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Auburn, Duke, Houston e le candidate al titolo

Auburn Houston
Autore: Paolo Mutarelli
Data: 7 Mar, 2025

Dalla tremenda triade formata da Auburn, Duke e Houston fino ai possibili colpi di coda di big in difficoltà come Kansas: ecco le 12 principali candidate al titolo nazionale.

 

CONTENDER

Aubum  – Da due mesi alla numero 1 del ranking, la squadra di Bruce Pearl è la grande sorpresa della stagione e ha vinto senza faticare più di tanto la più difficile delle conference. Con un roster molto simile a quello dell’anno scorso, il coach ha fatto un mezzo capolavoro, costruendo una squadra solida e concreta e ottenendo il massimo dai suoi senior, a partire da Johni Broome: è lui il più serio candidato a vincere il premio di miglior giocatore dell’anno grazie alla sua doppia doppia da 18+11 di media, e poco importa se non è il più atletico ed esplosivo dei centri. Segnano tanto i Tigers, con ben sei giocatori in doppia cifra di media e una guardia che entra e spacca le partite come Tahaad Pettiford, senz’altro uno dei migliori freshman dell’anno. In un torneo senza vere favorite, il primo successo della storia di Auburn è tutt’altro che impossibile.

Duke – Dieci anni dopo potrebbe davvero essere la volta buona per tornare a vincere il titolo perché Duke è Cooper Flagg, ma anche molto altro. Sta funzionando più o meno tutto dalle parti di Durham, perché a un gruppo di freshman di altissimo livello si sono aggiunti senior che hanno riempito le caselle giuste. A partire dalla difesa, solidissima con soli 61 punti concessi a partita, con i vari Sion James e Mason Gillis a chiudere tutto, mentre in attacco Kon Knueppel segna a ripetizione aiutato da Tyrese Proctor alla sua migliore stagione. E ovunque c’è Cooper Flagg: giocatore totale se ce n’è uno, ha rispettato tutte le aspettative che c’erano su di lui, migliorando nel corso della stagione anche il tiro da tre. Sarà il suo primo e ultimo torneo Ncaa, di certo lo giocherà da grande protagonista.

Houston – Belli da vedere mai, difficilissimi da battere sempre. Togli un giocatore e aggiungine un altro, anno dopo anno l’impianto di Kelvin Sampson resta sempre lo stesso: difesa, lotta a rimbalzo e tonnellate di carattere. Una sola sconfitta (e 22 vittorie) negli ultimi 3 mesi per vincere ancora la Big12 con ampio margine sulla seconda, con un roster come sempre senza grandi stelle ma pieno di giocatori che sanno cosa fare. Lj Cryer, Emanuel Sharp e Milos Uzan tirano tutti con il 42% da tre, J’Wan Roberts è il più forte mini centro della nazione e gli infortuni hanno risparmiato una panchina quest’anno più affidabile. Nessuno difende come loro (58 i punti concessi a partita) e anche se in attacco non saranno mai una macchina da punti, ne fanno praticamente sempre uno più degli avversari. Ed è poi quello che conta alla fine.

RUNNER-UP

Alabama – I recenti sgambetti subiti da Tennessee e Florida le tolgono forse un pochino di appeal, inoltre fare un back-to-back di apparizioni in Final Four non sarebbe traguardo da poco, ma la banda di coach Nate Oats ha le armi giuste per riuscire nell’impresa. Con un attacco come sempre folgorante e una difesa migliore di quella vista l’anno scorso, Bama è innanzitutto Mark Sears coi suoi 19.5 punti a partita, ma schiera anche altri quattro giocatori che viaggiano in doppia cifra realizzativa di media: la stella difficilmente è in giornata no, poi ci sono le triple di Aden Holloway e Chris Youngblood che aiutano ad aprire la scatola, mentre Grant Nelson rimane sempre quel jolly imprevedibile che può spaccare il match da un momento all’altro.

Tennessee – Coach Rick Barnes è sinonimo di difesa d’élite e, da un paio d’anni a questa parte, anche di colpi da fare invidia nel mercato dei transfer. Per il quinto anno di fila, i Vols vantano una difesa in Top 4 nell’intera Division I per Adj. Efficiency e, un po’ come con Dalton Knecht nella stagione scorsa, hanno fatto tombola pescando uno scorer di razza dal mondo low-major come Chaz Lanier, oltre a una pedina di preziosa versatilità come Igor Milicic Jr. Non sono inarrestabili, ma sono sempre fra le ultimissime squadre che vuoi incontrare: bravi a mettere granelli di sabbia nei meccanismi altrui e, quando non sono in grado di fare la partita, sono perlomeno capaci di trovare un modo di restare a galla. In tutta la stagione infatti hanno sofferto un solo vero tracollo (in casa di Florida) che ormai risale a due mesi fa. Difficilmente ci saranno bis in tal senso.

Florida – Ci sono voluti tre anni (periodo di tempo ragionevole) ma finalmente l’attesa operazione-rilancio di coach Todd Golden è sull’orlo di essere portata a termine. I Gators sono di nuovo nell’élite del college basketball e ora manca una cavalcata importante a marzo per certificare il loro ritorno ai fasti dell’era Billy Donovan (o perlomeno quella del primo Mike White). Molto profonda ed egualmente impattante sulle due metà campo, Florida è una delle sole quattro squadre in Top 15 sia per efficienza offensiva che difensiva (il tremendo terzetto Auburn-Duke-Houston è l’unico a fare di meglio) e lo fa ruotando sempre 8-9 giocatori, con nessuna difficoltà nel trovare protagonisti diversi di partita in partita: nelle ultime sei gare disputate ha infatti avuto cinque diversi leading scorer di giornata. Nessuno vuole giocare a scacchi con Golden.

DARK HORSE

Michigan State – Dopo anni finita un po’ ai margini del college basketball, è finalmente tornata a brillare. La ricetta è quella che ha fatto di Tom Izzo un coach da Hall of Fame, difesa forte anche sulle linee di passaggio, gioco in velocità appena si può con lunghi che corrono bene il campo e grande attenzione alla circolazione di palla per cercare sempre il miglior tiro (che compensa la scarsa efficienza nelle percentuali dall’arco). Gli Spartans sono la squadra che usa di più la panchina tra le big della Ncaa, con 10 giocatori che stanno in campo in un range compreso fra 14 minuti e 26 minuti. Hanno anche una stellina in erba, Jase Richardson, che migliora partita dopo partita. Una squadra solidissima che con un paio di triple in più nella partita giusta potrebbe fare il colpaccio.

St John’s – Rick Pitino ha avuto bisogno di un solo anno di rodaggio per riportare i Red Storm nel gotha del basket di college. Come per Michigan State la ricetta è simile. trazione difensiva e il più possibile canestri in transizione. Non a caso St. John’s è la squadra che sul punteggio complessivo fa derivare la maggior percentuale di punti da canestri da due. Parliamo di 1 vs 0 o 2 vs 1, classiche situazioni da recupero difensivo. L’altro lato della medaglia è che per questo la truppa di Pitino procede a folate, anche all’interno della stessa partita e non sono rari i parziali, inflitti e subiti. Il risultato finale però finora ha dato ragione alla squadra di New York. Che peraltro sta sfruttando un RJ Luis alla migliore stagione in carriera (17.8 punti, 6.9 rimbalzi e 2.3 assist).

Iowa State – Ultima squadra del blocco di quelle che zitte zitte potrebbero fare il colpaccio. E altra formazione che punta sulla difesa più che sull’attacco. Lo stile di gioco dei Cyclones sembra essere “fai più casino che puoi, a partire dalla difesa. Gioco fisico, rimbalzi, palle vaganti e tiro da tre. Un mix energetico che ha portato la squadra a perdere qualche partita per mancanza di lucidità e di punti saldi nei finali di partita. Keshon Gilbert è un motore incessante del gioco impostato da coach T.J. Otzelberger, Joshua Jefferson una costante sotto canestro, ma chi spacca le partite in due è Curtis Jones che viene dalla panchina e che quando si accende è incontenibile. Miglior marcatore della squadra con 16.7 punti e quasi il 40% da tre.

SLEEPING BIG

UConn – Sono fisici, possono inondarti di triple e quando sentono la musichetta della March Madness diventano un’armata schiacciasassi. Eppure non hanno mai trovato la continuità adatta ad un big del loro calibro. Al netto di un personale difficile da incastrare, il potenziale c’è e, nonostante la miriade di problemi di salute e di rotazione avute in questa stagione, nessuno vuole incontrare gli Huskies di coach Dan Hurley, specialmente se il seed indicato da Joe Lunardi è il #8. L’assenza di una guardia capace di spaccare le difese con continuità (si, Aidan Mahaney stiamo guardando te) ha affossato le speranze di UConn che però sulla partita secca fa tremare chiunque.

Kansas – É la peggiore stagione di Bill Self a Kansas e questo è un leit motiv abbastanza ricorrente negli ultimi 7/8 anni a Lawrence, dove per la quarta volta negli ultimi 6 tornei si parteciperà con un seed #4 o inferiore. Una chimica mai trovata, i transfer mai inseriti a pieno, due super senior come Dajuan Harris e KJ Adams che sembrano essere più zavorre che àncore di salvataggio. Eppure? Eppure è la squadra, insieme a Texas Tech, che ha messo più in difficoltà Houston in Big 12 e quando sono tutti allineati l’attacco ha momenti di fluidità da big e la difesa asfissia. Bill Self, anche se ci sta capendo poco, rimane uno dei top della pista. Una squadra che può essere upset al primo turno o un viaggio al secondo weekend. 

Gonzaga – Doveva essere un attacco esplosivo capace, come al solito, di imporre il proprio volere in una partita e una dittatura alla WCC. Invece si è rivelata una squadra fragile nei big match, allergica ai finali punto a punto e mai a suo agio quando le partite diventano spigolose e dure. Il risultato è stato un clamoroso sweep subito da una sorprendente Saint Mary’s, lei sì schiacciasassi in conference, e una stagione più complessa del previsto. Però parliamo di Gonzaga, che possiede la striscia di Sweet 16 consecutive più lunga della nazione (ben nove). I Bulldogs per arrivare in doppia cifra dovranno affidarsi alle invenzioni di coach Mark Few, sempre intelligente nel creare i piani partita. 

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