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Josh Christopher, l’erede di James Harden

Josh Christopher
Autore: Giovanni Bocciero
Data: 18 Mag, 2020

Essere il più piccolo della famiglia, ma anche quello dal futuro più promettente. È questo il destino di Josh Christopher, prospetto five-star che ha annunciato che l’anno prossimo giocherà con la maglia di Arizona State. Californiano doc, di Lakewood, il ragazzo ha frequentato la Mayfair High School ed è stato invitato da Jalen Green a unirsi al ‘Select Team’ della G-League. Christopher però ha rifiutato l’invito e seguito i consigli dei familiari, guardando alla pallacanestro ancora come a un divertimento, prima che diventi un lavoro vero.

Lacrime e sudore

Josh è un ragazzo che in campo non passa inosservato, e non solo per il suo talento visto che non ha alcuna difficoltà a esternare il suo lato eccentrico, a partire dal look. È solito scendere in campo indossando calzini spaiati, oppure una felpa rosa shocking durante il riscaldamento. Oltre a scarpe dai colori vivaci e dei pantaloncini vintage che coprono solo parte della coscia invece di scendere sino al ginocchio. Riflettori puntati e va bene così, perché tanto Christopher continua a ripetere che “da quando ho preso per la prima volta il pallone da basket in mano non c’è stato un singolo momento che non abbia pensato di giocare tra i professionisti”.

Il percorso per arrivare a essere un prospetto da Nba però è stato tortuoso. Perché? Perché quando era più piccolo Josh rimaneva spesso seduto in panchina, talvolta con le lacrime agli occhi, e alla fine gli sembrava che i trofei vinti non gli appartenessero perché non se li era guadagnati sul campo. In quei frangenti il conforto arrivava dal fratello Caleb, più grande di un anno e mezzo e con il quale ha condiviso tutte le esperienze cestistiche. Quella sensazione di impotenza, a volte anche di inadeguatezza, è stata alla base del duro lavoro che gli ha permesso successivamente di emergere. E così è passato dal ragazzino che piangeva perché non giocava a diventare il go-to-guy della squadra, con una grande consapevolezza di sé.

Le radici familiari

Nonostante il padre Laron sia un musicista, Josh ha il basket nel dna essendo cresciuto con tre fratelli più grandi tutti cestisti. Patrick ha fatto una piccola comparsa in Nba con gli Utah Jazz oltre a giocare all’estero. La sorella Paris, la più grande, aveva una promettente carriera alla Saint Mary’s ma ha subito un brutto infortunio che l’ha costretta al ritiro mentre infine Caleb sarà suo compagno di squadra ai Sun Devils. Non una novità, visto che i due giocano insieme fin dalle scuole elementari. E il fratello è il principale motivo per cui ha scelto di giocare per Arizona State.

Josh Christopher - BasketballNcaa

La famiglia Christopher, da sinistra Caleb, Laron, Paris, Patrick e Josh (fonte foto: si.com)

La pallacanestro di un certo livello è da sempre presente nella vita di Josh, da quando Tayshaun Prince frequentava casa Christopher perché era un vicino ed amico del fratello Patrick. Inoltre alla Mayfair è esposta la maglia dell’ex professionista Josh Childress, appesa in palestra insieme agli altri stendardi della scuola. E poi c’è Caleb, il cui ruolo nella sua crescita e le sue scelte è stato fondamentale. I due sono inseparabili e questo ha fatto sì che Josh sul campo si dovesse confrontare spesso con ragazzi più grandi. Un grande vantaggio per lui, che ha finito per diventare più duro, anche fisicamente.

La passione per il basket se la sono tramandata tra fratelli a suon di 1-vs-1. E lui sembra aver tratto ispirazione da ogni avversario incontrato in famiglia. In sostanza, Josh ha considerato una benedizione l’essere il ‘piccolo’ di casa, perché l’esempio dei fratelli ha plasmato la sua identità. Da Patrick ha preso la tenacia. Paris invece gli ha lasciato la voglia di competere. Spesso da piccolo veniva battuto dalla sorella e per evitare l’imbarazzo di fronte agli amici ripeteva come una cantilena che lei aveva giocato alla Saint Mary’s. Da Caleb ha invece imparato il valore dell’amicizia.

Il momento della svolta

La svolta per la sua carriera è giunta nell’anno da sophomore. In California tutti gli scout erano concentrati su LaMelo Ball (Chino Hills), Marvin Bagley (Sierra Canyon) e Bol Bol (Santa Ana). Ma poco prima dell’inizio della stagione il primo è volato in Lituania, il secondo si è riclassificato andando a giocare per Duke, e il terzo si è trasferito in Nevada. Di colpo i riflettori erano stati dirottati su Josh, che non si è fatto scappare l’occasione. Nella gara d’esordio con Mayfair è stato protagonista di una grande prestazione condita da tre schiacciate e tre triple che ha incuriosito tutti gli esperti.

Josh Christopher - Arizona State

Josh Christopher mentre sfoggia tutte le sue qualità atletiche

Quello è uno dei momenti in cui il sogno di diventare una stella della Nba ha iniziato a sembrare reale. Ma Josh oggi non mostra fretta di bruciare le tappe. “Voglio divertirmi il più possibile, uscire con gli amici. Se voglio che la pallacanestro diventi il mio lavoro dovrò impegnarmi seriamente, ma per adesso voglio godermi il momento”. Parole di un ragazzo che a volte sembra più maturo della sua età.

Stropicciarsi gli occhi quando lo si vede giocare è una cosa naturale. Josh è molto versatile ed atletico, sa attaccare il ferro così come colpire dalla media e lunga distanza. Sa trattare la palla ed è un discreto difensore, non a caso ha terminato l’ultima stagione con 29.2 punti, 8 rimbalzi, 3.9 assist e 3.1 recuperi di media. E in quanto a personalità, ha più volte detto che “voglio avere sempre io l’ultimo tiro perché non voglio avere rimpianti. Se devo perdere, preferisco farlo per causa mia”.

 

La scorsa estate si è anche messo in mostra alla Drew League, vincendo la competizione con la squadra dell’ex Nba Nick Young, che sta provando a fargli da mentore. Ha guidato il team MHP con ben 29 punti nella partita decisiva, sigillando la sua prestazione con questa giocata

 

All’altezza delle aspettative

Christopher è considerato il prospetto #10 della classe 2020 per Espn, e sa perfettamente cosa lo attende al college: “devo essere all’altezza delle aspettative”. Per Arizona State rappresenta il più alto reclutamento dai tempi di James Harden, nel lontano 2007. Ironia della sorte è proprio con l’asso degli Houston Rockets che lo stanno già paragonando, anche se al momento le vere similitudini si fermano al fatto che entrambi indossano il 13 come numero di maglia. L’eredità del “Barba”, però, non fa altro che aumentare la pressione.

Grazie anche al suo arrivo, secondo gli addetti ai lavori, Arizona State può ambire ad entrare nella top ten del ranking AP d’inizio stagione e al titolo di una Pac-12 sempre più caotica negli ultimi anni, con il predominio di Arizona svanito e le varie UCLA, USC e Oregon che vanno a tratti. Gran parte del merito va all’ottimo lavoro di coach Bobby Hurley che in questa off-season non si è assicurato solo Josh, ma anche il prospetto four-star Marcus Bagley (fratello minore di Marvin) e i transfer Luther Muhammad da Ohio State e Holland Woods da Portland State. Inoltre Rob Edwards giocherà la sua ultima stagione da graduate, mentre sia Remy Martin che Alonzo Verge Jr., pur essendosi dichiarati al draft dovrebbero far ritorno al campus di Tempe. Infine lo staff si aspetta l’esplosione di Kimani Lawrence. Insomma si può fare davvero bene nonostante un perno del quintetto come Romello White abbia chiesto il trasferimento.

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