcapitata UCF. Per dire, in due partite gli avversari hanno segnato solo dieci canestri dentro l’area. Ora bisognerà valutare la tenuta, soprattutto in trasferta, dei Cougars, ma segnali positivi stanno arrivando anche dall’attacco dove prima un Jamal Shead stellare e poi un redivivo LJ Cryer hanno battuto dei colpi.

 

Tyler Kolek (Marquette). Da sparacchiatore nelle sconfitte con Seton Hall e Butler a protagonista assoluto nel riscatto dei Golden Eagles con Villanova e St. John’s. Il POY della Big East in carica, pur continuando a non brillare molto da oltre l’arco, ha dato una sterzata decisa alla sua efficienza realizzativa (13/26 dal campo e 8/11 ai liberi in settimana) oltre a fornire la sua solita ball security in regia (22 assist a fronte di 5 perse nei due match in questione). Proprio quel che serve a Marquette in una rincorsa difficilissima verso la vetta della conference.

Saint Mary’s. Zitta zitta, l’ultima imbattuta della West Coast nelle gare di conference è lei anziché la solita Gonzaga. I balbettii di novembre sono ormai solo un ricordo e SMC ultimamente non solo vince ma stravince: +17 con San Francisco nello “spareggio” per la vetta della WCC in settimana dopo le umiliazioni inflitte a Santa Clara (+24) e Portland (+43) in quella precedente. La difesa continua a essere granitica mentre l’attacco comincia a girare proprio a dovere, quasi del tutto all’altezza delle migliori versioni dei Gaels sotto Randy Bennett.

 

Tristen Newton (UConn). Il suo inizio di 2024 è complicato, ma nella scorsa settimana abbiamo rivisto un po’ del Newton migliore in due vittorie preziose con Creighton e Villanova: nella prima, 16 punti poco efficienti ma impattando la partita in più modi (8 rimbalzi, 5 assist, 2 recuperi) in entrambe le metà campo; nella seconda, 25 punti con 8/17 al tiro e 6/7 ai liberi ricacciando indietro i Cats con puntualità in una gara vinta in trasferta di un punto. Gli Huskies guidano con record 7-1 una Big East in cui vincere o perdere è questione di dettagli.

High Point. È forse la miglior low-major di cui nessuno parla. Alan Huss, ex assistente a Creighton, ha portato una ventata d’aria fresca in un programma altrimenti abituato a risultati mediocri. 13 vittorie nelle ultime 14 gare e guida la Big South con record 5-0. L’ultima l’ha vinta senza il suo leading scorer, Duke Miles, occasione di più per veder brillare Kezza Giffa, giocatore-simbolo della rinascita dei Panthers: comparsa in una UTEP così così due anni fa (3.7 minuti di media) e ora, dopo aver ricaricato le batterie nei JUCO, mette insieme 14.8 punti e 3.1 assist di media, punti che diventano ben 23.4 nelle gare di conference disputate fin qui.

 

UCF. Era la neo arrivata in Big 12 meno indicata a salire agli onori della cronaca della conference. Eppure, dopo l’eccellente scalpo di Kansas, è arrivato anche quello a Texas che ha fatto rosicare coach Rodney Terry: Jaylin Sellers di nuovo sugli scudi e tante belle corna ai Longhorns. Poi è arrivata Houston e noi tutti ci stiamo chiedendo come sia possibile finire una partita di basket con soli SETTE canestri segnati. Un miracolo essere arrivati a 42 punti. Insomma, doveva essere carne da macello e invece è la squadra prezzemolino di gennaio.

Tyrese Hunter (Texas). Dalla rosicata a dei letterali salti di gioia. Texas ha vissuto una settimana altalenante tra sconfitte clamorosi e vittorie contro Top Ten. Della vittoria contro Baylor il merito è soprattutto di Tyrese Hunter che è partito forte sin da subito, con tre triple nei primi dieci minuti di partite, e ha chiuso ancora meglio con il buzzer beater a regalare una vittoria che dà ossigeno ai Longhorns. Una prova da leader assoluto per un giocatore ancora indecifrabile, che può passare da 11 punti in due partite a un ventello vincente.

 

San Diego State. Battuta Gonzaga con autorità in trasferta a fine dicembre, molti pensavano che gli Aztecs avrebbero quasi banchettato nella Mountain West. Invece gennaio si è rivelato un mese critico per San Diego State, che in trasferta ha perso sia contro New Mexico sia contro Boise State. Chiariamo, entrambe le squadre sono toste e forse anzi meriterebbero qualche considerazione in più. Ma il trio di senior Jaedon LeDee, Micah Parrish e Lamont Butler non sta più brillando.

Wooga Poplar (Miami). All’interno del roster della Miami, che molti pensavano sarebbe stata tra le migliori della ACC e della stagione Ncaa, Poplar era considerato un punto fermo se non addirittura un possibile giocatore da secondo giro NBA. La squadra invece ha perso 4 delle ultime 5 partite e la guardia-ala non ha quasi mai trovato ritmo al tiro. Nelle ultime due sconfitte ha realizzato solo 4 triple su 14 tentativi perdendo anche qualche pallone decisivo. Deve riprendersi anche lui perché si risollevino gli Hurricanes.

 

Kansas. Per 35 minuti stavamo derubricando l’incredibile partita di West Virginia come “Oh mio Dio, stanno segnando ogni canestro”. E infatti i Mountaineers hanno tirato col 57% da tre, quando solitamente tiravano col 30.3%. Poi sono arrivati gli ultimi cinque minuti e Kansas ha legittimato la propria sconfitta: palle perse, totale mancanza di attenzione a rimbalzo difensivo con Quinn Slazinsky a fregare i Jayhawks per tre possessi difensivi. Certo, gli avversari non tireranno sempre così e l’attacco sembra essere assai migliore con Johnny Furphy in campo, ma nel frattempo la squadra di Bill Self è 1-2 in trasferta e ha perso contro le peggiori due della Big 12.

Jalen Cook (LSU). Doveva essere – e per un po’ è stata – l’aggiunta capace di cambiare volto alla squadra, ma i Tigers hanno perso due delle ultime tre gare giocate e la point guard davvero non ha dato molto in attacco: tanto efficace a cronometro fermo (10/10) quanto fatalmente inceppato da tre (3/17 per un 11/31 dal campo), non dà nessuna sicurezza col pallone in mano, per dirla in maniera gentile (2 assist a fronte di 14 perse). Così LSU non va da nessuna parte.

 

Memphis. Nemmeno il tempo di lodarla ed eccoci già qui a parlare di una settimana da incubo per i Tigers, che hanno chiuso una striscia vincente di 10 gare rimediando sconfitte con South Florida e Tulane, mostrando una mancanza sorprendente di freddezza e materia grigia nella gestione dei finali tirati. Due L con squadre che non sono propriamente due contender, anche se il termine comincia a perdere di senso nella AAC, tra una Memphis appunto in difficoltà e una FAU che, pur vincendo, continua a scherzare col fuoco e fare fatica in trasferta.

Devo Davis (Arkansas). Non ci siamo. In realtà, va detto, è tutta Arkansas che sta faticando e non poco in questa stagione. Ma ci si aspettava che il senior, sempre cresciuto finora di anno in anno, potesse un po’ caricarsi i compagni sulle spalle. Invece è successo il contrario e i numeri in questo caso confermano quello che mostra il campo. Davis è passato dai 10.9 punti della scorsa stagione alla media di 6.7 in questa, peggiore anno in carriera e le sue percentuali sono calate in tutte le voci statistiche. Un bel problema per coach Musselman.

 

Detroit Mercy e Mississippi Valley State. Gennaio è ora agli sgoccioli e in Division I ci sono due squadre ancora tristemente senza vittorie. A Detroit qualcuno forse si è detto “proviamo a fare peggio dei Pistons” ed ecco servito questo disastro nella prima annata dei Titans post-Antoine Davis: record 0-20 e sabato hanno toccato il punto più basso della loro stagione beccando 41 punti di scarto da Youngstown State, proprio dopo essere andata vicina a vincerne una (sconfitta dopo due overtime contro RMU mercoledì). Mississippi Valley State dal canto suo continua a tenere fede alla sua tradizione di programma senza speranza: non raggiunge la doppia cifra di vittorie stagionali dal 2012 e nelle scorse sei annate non ne ha mai vinte più di quattro nella debolissima SWAC. Lo 0-18 accumulato fin qui quest’anno non fa presagire record migliori da mettere in archivio a marzo.

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